Freud sul divano

Freud sul divano Tutta scienza la psicanalisi? Freud sul divano Max Schur: « Il caso di Freud. Biografia scritta dal suo medico», Ed. Boringhieri, pag. 472, L. 10.000. Didier Anzieu : « L'autoanalisi di Freud e la scoperta della psicanalisi », 2 voi., Ed. Astrolabio, pag. 380 e 344, L. 12.000. C'è qualcosa di sorprendente nelle vicende attuali della psicanalisi: per lo più essa si presenta, come una fede religiosa o un partito politico, sotto l'aspetto di una coalizione di fazioni. In realtà, essa ha così seguito lo stesso Freud che, sino alla morte, ha sempre terminato nel dissenso i rapporti con coloro che avevano collaborato con lui (Breuer, Jung, Adler, ecc.). Ciò provoca un vivo interesse per la biografìa di quest'uomo geniale, che tuttavia non fu privo di ombre, quali l'autoritarismo e l'inclinazione al risentimento, l'attaccamento ai soldi e una certa indifferenza per la famiglia. Né l'interesse è scemato dopo la grande biografìa del Jones: effetto, da un lato dell'agiografìa e, dall'altro, del pettegolezzo? La questione è assai più seria, perché occuparsi della vita di Freud è anche chiedersi, in primo luogo, che cosa sia la psicanalisi, cioè il tentativo teorico di « inferire o supporre come è costruito l'apparato mentale e quali forze agiscano e controagiscano in esso ». Nessuno pone in dubbio che molte ricerche di Freud siano contributi scientifici: ma è scienza, nel suo complesso, la psicanalisi? Non mancano da più parti le critiche penetranti che negano ciò, proprio per la pretesa della psicanalisi d'essere una spiegazione globale della vita psichica, che si crede in grado di interpretare ogni fatto senza mai correre il rischio di riceverne smentite. Un simile atteggiamento è appunto quello che fa pensare più ad una fede che ad una scienza. Studiare il modo con cui Freud elaborò le proprie idee è quindi una via opportuna per penetrare meglio la natura della psicanalisi. E' quanto fa, in una prospettiva particolare, Max Schur che, come medico generico appassionato tuttavia di psicanalisi, ebbe la ventura di curare l'illustre paziente nei suoi ultimi anni (dal '28 al '39) e di conoscere da vicino l'uomo oltre che lo studioso. Dal '23 Freud soffriva di un cancro alla mascella e in sedici anni subì oltre trenta interventi di varia gravità. Ma le sofferenze crescenti e l'impendere della fine non turbarono mai il suo impegno di lavoro: sino all'ultimo rifiutò analgesici che potessero ottundere la sua vivacità intellettuale. Già nel 1894, tuttavia, Freud s'era trovato minacciato da crisi cardiache e tormentato da altri malanni: da questa situazione nacque la sua amicizia (anche essa poi troncata) con Fliess. Soprattutto dal carteggio tra i due, Schur trae la tesi più suggestiva del suo volume: fu la malattia e il pensiero della morte in quegli anni lontani che favorirono in Freud l'abbandono dei temi psichiatrici tradizionali e l'avvio della riflessione psicanalitica. Dal nuovo impianto di pensiero venne a Freud lo stoicismo dei suoi ultimi anni; e tale impianto nacque sì anche dalle osservazioni cliniche, ma soprattutto dall'autoanalisi che Freud osò sul proprio inconscio. V'è quindi qualcosa di fortemente autobiografico nelle «scoperte» di Freud; il che per i suoi seguaci (come Schur) non ne annulla la neutralità scientifica. Ma è significativo che Schur stesso ammetta che la difficoltà di tradurre Freud è «pa¬ ragonabile a quella di tradurre un testo poetico ». Sulla centralità dell'autoanalisi freudiana per la genesi della psicanalisi insiste del resto anche l'Anzieu in un'opera che, con l'aiuto di altri studiosi, ha condotto con grande minuzia e impegno. Anzieu tiene conto anche del libro postumo di Schur, ma scava più a fondo: con religiosa pazienza rintraccia attraverso tutta l'opera freudiana quelle testimonianze sull'autoanalisi che Freud condusse su sé tra il 1895 e il 1902. Costituire tale inventario, ordinarlo cronologicamente, connetterlo con il lavoro contemporaneo di Freud e cercare di in¬ terpretarlo senza troppo squilibrio tra la « creatività » e l'« obiettività » è dotare gli studiosi d'uno strumento prezioso per la storia della psicanalisi. Ma esso ci aiuta anche a risolvere la disputata questione circa la scientificità di tale disciplina? Di fatto, l'autoanalisi così importante nella formazione di Freud è qualcosa di eccezionale nello sviluppo storico della psicanalisi. L'esperienza di Freud, pur con tutte le concessioni al suo genio, pare irripetibile, perché nella prassi corrente la formazione di uno psicanalista richiede che la sua analisi personale sia condotta da un altro psicanalista già esperto. Le esperienze che di solito chiamiamo scientifiche sono, invece, ripetibili. E lo stesso Anzieu, concludendo la sua fatica, mi pare proponga una immagine di Freud più simile ad un illuminatore di coscienze che ad uno scienziato. Egli si augura che « altri con noi capiscano meglio, ispirandosi al suo atteggiamento, le ripercussioni che in questa fine del XX secolo la crisi mondiale ha sulla natura e sulle forme dell'attività psichica, sulla sensibilità e sull'immaginazione degli uomini, sull'arte di porre in atto le loro risorse e sul modo di trattare la loro patologia ». Freud ci appare, in questa prospettiva, un immaginoso creatore di nuove visioni del mondo. Francesco Barone