Le gazzelle e il leone di Gianni Zandano

Le gazzelle e il leone Riunito il Comitato Fondo Monetario Le gazzelle e il leone II comitato ad interim del Fondo monetario internazionale inizia oggi, a Washington, la discussione della proposta Witteveen di | istituire un nuovo sportello finanziario dotato di ampi mezzi — si parla di 13 miliatdi di dollari — e destinato al finanziamento dei deficit accumulati dai Paesi in via di sviluppo e da numerose economie industrializzate come conseguenza della crisi petrolifera. Gli esistenti meccanismi di intermediazione finanziaria — in primo luogo gli euromereati — appaiono sempre meno in grado di assolvere con efficacia il compito del riciclaggio dei petrodollari e di assicurare la stabilità di un sistema che dipende ormai pesantemente dai prestiti internazionali. I limiti degli euromereati si possono riassumere in tre punti: 1) la divergenza tra le preferenze dei Paesi eccedentari, orientate verso investimenti a breve, e la necessità dei Paesi deficitari di prestiti a medio-lungo termine, divergenza che rende impossibile una protratta intermediazione senza creare pericolose sfasature tra la struttura dell'attivo e la struttura del passivo delle eurobanche; 2) la dimensione gigantesca dei flussi da riciclare, che superano i limiti potenziali di espansione del mercato: il rapporto tra il capitale delle eurobanche e le passività accumulate nei confronti dei Paesi esportatori di petrolio è ormai vicino alla soglia critica; 3) le distorsioni introdotte nella concessione dei prestiti, governata non dalle esigenze di riequilibrio della bilancia dei pagamenti dei mutuatari, ma da normali criteri bancari, basati soltanto sulla valutazione della presunta solvibilità dei debitori. Di fronte al rischio di insolvenze, o di massicci ritiri di depositi, che potrebbero innescare crisi assai pericolose, ecco la proposta — sostenuta soprattutto dagli Usa e dalla Germania — di creare un fondo speciale alimentato sia dagli apporti dei Paesi industrializzati sia dalle eccedenze valutarie dell'Opec, ed in grado di offrire ai Paesi in difficoltà una alternativa ordinata di finanziamento rispetto al ricorso ai banchieri intemazionali privati. Secondo la proposta Witteveen, la nuova facility del Fondo monetario internazionale, finanziata in parti uguali dai Paesi Opec (Arabia Saudita in testa) e dai Paesi industrializzati (soprattutto Usa, Germania e Giappone), dovrebbe praticare tassi di interesse allineati a quelli di mercato, in modo da rendere attraente per i Paesi eccedentari l'impiego dei loro surplus; ed erogare prestiti commisurati ai bisogni effettivi del debitore, anziché alle sue quote nel Fondo monetario, subordinandoli all'accettazione di condizioni, del tipo di quelle imposte nella lettera d'intenti all'Italia, in grado di eliminare nel medio termine le cause del disavanzo esterno. Quest'ultimo punto chiarisce che non si è di fronte soltanto alla proposta di istituire un nuovo meccanismo multilaterale per un ordinato riciclaggio della liquidità, limitando anzitutto la crescita abnorme del debito esterno del Quarto Mondo (180 miliardi di dollari di cui ben 75 verso banche private), ma a qualcosa di molto più grosso: l'obiettivo reale è l'istituzione di un nuovo ordine economico internazionale, idoneo a riassorbire la crisi mondiale attraverso il riequilibrio della liquidità. Negli anni successivi all'insorgere della crisi petrolifera, le proposte per conferite maggiore stabilità all'assetto internazionale non sono certo mancate. Le slesse direttive del Fondo monetario internazionale se chiedevano ai Paesi deficitari i necessari sacrifici, auspicavano altresì la cooperazione attiva dei creditori persistenti, che avrebbero dovuto agevolare l'aggiustamento delle economie in disavanzo — industrializzate o meno — attraverso opportune politiche espansionistiche e, se il caso, la rivalutazione della moneta. Ai Paesi Opec si raccomandava di cooperare col resto del mondo nel destinare una parte delle loro eccedenze valutarie alla creazione di nuove attività produttive nei Paesi poveri, che avrebbero così potuto importare l'attrezzatura e la tecnologia dai Paesi industrializzati, mettendo questi ultimi in grado di guadagnarsi i loro petrodollari senza tagliarsi reciprocamente la gola. Alle economie occidentali veniva prescritto di facilitare l'accesso al mercato delle esportazioni del Terzo e Quarto Mondo, con le necessarie concessioni ai Paesi dell'Unctad. In una parola, sembrava farsi strada l'idea che l'onere dell'aggiustamento e di una ridistribuzione mondiale della liquidità e del reddito avrebbe dovuto gravare non solo sui Paesi ad economia debole, ma anche sui Paesi ad economia forte. Questi buoni propositi appaiono ora in buona parte archiviati. La Germania non intende deflettere dalla cauta politica economica sinora perseguita, e il governo Usa è fortemente preoccupato dall'astronomico indebitamento estero — in gran parte verso banche americane — del Quarto Mondo. Di qui il fallimento del negoziato Unctad e la crisi della conferenza Nord-Sud. Di qui anche l'idea di sostituire al caos vagamente organizzato nel quale la crisi petrolifera ha precipitato il sistema monetario internazionale una leadership più efficace, incentrata sul nuovo ruolo del Fondo monetario internazionale come banca delle banche centrali: se lo schema Witteveen fosse approvato senza correzioni, il Fondo monetario internazionale assumerebbe il compito — oltre che di cooperativa di credito e di zecca per i diritti speciali di prelievo — anche di amministratore supremo del codice di buon comportamento negli affari monetari internazionali. E' a questo riguardo che nascono i dubbi e le perplessità: a dettare il «codice di buon comporta- Gianni Zandano (Continua a pagina 2 in quinta colonna)

Persone citate: Quarto Mondo

Luoghi citati: Arabia Saudita, Germania, Giappone, Italia, Usa, Washington