Sono divisi i magistrati democratici

Sono divisi i magistrati democratici Il congresso di Rimini Sono divisi i magistrati democratici Al congresso di Magistratura Democratica, conclusosi l'altro giorno a Rimini, hanno vinto i giudici extraparlamentari? C'è chi dice sì. E c'è chi parla di spaccatura, di violenti contrasti, di imminente scissione dei «filo-pcì» dai colleghi della cosiddetta «nuova sinistra», più vicina ideologicamente al pdup e al Manifesto. In questo momento di grave tensione sociale, di nubi all'orizzonte e di paura, anche i magistrati di sinistra non vanno più d'accordo ed emerge in tutta la sua dirompente dialettica il contrasto tra sinistra storica e nuova sinistra? Facciamo il punto del congresso con il segretario regionale di Magistratura Democratica, dottor Livio Pepino, sostituto procuratore della Repubblica di Torino. Diciamo subito che Pepino è tra i 213 magistrati che a Rimini hanno votato la mozione Tinaie della cosiddetta «nuova sinistra», che ha avuto 130 voti contrari e un astenuto. «Sì, sono emersi dei contrasti tra la nostra linea e quella del pei. Ma io non sarei così schematico nell'ai fermare che ha vinto la "nuova sinistra". Magistratura Democratica non è mai stata collaterale al pei o ad altri movimenti. Ha sempre allenitalo un suo ruolo autonomo nel movimento della sinistra. E direi che a Rimini c'è stata questa rial formazione, anche se indubbiamente si è verificata un'accentuazione della linea ideologica della "nuova sinistra" rispetto a quella della sinistra storica». Dunque, secondo Pepino, a Rimini c'è stato sì uno scontro di idee — che è sempre positivo perché significa dialettica, movimento, non staticità o immobilismo — ma non c'è stata spaccatura. E vediamo su che cosa si sono scontrati i giudici di Magistratura Democratica che raccoglie il 13 per cento della popolazione togata d'Italia. Il terreno di scontro è stato quello del dissenso delle minoranze, degli emarginati, disoccupati, sottoccupati, studenti, femministe. Spiega il dottor Pepino: «Oggi arrivano a noi le lotte sociali di queste persone, così come nel '69 arrivavano quasi esclusivamente le lotte sociali del movimento operaio. Ebbene: a Rimini, è emersa questa duplice corrente ideologica. Per i cosiddetti "filo-pci" il movimento operaio è e resta l'unico vero protagonista della lotta, mentre per noi della "nuova sinistra", accanto all'operaio si sono affiancati altri personaggi, che sono i disoccupati, gli emarginati, e così via. Quindi, a nostro parere, la magistratura deve cercare di percepire i reali bisogni delle classi sociali subalterne e dei movi¬ menti eterogenei che portano avanti delle rivendicazioni in modo diverso, eterodosso. Capire, ovviamente, nel limite della legalità; perché il terrorismo, il teppismo e il vandalismo si collocano al di fuori di quella logica. La magistratura deve prendere coscienza di questi problemi e assicurarne l'espansione, sempre nei limili consentiti dall'ordinamento. Insomma, magistratura come garanzia delle minoranze, dell'emarginazione, del dissenso». Facciamo un esempio: l'autoriduzione. E' una forma di protesta che si è diffusa rapidamente. Gruppi di cittadini poveri si rifiutano di pagare per intiero la bolletta della luce o del telefono, e decidono di autoridurla, secondo le proprie possibilità economiche. E' una forma di lotta eterodossa, ma ciò non significa — secondo Pepino e i magistrati della «nuova sinistra» — che esca dalla legalità. In ogni caso, il magistrato deve esaminare ed approfondire se esiste o non una violazione della legalità e capire le motivazioni che spingono gli autoriduttori ad agire in quel modo. Un altro esempio, la lotta studentesca. «Il problema della scuola non si risolve impedendo agli studenti di manifestare sulle piazze e di "picchettare" le Università», spiega il segretario regionale di Magistratura Democratica. «Mentre ad altri spetta il compito di risolvere questo grave problema, il magistrato deve sforzarsi di capire gli studenti e, purché la loro lotta non sfoci nell'arbitrio, favorirne il dissenso». Dunque, lotta sociale sì, ma nella legalità. Ma come definire la legalità? Risponde Livio Pepino: «Noi riteniamo di avere della legalità la percezione più conforme alla previsione costituzionale; cioè di una legalità inerente a una società in movimento». A Rimini, in sostanza, è accaduto questo: che la sinistra storica ha mostrato disinteresse verso le minoranze del dissenso, mentre la nuova sinistra ha mostrato una particolare attenzione e sensibilità, fermo restando il rifiuto totale a ogni forma di violenza, di terrorismo e «anche solo di vandalismo». «Nel complesso — conclude Pepino — il mio giudizio sul congresso è positivo. I contrasti di idee significano che in Magistratura Democratica c'è dialettica, quindi vitalità. Lo dimostra il ricambio di uomini alla segreteria e all'esecutivo. Per statuto, dopo 4 anni, non possono più essere eletti, devono essere cambiati. Noi non stiamo fermi, siamo sempre in movimento». Sergio Ronchetti

Persone citate: Livio Pepino, Pepino, Sergio Ronchetti

Luoghi citati: Italia, Rimini, Torino