La pittura di Carlo Levi di Marziano Bernardi

La pittura di Carlo Levi LE MOSTRE d'ARTE di Marziano Bernardi La pittura di Carlo Levi Dobbiamo all'Intelligente solerzia della direzione della ■ Parislna » (Curletti e Morino, corso Moncalleri 47) se la bella mostra di Carlo Levi che ha avuto gran successo a Milano è stata trasferita a Torino, con l'aggiunta di qualche opera. Questi dipinti non fanno parte del fondo (un numero sterminato di tele) della ■ Fondazione Carlo Levi » che sipropone la diffusione e la conoscenza dell'ammaestramento lasciano ai posteri da Levi pittore, da Levi scrittore, da Levi politico, da Levi uomo della Resistenza, da Levi Interprete lirico del Profondo Sud (pensiamo a Rocco Scotellaro): essi sono proprietà privata di Unticcia Saba, erede universale dell'artista, e vanno dal Ritratto in poltrona del 1928 (Il pittore torinese aveva 26 anni, da 4 s'era laureato in medicina, e già era accanto a Piero Gobetti, ai fratelli Rosselli, e apparteneva al gruppo del « dissenso > d! Felice Casorati), appena precedente dunque la famosa mostra del « Sei pittori di Torino > (1929) di cui egli fece parte; e vanno fino al capolavoro del 1937, Autoritratto con camicia Insanguinata, dipinto con l'angoscia e lo strazio per l'assassinio dei Rosselli, una tela che può star vicino — ma più carica di ribellione — a qualsiasi Delacroix. La mostra — figure abbondantissime che sempre adombrano autoritratti, paesaggi, nature morte che si direbbero cromaticamente « stracciate » da una specie di celata violenza — ci sembra ricalcare segretamente una specie di Educazione sentimentale alla Flaubert. Levi, più che preoccuparsi di formulazioni stilistiche, di esercizi grammaticali e sintattici derivati dal postimpressionismo francese e da Matisse (la mostra dei ■ Sei > s'era aperta all'insegna di Manet, in ossequio agli insegnamenti di Venturi ed alla predicazione di Persico, ma II suo numetutelare era Matisse), scavava dentro la propria anima; e dallo scavo usciva una forma ampia; abbondante, corposa, condotta da una pennellata fluente e grassa. C'era molta generosità nella sua pittura, ma fino all'Uomo che legge (1931) , alla Donna a busto nudo (1932) , al Nudo michelangiolesco del '33, a Marluccia coi burattini de! '33, a varie nature morte degli stessi anni, si tratta d'una pittura serena, placente, in un certo senso disinteressata. Pittura ch'era soltanto • pittura », Insomma, senza arrlère-pensée, della • Condizione umana » alla Malraux. Non possiamo quindi dar ragione a Mario De Micheli che vede Levi, già a metà del '30 ' investito da una rivelazione Improvvisa che sconvolge la sua pittura dal profondo... dominata com'è dall'Inquietudine, dallo struggimento, dalla protesta ». E del resto chi ha frequentato Carlo Levi, chi gli è stato amico, sa che la sua dote umana essenziale era, con la bontà, la tolleranza, a volte una sorridente bonomia. Quei furori, quelle tristezze, quelle proteste incorporate nella pittura vennero più tardi, col gravare dell'Incubo fascista; e allora davvero il suo espressionismo (un espressionismo di natura ebraica derivata da Soutine), si fece « ardente, linguegglante », giunse all'aperta dichiarazione di guerra con una materia grondante che pare uscire dalla cornice per gridare il suo disprezzo ed il suo sdegno; fino al limite dell'informale. Questo ci sembra l'insegnamento della mostra alla « Parlslna »: l'evoluzione di un pittore che non può essere scisso dal leterato e dal politico, scisso dal letterato e dal politico. ★ ★ Un'ampia e dignitosa cronaca ha già dedicato questo giornale alla bellissima mostra di disegni, guazzi, incisioni di Orfeo Tamburi (Jel, 1910) a « Le immagini » di via della Rocca 3, un pittore che come pochi altri artisti italiani è stato ed è oggetto di una letteratura critica internazionale. Ma vorremmo aggiungere qualche parola. Uno Alla Biblioteca Nazionale degli ultimi volumi dedicatigli è quello con testi autorevoli di Raymond Cogniat (da molti anni Tamburi abita e lavora a Parigi) e di Guido Giuffré. Tra I giudizi riferiti nel libro (Roma, «Il Cigno», 1974) ci pare giusto quello, assai vecchio, di Curzio Malaparte: •Alcuni pretenderebbero rimproverare a Tamburi il suo successo a Parigi, come se questo dipendesse dal suo " Imparlgìnamento ". A Parigi un artista straniero ha successo soltanto nella misura In cui non è parigino, In cui resta italiano, o polacco, o russo, o spagnuole! ». E Infatti Tamburi anche tra I grattacieli di New York, o a Trafalgar Square di Londra, è rimasto Italiano. Italiano ma non provinciale. E ciò mercè il tratto inconfondibile, assimilato da una esperienza internazionale, del suo personalissimo disegno. Egli disegna come un moderno che abbia studiato tutti gli antichi e poi II abbia non dimenticati ma messi da parte, In riserva per certi tratti della memoria: e questa è la vera « cultura ». Il suo guizzo lineare si unisce a una fermezza ammirevole della forma; la sua è una mano che obbedisce contemporaneamente all'occhio e all'intelletto. DI volta in volta inventa la prospettiva, come Inventa la sensibilità rapace della visione, del motivo che l'ha colpito, anche il più sordo ed umile. Ha dipinto dozzine di quadri prendendo per spunto una serie di finestre. Non sappiamo quanti altri pittori sarebbero In grado di rendere eloquente un soggetto di tanta banalità. Ma la banalità gli si tramutava in fervore pittorico, e questo per un pittore-poeta è l'essenziale. ★ ★ Lo scultore Vittorio Pelati (mostra alla galleria •Magimawa», via Principe Tommaso 2) ama la linea elegante, aggraziata, sinuosa, al contrarlo del suo maestro a Brera Marino Marini; v'è dunque nelle sue flgurette una ricerca di atteggiamenti e di gesti che a volte sfiora la gratuità dell'aneddoto. Ma l'artista dispone anche di una carica sentimentale che può toccare punte drammatiche (per esemplo una sua Maternità raccolta in un blocco d'ottimo raggiungimento plastico). Preferiamo dunque In lui I temi dove l'intensità degli affetti si manifesta con un modellato sobrio e sintetico, sfuggendo la ricerca dell'estroso e del piacevolmente narrativo. Comunque un artista che dispone di varie corde al suo arco, e spesso sa toccarle con persuasiva efficacia. mar. ber.

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