Tra Europa e arabi dialogo "obbligato" di Igor Man
Tra Europa e arabi dialogo "obbligato" Un convegno da oggi a Firenze Tra Europa e arabi dialogo "obbligato" (Dal nostro inviato speciale) Firenze, 21 aprile. A Firenze, stasera, in Palazzo Vecchio, cominciano i lavori del convegno su « Europa e Mondo arabo, idee e proposte per una collaborazione ». Nel Salone dei Cinquecento, toccherà al sindaco di Firenze, Elio Gabuggiani, prendere per primo la parola. Il Convegno è stato a lungo preparato, oltre che dal Comune di Firenze, da ben quattro organizzazioni: l'Associazione nazionale di amicizia italo-araba, il Centro per le relazioni italo-arabe; il Forum italiano per la sicurezza e la cooperazione in Europa e nel Mediterraneo; l'Ipalmo (Istituto per le relazioni tra l'Italia e i Paesi dell'Africa, dell'America Latina e Medio Oriente). Il Convegno, che vuol fare, come si dice, il punto sul dialogo euro-arabo, si incentra su tre relazioni. Reginald Maudling, già Cancelliere dello Scacchiere britannico, parlerà sulle vicende del dialogo euro-arabo. Maurice Couve de Murville, già primo Ministro di Francia, analizzerà il «contributo del dialogo euro-arabo per la pace e la sicurezza nell'area mediterranea». Domenica, infine, il nostro ministro del Commercio con l'Estero, Rinaldo Ossola, si occuperà della «cooperazione economica tra l'Europa e il Mondo Arabo». Ad ogni relazione farà seguito un dibattito al quale parteciperanno personaggi come Giorgio Amendola, Giancarlo Pajetta, Carlo Fracanzani, Luigi Granelli, Piero Bassetti, Umberto Cardia. Da parte araba, hanno finora dato la loro adesione, promettendo interventi, Ismail Khe111, ambasciatore tunisino a Bruxelles, in rappresentanza della Lega Araba, il ministro tunisino delle informazioni Mohammed Masmoudi, Nicolas Sarkis, direttore del centro arabo di studi petroliferi a Parigi, Mohammed Sidi Ahmed, editorialista di Al Akram. Per l'Olp (organizzazione per la liberazione della Palestina) interverrà Mohammed Rabia. A Tunisi, il 10 febbraio scorso, inaugurando i lavori della seconda riunione della Commissione generale del dialogo euro-arabo, il segretario generale della Lega Araba, Mahmoud Riad, disse: «L'Europa e i Paesi arabi non hanno altra scelta. Sono condannati ad intendersi per realizzare insieme e gradualmente quel processo di simbiosi delle loro strutture economiche e sociali cui è inevitabilmente subordinata in concreto ogni prospettiva di sviluppo delle due aree». Questa fase illustra con assoluto realismo le motivazioni che fanno da sfondo al dialogo euro-arabo. L'idea di un rafforzamento delle relazioni tra la Comunità europea e il Mondo arabo, è nata dopo la guerra del Kippur, nel 1973. Ci son volu ti più di due anni, dal 15 di cembre del 1973 al 21 maggie del 1976, perché il dialo go euro-arabo passasse «dallo stadio dei progetti e delle in tenzioni, alla realtà». A Lussemburgo, con un comunicato ufficiale, nella primavera del 1976, fu deciso infatti che le due parti — la Cee e gli arabi —, già in duro contrasto all'epoca dell'embargo petrolifero, avrebbero iniziato una cooperazione «estesa a tutti i campi». Più importante ancora: fu messa a punto una formula di collaborazio- ne per rendere praticamente impossibile il ripetersi di situazioni analoghe a quella dell'inverno del 1973. L'interdipendenza tra le due «regioni», Europa e Mondo arabo, è enorme: nel 1976, i venti paesi della Lega Araba rappresentavano il 20 per cento delle importazioni complessive dei Nove e il 13 per cento delle esportazioni Cee. Gli arabi contribuiscono per il 70 per cento al fabbisogno europeo di petrolio, mentre i Paesi della Cee soddisfano in misura sempre più determinante i bisogni di industrializzazione del mondo arabo. Il 51 per cento delle esportazioni Cee consiste in macchinari e materiali da trasporto, il 27 per cento in prodotti manifatturati, 1*11 per cento in semifiniti e chimici, il 10 per cento in prodotti agricoli e alimentari. Ma gli arabi, proprio per bocca dello ambasciatore Ismail Khelil, a Tunisi, nel febbraio del 1977, hanno invitato l'Europa a mettere da parte «i bizantinismi diplomatici e procedurali; è tempo che i Nove assumano le proprie responsabilità e diano un contributo concreto alla soluzione politica della crisi mediorientale». Altrimenti sarebbe vano sperare che la cooperazione economica ed industriale sia in grado di fare progressi. Su questo scottante punto, il convegno di Firenze non potrà non soffermarsi. Non fosse altro perché, nella congiuntura attuale, il problema di fondo della crisi mediorientale, cioè la questione palestinese, è all'ordine del giorno, dopo il congresso di marzo, al Cairo, dell'Olp. E' insomma venuto il momento «di tirare le fila del discorso, sia politico, sia economico». Tutto è intrecciato: dall'aggrovigliato nodo mediorientale si arriva al problema della cooperazione internazionale. Igor Man
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