Strage di Brescia: catturato un altro "terrorista nero" di Remo Lugli

Strage di Brescia: catturato un altro "terrorista nero" A Parma, mentre stava rientrando in albergo Strage di Brescia: catturato un altro "terrorista nero" E' Giuseppe Piccini, 41 anni, figlio di un industriale, evaso da Porto Azzurro - Il suo luogotenente Italo Dorini, estremista di destra, era stato arrestato lunedì a Milano (Dal nostro inviato speciale) Parma, 26 aprile. Un omicida, evaso, colpito da quattro mandati di cattura di cui uno per la strage di piazza Arnaldo, a Brescia, è stato catturato stanotte dagli agenti della Mobile nel primo albergo della città con un'azione a sorpresa che non gli ha consentito di mettere mano alle due pistole calibro 38 che portava alla cintola. E' Giuseppe Piccini, 41 anni, da Nave (Brescia), che nel '67, assieme al conte Tebaldo Martinengo Cesaresco, aveva ucciso a scopo di rapina, sul Lago di Garda, il filatelico Giambattista Zani. * Questo Piccini viene da una famiglia ricca, il padre è un industriale del ferro, con stabilimenti anche in Sardegna. Aveva la mania delle corse in auto, spendeva più di quanto i suoi gli concedevano, così aveva incominciato a compiere rapine. Condannato all'ergastolo, la pena gli era poi stata commutata in trentanni. Nel luglio del "74 era evaso dal carcere di Pianosa. Ripreso e rinchiuso a Porto Azzurro, era di nuovo riuscito a fuggire l'estate scorsa. Da allora ha costituito una banda che si è dedicata intensamente alle rapine nelle banche battendo le zone del Bresciano, Mantovano e Parmense. E, secondo quando dimostrano i mandati di cattura, si è dedicato anche al terrorismo politico di colore nero. In piazza Arnaldo a Brescia, il 13 dicembre dello scorso anno, esplose una bomba in una pentola a pressione che era dentro una borsa abbandonata vicino a una colonna, dietro un'edicola di giornali. Mori una donna e dieci altre persone rimasero ferite. In casa di uno dei complici del Piccini, Achille Dante, 25 anni, da Prevalle (Brescia) fu trovato un timer uguale a quello che era stato usato per far esplodere la pentola piena di polvere da mina. Un altro bandito, luogotenente del Piccini, arrestato ieri a Milano, Italo Dorini, 24 anni, è sicuramente estremista di destra ed ha la stessa accusa di concorso in strage. Il Nucleo operativo delia banda che andava compiendo rapine era costituito, oltre che dal Piccini, dal Dorini e dal Dante, da Carlo Botti, 38 anni, da Lumezzane (Brescia) e da Lucio Zanetti, 30 anni, da Mestre. Il 22 gennaio scorso i banditi assaltano la Cassa di Risparmio di Ponte Taro (Parma) dove si imposses¬ sano di 7 milioni. Scattano i congegni di sicurezza, una cinepresa e un registratore. Le poche parole pronunciate dai banditi consentono di capire che sono bresciani. La Squadra mobile di Parma inizia delle indagini che la porteranno via via all'identificazione dei responsabili. Il 7 febbraio scorso a Castel Goffredo (Mantova) gli agenti arrestano il Dante e due donne: Eleonora D'Alleva, 31 anni, e Gabriella Casella, 36 anni, da Lumezzane, amica del Piccini. La banda continua a scorrazzare. Due mesi fa, a Carpenedolo (Brescia), dopo una rapina, il Piccini e il Dorini uccidono il brigadiere dei carabinieri Lorenzo Forleo. «Più di una volta — dice il dottor Mazzamurro, dirigente della Mobile, che con il maresciallo Zappavigna ha guidato queste indagini — siamo arrivati poche ore dopo che il Dorini e il Piccini avevano cambiato rifugio. Quest'ultimo bandito, ad esempio, era stato un certo tempo in un'abitazione a Morgex in Valle d'Aosta, aiutato e protetto da Ce¬ lestina Foseré, 44 anni, che in quella località gestiva un ristorante. L'abbiamo arrestata una decina di giorni fa e dopo di lei sono caduti nella nostra rete lo Zanetti, il Botti, la D'Alleva e Fausto Ghidini, 28 anni, da Lumezzane. Ieri, a Milano, la Mobile milanese ha preso il Dorini e stanotte noi abbiamo finalmente chiuso la partita con questa banda catturando il Piccini». L'evaso pluriomicida aveva preso dimora, da un po' di giorni, al Palace Hotel Maria Luigia sotto il nome di Sandro Bonomi, 41 anni, commercialista, da Lumezzane, generalità che corrispondono a una persona esistente davvero. La polizia è riuscita a sapere che uno dei nomi falsi del Piccini era il Bonomi e quando su una schedina dell'albergo ha rilevato queste generalità ha attuato il piano d'attacco. Il Piccini è uscito ieri mattina alle 10 allontanandosi con la sua Mercedes «320 SE» (risultata poi rubata a Mantova; la targa italiana era stata sostituita con una estera) ed è rientrato all'una di not¬ te. Il personale era cambiato: portiere, barman e due fattorini erano in realtà agenti. Quando il Piccini ha chiesto la chiave della sua camera, s'è visto puntare la rivoltella. Ha tentato di portare le mani alla cintola dove aveva le sue P 38, ma nello stesso istante si è - sentito premere alla schiena le canne delle armi dei due «fattorini». Ha confessato le sue vere generalità rammaricandosi solo di essersi fatto predere «da fesso». Aveva in tasca due carte d'identità e un passaporto, tutti allo stesso nome Bonomi, ma con diverse fotografie, con baffi, senza baffi, con o senza occhiali; documenti, ha raccontato, che aveva comperati a Milano per 800 mila lire In una valigetta, in camera, sono stati trovati 9 milioni di lire, in biglietti da 100, da 50 e da 10 mila, presumibilmente frutto delle numerose rapine compiute in questi ultimi mesi (ogni colpo aveva fruttato in media 6-7 milioni). Giuseppe Piccini ha ammesso le rapine e l'omicidio del brigadiere, ma ha negato di aver avuto a che fare con la strage di Brescia. A un giornalista che gli ha chiesto come mai era venuto a Parma, dove la polizia gli dava la caccia, ha risposto: «Proprio per questo: ho pensato che nessuno avrebbe sospettato che sarei venuto proprio qui, in bocca al lupo. Speravo di potermene stare tranquillo più che altrove». Remo Lugli | Parma. Giuseppe Piccini, evaso 6 mesi fa da Porto Azzurro