L'arcipelago de muove al confronto con il pci di Luca Giurato

L'arcipelago de muove al confronto con il pci Sì all'accordo sul programma, no alla svolta politica L'arcipelago de muove al confronto con il pci E' il momento "più pesante e aspro", ha detto Piccoli - Quanti sono d'accordo sulla "soluzione prudente" di Moro? - I notabili contrari alla svolta politica reclamata da comunisti e socialisti - L'incognita Donat-Cattin, la "chiusura" della destra Roma. 25 aprile. Dopo tanti rinvìi più o meno sapientemente dosati o motivati, ormai non dovrebbero più esserci sorprese: la direzione de si riunirà mercoledì prossimo per decidere le intese sul programma con tutti i partiti dell'arco costituzionale, quindi, anche e soprattutto con il pei. I nodi, dunque, stanno venendo al pettine. E' quasi certo che la democrazia cristiana darà via libera agli incontri con i partiti antifascisti sul programma, incontri che dovrebbero cominciare forse già giovedì. Meno certi, anzi, tutti da verificare, sono i punti sui quali il partito più forte si prepara ad un accordo programmatico che, comunque lo si giri, inserisce di fatto i comunisti nella maggioranza. In altre parole, la direzione de dovrà stabilire «i limiti» entro i quali la delegazione (Moro, Zaccagnini, Piccoli, Bartolomei) dovrà muoversi nella trattativa, non breve e non facile, con gli altri partiti. Di quali limiti si tratti, lo spiega assai bene II Popolo di ieri: «Una possibile convergenza su alcune cose essenziali, in un momento delicatissimo, dovrà essere esplorata sema però imboccare Ha strada dei confusi assembramenti Quantitativi, irrispettosi delle profonde diversità esistenti ». Siamo, come si vede, al «confronto» voluto da Zaccagnini e all'avvio di quelle «convergenze programmatiche» ideate da Moro. Non oltre; così, almeno, sembra. «E' l'unica strada che oggi presenta uno sbocco non traumatico», dice il giovane deputato Angelo Sanza. Anche Piecoli, capo doroteo, condivide la «soluzione prudente» proposta da Moro. «E' inutile nascondercelo — ammette Piccoli — il tema del partito comunista è, per la de, il punto più pesante ed aspro». Nella de, tutti sono sicuramente d'accordo con queste ultime parole del capo doroteo. Il discorso sulla «soluzione prudente» è invece ancora più complesso: quanti, nel partito, sono d'accordo con Moro? Quanti lo sono meno o molto meno? Proviamo, in rapida sintesi, a dare una risposta a queste due domande, registrando però subito un «presupposto » che oggi viene tenuto un po' in ombra, ma prima o poi potrebbe anche essere investito da un fascio di luce, sia pure tenue, sia pure tipicamente moroteo. Il «presupposto», destinato a chiarire molto il problema dei rapporti con il Pei, oppure a complicarlo, è anche esso puntato su una domanda: davvero Moro pensa ad una soluzione prudente, davvero non intende andare oltre un'intesa con il pei sul programma? Moro ha scritto e parlato molto, in questi ultimi giorni Secondo la maggioranza dei suoi interpreti (nella quale non sono compresi solo esegeti appassionati, ma anche gente che tira volentieri l'ac qua al proprio mulino) ha detto «sì» a una intesa su un programma ben circoscritto e preciso, ma «no» alla svolta politica che reclamano, forse in modo un po' troppo rumoroso per i tempi e i ritmi democristiani, comunisti e socialisti. Secondo una minoranza, forse più maliziosa, sicuramente libera da qualsiasi pastoia politica, ha invece detto «qualcosina» in più: la situazione è troppo fragile per tenere il pei all'opposizione. E' comunque la tesi della maggioranza quella che almeno per ora sembra contar di più, se non altro perchè ad essa hanno aderito alcuni tra i più illustri notabili de. Ha cominciato Forlani. Il momento richiede molta prudenza, ha detto il ministro degli Esteri ad Ancona; Moro è prudente; tutti dobbiamo seguirlo: «Bisogna stare uniti». Neppure 24 ore dopo, e cioè ieri, anche Piccoli ha detto alla radio che «quel Moro» gli va bene: «Alcune indicazioni da lui date colgono il problema che ci sta dinanzi e propongono una soluzione prudente; attenta a ciò che è possibile fare, precisa nel dire ciò che non si deve fare e nel dirlo ad alta voce alle altre forze politiche». Quasi contemporaneamente a Piccoli, anche Toni Bisaglia, altro gran capo doroteo, ha lanciato attraverso una intervista a «Stampa Sera», un suo «ponte» verso un prudente confronto con il pei: «Dopo il 20 giugno, tutti abbiamo chiaro che un'epoca è finita, ma non è altrettanto chiaro che cosa, ci riserba il futuro». Con Moro e Zac, ecco dunque, magari per motivi tattici e chissà sino a dove e quando, un bel manipolo di «capitribù» democristiani. Sulla loro sinistra, c'è l'incognita Donat-Cattin, anche se il termine «sinistra» a molti sembra oggi improprio, vista l'accesa polemica anti-pci del leader di «Forze nuove». Il discorso che Donat-Cattin farà mercoledì in direzione è molto atteso. «Confronto vuol dire reali proposte politiche, da gestire in autonomia, avendo dietro le spalle un partito reale, capace di scegliere» ci disse qualche giorno fa il ministro dell'Industria se abbiamo ben capito, era assai poco entusiasta dell'attuale linea del suo partito. Sulla loro destra, da una parte c'è la pattuglia di Scalfaro, che non vuole foglie di fico né passaggi segreti: «O un accordo bene delineato e preciso oppure meglio andare davanti ai cittadini e spiegare come stanno le cose». Ancor più a destra c'è il gruppo De Carolis Orsini Montelera, che sembra avere idee molto chiare, anche se discutibili: non vogliono sentir parlare in nessun modo di colloqui con il pei e puntano decisamente alle elezioni anticipate. Più ragionevoli e interessanti le proposte uscite dal convegno di Ancona, al quale hanno partecipato un gruppo di parlamentari de che sta raccogliendo adesioni nel partito. Mazzotta. Mazzola, Pezzati e Segni sono d'accordo nell'affermare che «l'accordo programmatico non diventi lo spolverino sull'accordo politico». Luca Giurato

Luoghi citati: Ancona, Roma