Spagna di Franco vista da una bimba

Spagna di Franco vista da una bimba PRIME SULLO SCHERMO Spagna di Franco vista da una bimba Cria cuervos di Carlos Saura, con Geraldìne Chaplin, Ana Torrent, Concilila Perez, Maite Sanches Almcndros, Monica Rondali, Florinda Chico. Spagna, 1975. Colori, drammatico. Cinema Centrale d'Essai. Si può dire che Carlos Saura è il regista al quale tocca di rappresentare ufficialmente il nuovo cinema spagnolo in campo internazionale: tra il 1960 e il 1976, quasi tutti i suoi film, da Los Gollos a Cria cuervos sono stati selezionati o hanno vinto premi ai festival di Berlino e di Cannes. Saura ha 57 anni, è nato a Huesca, ha frequentalo la facoltà di ingegneria. Molte sue opere (e Cria cuervos ne è la conferma più esasperata e perfetta) sono fatte di atmosfere allusive, di mesti e ossessivi ricordi, di sfondi borghesi chiusi e cupi che si fondono nella cifra stilistica di un compresso formalismo carico di tensione critica. Si tratta di un cinema che per molti aspetti ricorda la « fuga politica » nelle ricercatezze calligrafiche compiuta da alcuni nostri registi degli ultimi Anni 30 come Soldati, Lattuada, Castellani. Cria cuervos racconta l'infanzia di Ana, orfana, con due sorelline, di un alto ufficiale dell'esercito e di un'angelica madre strappatale da un male terribile. E' un mosaico di incubi, paure, solitudini, brevi momenti di gioco e di gioia, impressioni deludenti sul mondo degli adulti, piccoli gesti di ribellione piegati dall'autoritarismo della famiglia. « Ana è una bambina sensibili, incapace di integrarsi completamente nel mondo propostole dai grandi », spiega il regista. Ed ha le sue buone ragioni: vede il padre morire tra le braccia di un'altra donna, assiste ai crudeli litigi tra i genitori, è testimone delle sofferenze fisiche e morali della madre (l'unica ad offrirle un po' di tenerezza), ha la casa invasa da minacciosi ufficiali e preti, infine, rimasta sola, deve subire il severo galateo di una zia più affezionata all'ordine che alle piccole orfanelle. La vita jìì Ana scorre in una ricca, austera casa con un antico giardino intorno al quale si ergono, simbolicamente, alte mura di cinta, protezione, ma anche barriera, contro il mondo esterno, incalzante con il suo rumoroso concerto di motori. I simboli e le letture psicanalitiche si intrecciano fittamente, trovando la prima chiave interpretativa in un gioco di specchi e incastri tra presente e futuro dove Ana bambina è soltanto la memoria critica di una Ana adulta (il personaggio narrante) con il volto e la figura della madre morta. «La verità è che lare un film avente come motivo principale la politica in Spagna è inimmaginabile, almeno in questo periodo » (la pellicola è del '75, tra gli ultimi rabbiosi sussulti dell'agonizzante franchismo), dice il regista in un'intervista. La denuncia contro una realtà sociale immobile nella conservazione reazionaria non è mai dirotta: nasce dalla raffinata fotografia di ambienti, psicologie, interni familiari, comportamenti e conformismi ipocriti. Ma questa borghesia non possiede alcun fascino discreto. Privo dell'ironia surreale e del sarcasmo bruciante di un li un uel, Carlos Saura offre una rappresentazione grave e dolorosa di questo tessuto sociale che era l'ossatura del franchismo. Tanto da lasciar addirittura supporre che l'espiazione delle « colpe » borghesi possa compiersi ineluttabilmente per una condanna fisica e morale di origine storica, o forse soprannaturale. Accanto al tema politico più nascosto, è evidente un discorso-apologo sull'infanzia che diventa metafora della speranza di un mutamento, come in alcuni altri recenti film spagnoli da li! espiritu de la Colmata di Erice a Ma come si può uccidere un bambino? di Serrador. Il regista riesce a penetrare nel mondo e nella psicologia della piccola Ana con rara acutezza di analisi e senza dolciastri luoghi comuni. L'occhio mesto e impietoso della bimba (o quello della cinepresa?) scruta impassibile la realtà e ne restituisce un inquietante documento critico. Un film ricco di fascino di suggestioni e di cultura, in cui l'estenuata preziosità formale perde però il confronto con lo sguardo stupito, deluso, accusatorio della piccola Ana Torrent, naturalmente eccezionale.

Luoghi citati: Berlino, Cannes, Erice, Spagna