Fede e scismi di Francia di Alberto Cavallari

Fede e scismi di Francia LA "QUERELLE,, DEI TRADIZIONALISTI CONTRO IL PAPA Fede e scismi di Francia Lo scrittore cattolico Jean Guitton si è fatto mediatore tra Roma e monsignor Ducaud-Bourget che ha occupato con i seguaci una chiesa parigina - L'intransigenza resta soltanto per la rivolta di Lefebvre - La riscoperta dei "valori medievali" (Dal nostro corrispondente) Parigi, aprile. La lunga vicenda dei cattolici «tradizionalisti» francesi sembra giungere in questi giorni alle ultime battute. Da un lato, vi sono i tradizionalisti di monsignor Ducaud-Bourget che hanno da tempo occupato la chiesa parigina di Saint Nicolas du Chardonnet, e che non la vogliono lasciare. Da un altro i lato, c'è l'arcivescovo di Parigi, il cardinale Marty, che ha deciso l'ultimatum e lo sgombero, proclamando il 13 marzo che «non è possibile affidare una chiesa a dei preti che non si riconoscono nella Chiesa universale» e che essi «non avranno mai un edificio, ma solo ospitalità». In mezzo, c'è un mediatore generoso, grande amico del Papa, chiaramente incaricato da Paolo VI di giungere a una conciliazione e ridurre lo scandalo dello «scisma»: lo scrittore Jean Guitton. Quest'ultimo è riuscito a calmare il cardinale, prolungare di sette giorni l'ultimatum, farlo tornare sulle sue decisioni. Dal 21 aprile c'è l'offerta del cardinale di una chiesa per gli «scismati¬ I i publique, ci»: Maria Mediatrice, alla «Porte des Lilas». Naturalmente le cose non sono facili da sistemare perché i tradizionalisti vorrebbero restare a Saint Nicolas, chiesa occupata, centrale, simbolo del loro «diritto». In un primo tempo hanno rifiutato l'offerta di una chiesa periferica, lontana sette stazioni di metrò dalla Ré«octroyée» dalla gerarchia nemica. Ma Jean Guitton ha condotto l'abbé Ducaud-Bourget a vedere la chiesa di Maria Mediatrice; cronisti religiosi informati, come Henry Fesquet, riportano che gli è piaciuta per le sue dimensioni e i vantaggi logistici. Non si esclude un compromesso, malgrado ieri sia sorta una nuova complicazione. Naturalmente il personaggio del «mediatore», Jean Guitton, ha sovrastato questa fase della vicenda «tradizionalista». Ultimo dei grandi scrittori cattolici sopravvissuti alla scomparsa dei Claudel e dei Mauriac, protagonista del Concilio Vaticano II, Guitton pare aver dato alla controversia una diI rezione nuova. Dopo manife- te a ù E a a è o a ¬ te : a o a s l r , o a ii ue stazioni d'inflessibilità vaticana, sfociate nella sospensione a divinis di monsignor Lefebvre, e nella dura controffensiva del cardinal Marty, sembra portatore di un atteggiamento diverso. Lo si paragona a Sant'Ireneo, vescovo di Lione, che seppe far rimangiare a papa Vittore I la rottura con la Chiesa d'Asia, colpevole nel secondo secolo di voler festeggiare la Pasqua in modo «tradizionalista». Si dice che, come Sant'Ireneo seppe rinviare lo scisma d'Asia per nove secoli, cioè fino all'XI secolo, Guitton sta facendo rinviare lo «scisma di Francia» con una transazione abile, umana, soprattutto ascoltata dal Papa. Non saprei dire se questo sia il ruolo di Guitton, né se la sua mediazione sia stata preceduta dai suoi interventi presso il Papa di Roma, oppure se il Papa gli abbia affidato (senza sue pressioni) un negoziato difficile, rivelatore di posizioni opposte rispetto a quelle «intransigenti» assunte verso Lefebvre. Mi sembra, piuttosto, che la sua comparsa sulla scena, e la sua mediazione, mettano in luce che Roma adotta verso lo «scisma di Francia» atteggiamenti diversi, secondo le posizioni assunte dagli «scismatici». In sostanza: verso Lefebvre non si poteva negoziare nulla, e Guitton non si fece avanti. Verso monsignor Ducaud-Bourget era possibile il «colloquio», e Guitton s'è fatto avanti. C'è molta confusione, infatti, sul «tradizionalismo» in Francia, e molti hanno il torto di considerarlo come un blocco solo. In effetti, da quando è nato, sulla metà degli Anni Sessanta, esso si compone di tre o quattro correnti diverse, che hanno una «tensione scismatica» ineguale. Grosso modo, esse fanno capo a quattro personaggi che guidano ribellioni scarsamente omogenee. Sull'estrema destra (dico per semplificare) c'è l'abbé Georges di Nantes, «integrista» totale, nemico delle evoluzioni di Roma già prima del Concilio, autore di libri mai sottoposti all'imprimatur, come il famoso Lettres à des amis, furioso nemico del Papa, che accusa di «eresia». Al centro-destra ci sono il vescovo Lefebvre e l'abbé Coache, che contrastano le conclusioni del Concilio, pretendono di ordinare sacerdoti «tradizionalisti» e di gestire seminari in proprio. Al centro c'è mons. DucaudBourget, che contesta solo certe «decadenze» post-conciliari, e che si limita alla polemica contro la nuova liturgia. Ognuno di questi quattro personaggi coltiva uno «scisma» particolare e combatte con armi diverse. L'abbé Georges di Nantes chiama «eretico» il Papa, chiede la sua sostituzione, pubblica un bollettino intitolato La contro-riforma cattolica nel XX secolo. Inoltre, è stato in polemica con Lefebvre, accusandolo di «viltà», e di voler costruire accanto alla Chiesa ufficiale («divorata dalla cancrena papale») soltanto una «Chiesa tradizionalista del silenzio», troppo appartata, troppo discreta. Quanto all'abbé Coache, egli è un imitatore oltranzista di Lefebvre. Non dirige accuse di eresie al Papa, ma considera eretici i vescovi di Francia, insulta la conferenza episcopale. Sono poi famose le sue operazioni avventurose per fare concorrenza a Lefebvre. Nel 1971 si associò a sua sorella (anch'essa suora, anch'essa «in difficoltà» con l'Ordine francescano); comprò sotto falso nome dal vescovo di Digione un castello nella Còte d'Or dove il famoso domenicano «liberale» Lacordaire aveva installato un noviziato nel 1848; lo pagò mezzo miliardo trovato chissà come; 10 trasformò in seminario, concorrente di quello gestito da Lefebvre ad Econe; dovette chiuderlo perché le duecento camere furono decretate inagibili; infine, fondò un proprio movimento tradizionalista, «Combat de foi». La figura del vescovo Lefebvre è troppo nota per descriverla ancora una volta, e si deve solo dire che con lui lo «scisma» ha trovato ben altra dimensione. Il suo rigetto del Concilio è stato graduale, meditato, senza ambizioni di giocare all'antipapa. E' stato tuttavia profondo, giungendo alla pretesa di gestire seminari, di ordinare sacerdoti «tradizionalisti», sfociando poi nelle grandi polemiche contro «la Chiesa diventata liberale», e opponendosi alle costituzioni conciliari più avanzate, come «Gaudium et spes». Non c'è dubbio che da lui sia venuta la spinta alla dimensione nazionale dello scisma, dato che il suo ragionamento è uscito dalla polemica liturgica per assegnare una specie di missione restauratrice alla Chiesa francese. La sua tesi è stata pressappoco questa. Roma ha voluto riconciliare la Chiesa con la rivoluzione francese, «indifferentista e massonica». Dalla Chiesa di Francia deve venire la controrivoluzione, e occorre ricostruire l'antica chiesa gallicana. Pertanto, essa avrà i suoi riti del 1568, i suoi preti ordinati diversamente, il suo spirito «prerivoluzione». Questa posizione «ideologica» ha naturalmente provocato un'ondata di eccessi: come la pubblicazione da parte del comitato internazionale della difesa tradizionalista, nato in Svizzera, della famosa lista dei prelati accusati di appartenere alla massoneria: il segretario di Stato Villot, il ministro degli Esteri vaticano Casaroli, 11 segretario particolare del Papa monsignor Macchi, il cardinal Suenens, il cardinal Pellegrino. Infatti, anche le grandi battaglie religiose hanno il loro lato comico. In ogni modo, essa spiega l'inflessibilità della controffensiva vaticana nel '76, l'allontanamento a divinis di Lefebvre. Col ragionamento del vescovo di Dakar potrebbe aversi senza dubbio uno scisma di grande ampiezza in una Francia dove, per ragioni politiche, sociali, storiche, il fuoco della «restaurazione spirituale» resta sempre acceso. Su questo sfondo, il caso di monsignor DucaudBourget si colloca come scisma minore. DucaudBourget è un vecchio prete di ottant'anni. Ha fatto il parroco dappertutto: nel quartiere operaio di Billancourt e ad Haiti; poi è stato travolto dall'artrite, diventando elemosiniere dell'ospedale Laennec, a Parigi, dopo una degenza di un anno. E' nella cappella dell'ospedale che ha continuato a dire la vecchia Messa di Pio V, disobbedendo alle gerarchie che gli chiedevano d'officiare col nuovo rito. Così, la folla dei tradizionalisti s'è mescolata a quella dei malati, e il vecchio prete s'è trasformato in «fenomeno parigino». Messo al bando, i sostenitori gli hanno affittato una sala da ballo, la famosa Salle Wagram. L'Ordine di Malta l'ha degradato togliendogli il titolo dì monsignore. Trascinandosi da un altare all'altro, il vecchio abbé s'è trovato allora ad essere il leader dei tradizionalisti che hanno occupato poi Saint Nicolas. Ma è un «capo» che guida, o un capo che segue? Questa considerazione deve aver pesato nella decisione di Guitton di negoziare una chiesa per lui. Detto questo, vale la pena di stabilire che verso lo «scisma francese» Roma oppone adesso due atteggiamenti: uno inflessibile per quello «grande» e ideologico di Lefebvre; uno di tolleranza verso quello «piccolo» dell'abbé Ducaud-Bourget. Come dice un domenicano intelligente, Pére Avril, in quest'ultimo caso si verifica ciò che si è già visto dopo il concordato napoleonico del 1801. Allora, con lo scisma anticoncordatario, nacquero le «petites églises», crebbero i circoli dei «vieux catholiques»: gruppuscoli religiosi che vivono nella penombra, tra condanna e tolleranza, e che ancora oggi esistono. Allo stesso modo, chi non sa rinunciare ai riti di Pio V, alla liturgia formulata tra il 1568 e 1570 per reagire contro la precedente disgregazione, potrà recitare Messe in latino, leggere il breviario unificato. Ma ciò non toglie che resta in sospeso la «querelle Lefebvre»: poiché la soluzione trovata per il «piccolo scisma» non risolve il «grande», legato non tanto a pro¬ blemi di rito, quanto a problemi di «sostanza». Sempre Pére Avril osserva che se Lefebvre «non è Lutero né Calvino», nella sua rivolta esistono ormai elementi ideologici tali da «lasciare piaghe dolorose nel fianco della Chiesa». La sua contestazione di tutto il Concilio si è infatti saldata a una mobilitazione dell'«integrismo» che cova in Francia. Le manifestazioni di Lilla, col ripudio del motto «libertà, ugualità, fraternità», col panegirico dell'Argentina autoritaria, hanno significato un fenomeno di ritorno alla «Francia maurassiana». Ce n'è abbastanza, secondo il domenicano, per temere «un incendio nella foresta», per prepararsi a rimediarvi. Gli osservatori più intelligenti, infatti, guardano al fenomeno Lefebvre come a qualcosa che non è casuale in Francia, data l'atmosfera neospiritualista, e neomistica, che vi regna. Lefebvre non è più seguito solo da vecchi intellettuali come Pierre Debray o Michel de Saint Pierre. Ha fatto notizia un recente articolo di Jean Fourrastié, economista, teorico di futuribili, che s'è detto «papista», e favorevole a un Concilio che cancelli «i guasti di Vaticano II». Inoltre, va tenuto conto che la sua «reazione» di destra si accompagna a un «ricupero spiritualista» che tocca anche la sinistra. Nelle riviste culturali la definizione di «illuminista» è spesso un insulto. I cosiddetti «nuovi filosofi» parlano di Sant'Agostino, della Patristica, di Leibnitz. Proprio un intellettuale del '68, Clevel, sposando la rivoluzione alla rivelazione, è promotore della«Christo-gauche», cui ha donato come Bibbia il famoso libro Dieu est Dieu, nom de Dieu. Stanca dì Marx, di Freud, passando per lo «spiritualismo di Mao», anche molta sinistra va verso un «integrismo religioso» che nasce dal rifiuto di ciò che è contemporaneo, tendente alla riscoperta della «spiritualità» e dei «valori medievali». Ma se la sinistra tóma tanto indietro, non si vede perché non debba esistere una destra cattolica che torna a Pio V. In ogni caso, lo scisma di Lefebvre non è un aneddoto. E' segno di un clima. Alberto Cavallari Parigi. Il filosofo Jean Guitton e monsignor Lefebvre (foto Ap e Grazia Neri)