Il compromesso agricolo non risolve i nostri guai di Manlio Rossi Doria

Il compromesso agricolo non risolve i nostri guai Il giudizio di Rossi Doria sull'accordo Cee Il compromesso agricolo non risolve i nostri guai L'accordo stipulato con relativa facilità a Lussemburgo tre giorni or sono, è ormai noto. Rispondendo ieri sera alla Camera — alla fine della discussione sulle concordi mozioni in tema di politica agricola comunitaria — il ministro Marcora ha avuto modo di illustrarne meriti e limiti. Se non è quindi il caso di ritornare sul suo contenuto possono essere opportuni alcuni commenti. Può essere utile, infatti, rendersi conto, da un lato, del vero significato dell'accordo nell'attuale fase della politica comunitaria e, dall'altro, del modo in cui le questioni interessanti particolarmente l'Italia sono state inserite nella trattativa e della portata dei risultati conseguiti. Confrontando i termini della trattativa sui prezzi agricoli di un mese fa con quelli dell'attuale accordo, le differenze appaiono cosi poco rilevanti da rendere, a tutta prima, inspiegabile il fallimento del marzo. Questo fu — come è noto — esclusivamente dovuto all'Inghilterra, che, invece di spingere allora sino in fondo la trattativa, preferì mettere del tempo in mezzo. Perché? Perché sapeva che dietro le sue richieste (modesto saggio di svalutazione della sterlina verde e concessione di una sovvenzione comunitaria ai consumatori inglesi di burro) c'erano questioni di principio, sulle quali il Consiglio dei ministri in quel momento non sembrava pronto a discutere e alle quali, a giudizio degli inglesi, occorreva dare, invece, una significativa sottolineatura. Come è nolo, l'Inghilterra attraversa una crisi di dimensioni simili alle nostre ed è Paese più del nostro dipendente dalle importazioni dei prodotti agricoli alimentari. Come tale esso ha interesse a contenere al massimo i prezzi al consumo ed è incline a dare — fin da questo momento nel quale sta uscendo dalla fase transitoria della sua adesione alla Comunità — all'art. 39 del Trattato, una interpretazione che privilegi al massimo la quarta delle finalità della politica agricola comune ivi indicate, ossia quella di « assicurare prezzi ragionevoli nelle consegne ai consumatori ». Non tanto per i non trascurabili vantaggi finanziari quanto per una questione di principio, per riaffermare cioè le sue preferenze in tema di revisione della politica agricola comunitaria, l'Inghilterra ha, pertanto, voluto quest'anno prendere l'iniziativa nella fissazione dei prezzi agricoli. Essa ha così proposto un loro aumento medio modesto (3,5 per cento), una modesta svalutazione della sterlina verde (2,9 per cento) tale da lasciare largamente operare in suo favore il sistema dei montanti compensativi a carico della Comunità, e infine le sovvenzioni al consumo per il burro, ossia per un prodotto molto richiesto in Inghilterra e spaventosamente protetto ed esuberante nell'ambito della Comunità. La fermezza mostrata nel rompere la trattativa a marzo, nel preparare il terreno per la sua riapertura c nell'accettare infine una mediazione su valori notevolmente inferiori a quelli originariamente richiesti, ma integralmente rispettosa dei principi cui la intera azione era stata ispirata, è stata premiata. Questa ci sembra la corretta interpretazione del significato politico dell'accordo. Giustificato sembra, pertanto, il commento dell'editoriale di ieri di « Le Monde » secondo il quale « Londra mira anzitutto a erodere (grignoter) in modo irreversibile le regole dell'Europa verde», persegue cioè una mira non molto diversa da quella alla quale anche noi dovremmo puntare. Oltre a sciogliere nel senso indicato le questioni di fondo sollevate dagli inglesi, l'accordo del 26 aprile contiene parecchie altre cose, molte delle quali riguardanti specificamente il nostro Paese. « Tutto il documento finale — ha scritto un giornale — è infatti costellato di voci riguardanti l'Italia ». « Quasi tutte le richieste italiane — ha precisato il ministro Marcora nella sua intervista al "Corriere della Sera" — sono state accolte: per essere pignolo diciassette su venti». « Per le questioni risolte — egli ha aggiunto — fra le offerte iniziali della commissione e il compromesso conclusivo, c'è una differenza di circa 215 miliardi di lire in nostro favore ». Ancora una volta di fronte a questi successi del ministro Marcora si resta divisi tra due opposti sentimenti: fra l'ammirazione per la sua abilità e fermezza nella difesa dei nostri specifici interessi e il timore che queste sue stesse qualità possano ritardare o ostacolare l'azione diretta alla revisione della politica comunitaria, della cui necessità tutte le parti politiche si dicono convinte nel nostro Paese. Anche questa volta l'accordo è stato concluso senza che da parte del Consiglio si sia preso alcun impegno sulle grosse questioni che ci interessano: lotta contro le eccedenze nel settore lattiero-caseario; eliminazione dei montanti compensativi o perlomeno degli effetti « perversi » che la loro attuale regolazione esercita sulla nostra agricoltura; concreto avvio di una politica per i prodotti mediterranei anche in vista delle nuove inevitabili ed auspicabili adesioni. Sono certo questioni rispetto alle quali il nostro Paese è in posizione di debolezza. Il fatto tuttavia che su di esse una chiara linea politica non sia stata ancora da noi definita; che manchi una sicura documentazione delle conseguenze che la loro mancata soluzione ci ha arreca to e ci arrecherà; che tuttora persista in sede comunitaria una aperta contraddizione tra alcuni nostri rappresentanti favorevoli a mantenere immutato il quadro dell'attuale politica agricola comunitaria ed altri che ne vorrebbero una profonda revisione, indebolisce la nostra posizione. Tutti sappiamo che questa è già debolissima per il ritardo con il quale ci siamo impegnati nell'applicazione di provvedimenti da noi richiesti e per la inefficienza della nostra macchina amministrativa e dei nostri servizi. C'è da augurarsi, pertanto, che, chiusa la maratona annuale per i prezzi agricoli e i minori argomenti connessi, l'attenzione del nostro governo (e non del solo ministro dell'Agricoltura), si impegni con realismo su temi di ampio respiro. Manlio Rossi Doria

Persone citate: Marcora, Rossi Doria

Luoghi citati: Europa, Inghilterra, Italia, Londra, Lussemburgo