L'Esercito è il custode della libera Repubblica di Gianni Bisio

L'Esercito è il custode della libera Repubblica Le Forze Armate e la Resistenza L'Esercito è il custode della libera Repubblica Una cerimonia al teatro Alfieri - L'impegno per la pace esaltato dal presidente del consiglio regionale, Dino Sanlorenzo Esercito e unità combattenti della Resistenza, Manco a fianco, per ricordare il contributo delle forze armate alla guerra di liberazione. E' avvenuto ieri mattina al teatro Alfieri con una cerimonia semplice e priva di retorica. C'era il presidente del Consiglio regionale Dino Sanlorenzo, lo stato maggiore della Regione militare Nord Ovest con 11 comandante generale Masla, le associazioni combattentistiche e partigiane. E c'erano, soprattutto, mille militari di leva appartenenti a tutte le armi presenti in Piemonte. Sono due milioni A loro, in particolare, si è rivolto Sanlorenzo ricordando gli articoli della Costituzione repubblicana, nata dalla Resistenza, che riguardano l'esercito: « Esercito di pace — ha specificato — per questi primi 32 anni della Repubblica ». Ha aggiunto che lo Stato sta attraversando uno dei periodi più torbidi e più gravi: « Oggi l'esercito deve essere custode della Repubblica e del suoi valori nati dalla Resistenza demomocrallca e antifascista ». Sanlorenzo ha accennato ai problemi attuali delle forze armate, due milioni di uomini che incidono per 4 mila miliardi nel bilancio dello Stato: la democratizzazione, la riforma dei servizi di sicurezza, le servitù militari. « Bisogna decidersi ad affrontarli non per discuterne soltanto, ma per risolverli », ha concluso Sanlorenzo. La relazione sul ruolo delle forze armate nella guerra di libera zione e nella Resistenza in Italia e all'estero è stata tenuta dal capo dell'ufficio storico dello stato maggiore dell'esercito col. Rinaldo Cruccu. Si è trattato di un esame approfondito degli eventi successivi all'8 settembre: le reazioni opposte dalle forze annate alle aggressioni tedesche, la partecipazione alla guerra In Italia a Banco degli alleati e alle azioni della Resistenza con le formazioni partigiane, l'opera degli internati militari nei campi tedeschi di prigionia. Il col. Cruccu ha ricordato le vicende successive all'armistizio facendo un quadro della dramma tica situazione nella penisola al momento del sibillino annuncio alla radio. Ha negato 11 « dissolvimento » dell'esercito: « Se così tosse stato, le forze armate non avrebbero poi preso parte alla guerra di liberazione. Il che avvenne non con unità di nuova formazione, ma con i vecchi reparti formati per lo più da soldati di leva ». Mancò il coordinamento, fu una lotta improvvisata e slegata ma condotta da uomini decisi e consapevoli del compito da svolgere. Combattimenti contro 1 tedeschi vi furono in tutte le regioni d'Italia. Gli episodi furono innumerevoli: a La Spezia consentirono alla squadra navale italiana di lasciare la base, al Moncenlsio e Ormea, nei dintorni di Roma, dove tennero occupato il nemico impedendogli di accorrere a Salerno dove stavano sbarcando gli americani. E' stato ricordato 11 sacrificio della divisione « Acqui » a Cefalonia (9.000 uomini uccisi), la resistenza di Corfù (600 morti), la liberazione della Corsica. Le divisioni Venezia e Taurinense, in Montenegro, nel dicembre '43, diedero vita alia leggendaria divisione partigiana «Garibaldi» che operò fino alla primavera del '45 con l'esercito popolare Jugoslavo. Per quanto riguarda l'aiuto dato alle forze alleate, il col. Cruccu ha osservato che gli angloamericani non accolsero con sol¬ lecitudine le pressanti richieste delie unità dell'esercito italiano: « Quando vi aderirono lo fecero con parsimonia quasi offensiva, limitandosi ad autorizzare la presenza sul fronte di guerra di contingenti italiani molto più modesti di quelli che in effetti si sarebbero potuti fornire ». Il corpo italiano di liberazione combatte a fianco dei canadesi, degli inglesi, dei polacchi, del neozelandesi, dei sud africani. Finirono per essere impiegate in prima linea sei divisioni: « Vennero denominate unità di combattimento — ha spiegato 11 col. Cruccu — unicamente per ragioni politiche, e cioè per minimizzare il contributo bellico dell'Italia». Fra i partigiani Massiccia è anche stata la presenza del militari nelle formazioni partigiane: Fiamme Verdi, Brigate del popolo, divisioni alpine « Mauri ». organizzazione « Franchi » e autonomi. A Roma operò 11 Fronte clandestino militare della Resistenza, con i carabinieri e la guardia di finanza. Ai militari furono affidati compiti di collegamento e di ricerca di informazioni sul nemico. Inoltre vennero Impiegati in missioni di sabotaggio da «commando», a volte anche per salvare opere d'arte e industrie dalla rabbia dei tedeschi in fuga. Il col. Cruccu ha Infine ricordato gli oltre 600 mila internati nei campi di prigionia che sopportarono le più avvilenti condizioni di vita. « Il 98,7 per cento dei prigionieri scelse la fame, il freddo, gli stenti e la morte nei campi di concentramento piuttosto che tornare in Italia a operare contro la propria gente ». Gianni Bisio