In Europa i prezzi agricoli aumentati dal 2,5 al 5,2%

In Europa i prezzi agricoli aumentati dal 2,5 al 5,2% Le decisioni del Consiglio della Cee In Europa i prezzi agricoli aumentati dal 2,5 al 5,2% (Dal nostro inviato speciale) Lussemburgo, 26 aprile. Per gli agricoltori italiani qualche centinaio di miliardi in più e una nuova «guerra del vino» in vista con la Francia; per i consumatori, bistecche, pasta, burro, zucchero, salumi e molti altri cibi più cari. Sono queste le principali conseguenze del rincaro di carne, grano, latte, barbabietole e altri prodotti agricoli decisi questa notte a Lussemburgo dal Consiglio dei ministri della Comunità europea. Secondo calcoli ufficiali, i prodotti alimentari in Italia subiranno un aumento supplementare medio del 5 per cento, mentre il costo della vita dovrebbe crescere di un 2,5 per cento in più (questi rincari, cioè, si sommeranno a quelli che potranno registrarsi per le altre cause d'inflazione). La prima considerazione che la famiglia italiana può fare è questa: gli agricoltori ci affamano, il nostro ministro — in questo caso Marcora — si batte per gli agricoltori e non per noi, mentre Dilkin chiede prezzi bassi e difende i consumatori inglesi. E' una considerazione comprensibile, dopo i drastici tagli che i bilanci delle famiglie medio-piccole hanno subito nell'ultimo anno. Ma l'Inghilterra può, nella contrapposizione tra agricoltori e consumatori, difendere i secondi a scapito dei primi perché rispetta il «patto sociale» tra governo e sindacati, e anche perché gli agricoltori inglesi sono appena seicentomila — il 3 per cento della popolazione attiva — contro i quasi tre milioni di agricoltori italiani (il 17 per cento degli attivi). Inoltre, le aziende agricole inglesi sono di grandi dimensioni, moderne, quindi anche piccoli aumenti di prezzo sono sufficienti perché la loro produttività è già elevata, e i costi di produzione sono bassi. Al contrario, il vastissimo arcipelago delle aziende agricole italiane — molte non sono nemmeno degne di questo nome — ha costi altissimi, e di produttività è meglio non parlare. Così, per gli aumenti dei prezzi, i nostri agricoltori dicono: meglio che niente, ma non sarà certo un 2,5 per cento in più al grano duro, un 5,2 al mais, un 3,5 alla carne bovina, un 5 alla carne suina, un 4,5 al riso, un 3,5 al vino e al latte che ci consentiranno di chiudere positivamente i nostri bilanci. I nostri bilanci — affermano le organizzazioni agricole — potranno tornare attivi solo quando la lira verde sarà svalutata non del 7,2 per cento (misura decisa il mese scorso e già in vigore), ma del 15, del 20 per cento, cioè di quanto la nostra moneta ha realmente perso di valore. Solo così, infatti, cadranno o si ridurranno al minimo i famigerati «montanti compensativi», cioè quelle soluzioni che i Paesi comunitari ricevono dalla Cee quando esportano prodotti agricoli in altre nazioni comunitarie a moneta più debole. E' proprio per mezzo di queste sovvenzioni che ogni giorno entrano in Italia vagoni di latte, colonne di Tir colmi di carne a prezzi di schiacciante concorrenza per i nostri allevatori (ma non è certo il consumatore a beneficiarne) e con un peso insostenibile per la nostra bilancia commerciale. L'agricoltura italiana — cosi come l'ha ridotta trent'anni di dissennata politica economica — ha pochi settori attivi. Uno di questi è il vino, che alimenta forti correnti di esportazione. Ma la Francia, mentre ci inonda di latte e ci soffoca di carne, non vuol accettare il nostro vino. Come hanno spiegato il ministro Livio Burato (Continua a pagina 2 in quarta colonna)

Persone citate: Livio Burato, Marcora

Luoghi citati: Europa, Francia, Inghilterra, Italia, Lussemburgo