Tamburi da Roma a Parigi di Augusto Minucci

Tamburi da Roma a Parigi NELLE GALLERIE TORINESI Tamburi da Roma a Parigi Guazzi, disegni e incisioni in una personale alle "Immagini" Macchine di fantasia di De Stefani -1 dioscuri di Ettore Colla Simpatico ritorno a Tori"no"dl Orfeo Tamburi alla galleria «Le Immagini» (via della Rocca, 3) che presenta guazzi, disegni e Incisioni di questo artista che, ormai da lunghi anni, risiede a Parigi dove emigrò nel 1947. Sono opere recenti, ma anche remote, cioè di quel periodo romano' che lo vide collaboratore assiduo di giornali letterari, come «Il selvaggio» di Maccari, dove andava pubblicando i suoi limpidi, nervosi disegni. Nella capitale, racconta Guttuso, era sbarcato dalla natia Jesi verso il 1928, con un ombrello di famiglia e una borsa di studio che gli venne subito tolta per -indignila di studioso e Incomprensione del dov'èri comunali'. Furono anni di fame grande e di difficoltà di ogni genere, ma Tamburi, a dispetto di tutto e di tutti, continuò a disegnare: a saltar pasti e ad affinare il suo stile che divenne personalissimo per la sobrietà e l'Incisività del tocco. Una specie di personalissima sintassi, che andrà sempre più semplificandosi per raccontare, con straordinaria semplicità ed efficacia, luoghi e personaggi e coglierne la profonda essenza. Ciò si può vedere dai disegni di quel tempo come Ragazza con chitarra. La modella. Il paracadutista straordinari per essenzialità e vigore. Antonello Trombadori sottolineava allora che ogni foglio di Tamburi -risponde a una sua vita poetica di chiara lettura e, anche dove si attenderebbe un successivo sviluppo, l'appunto non è mal puramente dovuto a un'occorrenza mnemonica, sempre Invece si fissa In esso una interpretazione, accesa e succosa, del mondo visibile'. E ciò vale ancora oggi per questo artista, capace, come si può osservare nei fragranti guazzi toccati da freschissimi colori e nelle belle incisioni, di penetrare con pochi accordi nell'anima del soggetto, e darci, senza concedere nulla al decorativo, un'acuta interpretazione della verità poetica. * * Il bolognese Massimo De Stefani con un gioco colto e raffinato, ci trasporta in un mondo dove II dato oggettivo e II rigore geometrico si trasformano In sogno per assumere arcani significati pieni di lirica fantasia. Hans Rlchter ha detto che questo artista gli sembra un monaco medievale che illustra testi sacri realizzando meticolosamente strane visioni. Le tavole di De Stefani, infatti, tracciate da segni precisi e toccate da colori su cui sembra essersi posata la polvere del tempo, hanno un sapore antico, ma si riallacciano al mondo tecnologico di oggi, come se questo artista immaginasse di vedere, con gli occhi dei posteri, I progetti della sua fantasia. Sono quadrati, cerchi, forme concave, figure geometriche sezionate viste da angolazioni diverse e proiezioni ortogonali che s'Innestano a simboli, schemi per dar vita a straordinari progetti. Un surrealista concettuale che parte da una realtà per giungere ad una lu¬ cida allucinazione, ricca di stimoli e di fantasia, ma anche di sapida sapienza pittorica. Espone alla galleria «L'approdo» (via Bogino, 17). * ★ Nel ciclo delle manifestazioni «Dossier: otto mesi di scultura», che si propone di presentare di volta in volta un'opera di uno scultore, si è aperta, nell'atrio della Galleria civica di arte moderna la piccola rassegna dedicata a Ettore Colla (nato a Parma nel 1896 e morto a Roma nel 1968), un artista che ha saputo rompere con le tecniche tradizionali e trovare, nel cascame industriale, l'elemento per comporre sculture piene di stimolanti allusioni e cariche di significati simbolici. La mostra, oltre a presentare alcuni disegni che rivelano come la purezza geometrica sia stata una delle costan¬ ti di Colla, presenta «I dioscuri», una delle sculture più rappresentative di questo artista che, usando i materiali accantonati dalla società (vecchie pulegge, bulloni, molle, tondini), ha saputo ripristinarli nella loro elementarità e dar vita ad emblematiche figure sospese tra Ironia e simbolo; farne delle sintetiche allegorie che divengono, come ebbe a dire Argan, «Favole di La Fontaine del nostro tempo». Ne « I Dioscuri • (una lunga asta sormontata da tre arrugginite balestre) è evidente l'analogia del cavallo con le balestre della vecchia carrozza che sta ad indicare la sterile continuità delle mitologie ed allo stesso tempo la irride. Ma tutto ciò non perdendo d'occhio la composizione che assume uno slancio pieno di lirismo. Augusto Minucci

Persone citate: Antonello Trombadori, Argan, De Stefani, Guttuso, Hans Rlchter, La Fontaine, Maccari, Orfeo Tamburi

Luoghi citati: Jesi, Parigi, Parma, Roma