Gli allevatori: ora il latte vale come la "minerale"

Gli allevatori: ora il latte vale come la "minerale"Protesta a Roma contro le importazioni Gli allevatori: ora il latte vale come la "minerale" «La gente è disposta a pagare più cara l'acqua minerale del latte». Quest'amara considerazione di un allevatore, sceso ieri a Roma insieme con qualche migliaio di colleghi, è piena di verità. Trecento lire per una bottiglia di minerale non scandalizzano nessuno, ma quando si tratta d'aumentare il prezzo del latte, tutti insorgono. E' forse l'unica volta che industriali e sindacati sono d'accordo. Può anche essere ingiusto che il consumatore povero debba pagare certi prezzi per un prodotto che, a bimbi e anziani, è indispensabile. Ma allora, bisogna scegliere: o si distribuiscono tessere per acquistare il latte a prezzo minore, o si forniscono all'allevatore, a prezzi bloccati, i mezzi per produrre il latte (mangimi, fertilizzanti, trattori, manodopera, elettricità, eccetera). Produrre latte a costi inferiori a quelli attuali non è possibile. I motivi della manifestazione di ieri a Roma, analoga a quella di sabato scorso a Parma, sono semplici: far pressione sul governo italiano affinché, nelle imminenti trattative in sede Cee (25-26 aprile), punti veramente i piedi e sostenga unito il ministro Marcora, che fa molto, ma spesso viene lasciato solo nelle durissime battaglie comunitarie. Gli allevatori chiedono questo: 1) che l'Italia sia esonerata dalle misure antieccedeniarie proposte dalla Cee (i fa¬ migerati premi per l'abbattimento delle vacche e l'imposizione di una tassa sul latte); 2) che sia autorizzato il contingentamento provvisorio delle importazioni di carne e di latte, in deroga alle disposizioni comunitarie; 3) che siano prese rigorose misure contro le frodi, per impedire che il latte sterile e rigenerato proveniente in gran parte dalla Germania (8 milioni di quintali nel 76) faccia una sleale concorrenza al nostro latte fresco e danneggi i consumatori. Come stanno ora le cose, gli allevatori italiani non riescono più a vendere il loro latte (alcuni industriali non rispettano i contratti stipulati) per la concorrenza della Germania e della Francia, da dove arriva un prodotto meno pregiato con 55-60 lire di premio (per ì montanti compensativi). Gli allevatori non possono continuare a lungo la loro attività in perdita, quindi minacciano di chiudere le stalle. Le cause di fondo della crisi zootecnica risiedono nelle condizioni di organica inferiorità del nostro ambiente naturale per l'allevamento bovino, e non, come alcuni affermano, nell'incapacità dei nostri allevatori a produrre a costi inferiori. I costi di produzione potrebbero, sì, essere ridotti se la maggioranza delle nostre stalle non avesse un numero troppo basso di capi di bestiame; ma non è certo colpa degli allevatori se una classe politica, cieca e incapace, ha considerato l'agricoltura come la cenerentola dell'economia nazionale, alla quale dovevano essere date solo poche briciole. Così come non hanno colpa gli allevatori, ma chi li ha guidati per trent'anni, se le loro vacche partoriscono solo 67 vitelli ogni cento, mentre in Germania ne partoriscono 93. (Ciò significa che annualmente per ogni cento vacche perdiamo 33 vitelli, cioè in complesso oltre 700 mila vitelli). La colpa è di chi non ha fornito alle campagne assistenza tecnica, di chi non ha sviluppato la sperimentazione agricola, di chi preferiva dire: «Importiamo pure carne e latte, tanto ce li paghiamo con l'esportazione delle macchine». Ed ora, avendo dato retta a questi «maghi dell'economia», ci troviamo con le toppe sul sedere. Ogni anno ci arrivano dall'estero — a parte la carne — 8 milioni di ettolitri di latte, 3 milioni di quintali di latte in polvere, mezzo milione di quintali di burro, un milione e mezzo di quintali di formaggi. Come ha scritto recentemente il prof. Paolo Albertario, «siamo, con le produzioni interne, all'intacco dei livelli di guardia. Sarebbe politica nazionale d'irresponsabile autolesionismo e politica comunitaria non certo illuminata, non preoccuparsi di evitare l'ulteriore deterioramento d'una situazione già d'emergenza». A meno che, come scrive il settimanale dell'Associazione allevatori italiani, «forze estranee al settore (agricolo, n.d.r.) ma intimamente collegate con altre categorie d'imprenditori, facciano il possibile, magari attraverso azione ricattatoria nei riguardi d'una certa frangia governativa, per coprire il vero volto del problema e per distrarre gli stessi uomini politici e l'opinione pubblica su questioni di minore importanza». «L'osservatore — conclude L'Allevatore — arriva finanche a pensare che ci siano elementi agganciati alla zootecnia d'oltre frontiera in grado di intimidire coloro i quali dovrebbero tutelare, e non lo fanno, o lo fanno tardivamente, le nostre produzioni zootecniche». Livio Bur&to

Persone citate: Marcora, Paolo Albertario

Luoghi citati: Francia, Germania, Italia, Parma, Roma