Quando c'è la «tentazione totalitaria »

Quando c'è la «tentazione totalitaria » Convegno a Torino sulle "nuove strategie,, dei comunisti Quando c'è la «tentazione totalitaria » Due mesi fa a Madrid l'incontro al vertice degli esponenti dell'eurocomunismo, ieri sera a Torino, con assai minor clamore giornalistico, l'incontro tra tre studiosi e la risposta ideologica e politica alle cosiddette «lusinghe» del nuovo comunismo, vezzeggiato da quella che è stata definita «la molle intellighenzia conformista». Il dibattito, svoltosi al Centro incontri della Cassa di Risparmio di Torino e promosso dal Cidas (Centro italiano documentazione azione studi), è stato condotto da Ricardo Paseyro, poeta e saggista spagnolo, Jean-Francois Revel, giornalista (collaboratore anche de La Stampa) e storico, e Gustavo Selva, direttore del secondo programma della Rai. Esponenti di tre paesi, gli stessi rappresentati a Madrid quando l'eurocomunismo ebbe un suo punto di riferimento storico, anche se, forse, più per l'intenzione di chi lo segui che non per quella degli stessi protagonisti. Revel ha parlato della «tentazione totalitaria», titolo del dibattito ed anche della sua recente pubblicazione, con uno sguardo ideologico e politico, pur senza evitare agganci con avvenimenti e situazioni di attualità, Paseyro ha rispolverato anni della storia spagnola, anni che pesano ancora e quindi condizionano il futuro di questo paese che ha scelto la democrazia. Selva infine, alternando ironia a documentazione giornalistica e storica, si e dedicato al «caso Italia». Ele¬ mento comune a tutti: attenzione alla graduale e «strisciante» presa del potere da parte dei comunisti perché dopo sarebbe troppo tardi; il nuovo volto dei pc europei fa parte più della propaganda, sottile e capillare, che della realtà. Revel, citando più volte il dissidente sovietico Orlov, ha fatto una distinzione di fondo, tra regime totalitario e regime autoritario (vecchie monarchie, dittature di destra, ecc.), partendo da una premessa storicamente pessimistica. Le democrazie oggi sono un'eccezione, non una regola: su circa 150 paesi rappresentati all'Onu solo meno di trenta possono essere definiti democratici. 11 rapporto è più sfavorevole se si analizza il panorama dal punto di vista demografico. Il totalitarismo, «infarto della democrazia», ha il controllo sia del potere politico che di quello economico e chiede a tutti i cittadini (o meglio ex cittadini perché non più soggetti) un ruolo attivo così da creare un monopolio di tutte le attività umane. Il regime autoritario (per esempio Hitler) ha il potere politico ma lascia libero, o quasi, quello economico, e chiede ai cittadini di non fare della politica. Revel ha aggiunto che proprio per questa differenza di fondo è più facile opporsi al secondo che non at primo. Sbaglia il socialismo, dice Revel, quando crede che per il raggiungimento di una certa giustizia sociale si debba asservire il potere eco¬ nomico a quello politico. Questa tentazione totalitaria, ha detto, «oggi è forte nel Terzo Mondo e nei paesi dell'America latina; una tentazione, quella totalitaria, che nasce dal desiderio di superare i difetti della democrazia tradizionale eliminando la separazione tra questi due poteri». Oggi, oltretutto i poteri sono più di tre, come voleva Montesquieu. Revel ha infine ammonito: si può passare dalla democrazia politica a quella economica, non dal socialismo economico alla libertà politica e culturale. «E' storicamente impossibile», ha spiegato, proprio perché la storia ci dice che è cosi. Molto acceso è stato l'intervento di Paseyro. Egli ha avvertito del pericolo che corrono le forze democratiche oggi in Spagna dove c'è «la corsa a sinistra degli opportunisti» (concetto toccato anche da Selva per l'Italia), ed ha ribadito infine il tema centrale del suo intervento: «I comunisti spagnoli non sono cambiati; del resto non si può chiedere alle tigri di essere vegetariane, anche se gli intellettuali europei amano le favole». Selva ha parlato dell'Italia, malata di conformismo e in pericolo «perché nel nostro paese il pei si trova già largamente dentro il potere e questo per alcuni fatti come una legislazione sindacale tra le più permissive (quando all'interno di un'azienda di Stato non si può spostare una segretaria da un ufficio all'altro vuol dire che siamo già alla presa del potere), una cultura a senso unico, un giornalismo spesse volte di regime (il resoconto che un cronista ha fatto della visita di Berlinguer in Friuli dopo il terremoto ricordava la battaglia del grano di Mussolini), un disordine universitario di cui Luciano Lama si accorge solo se ne è personalmente colpito, e così via». Per Selva ci sono tutte le premesse per la prossima partecipazione del pei al governo: «Del resto questo partito è presente anche nella magistratura, nell'esercito e in altri centri chiave». Molti italiani, a parere del giornalista italiano, hanno votato e votano pei anche se non accettano il marxismo-leninismo attratti dal desiderio di maggiore giustizia e facili al conformismo. E la storia non insegna? Le notizie che vengono dall'Urss o dalla Cina non influenzano in qaulche modo? Poco, in verità; di qui il pessimismo di Revel e in parte anche di Selva («una delle abilità del pei» ha detto quest'ultimo, «è quella di utilizzare la storia a brandelli, a seconda dei periodi»). Può la democrazia opporsi alle lusinghe del totalitarismo? Ieri sera a Torino c'è stato una sorta di grido d'allarme, ma nello stesso tempo la speranza nell'Europa. Se si fa il Parlamento europeo i comunisti saranno in minoranza, Bruxelles sarà il loro banco di prova. E' per questo, ha detto Revel, che Marchais vede male l'Europa. Pier Mario Fasanotti