Al Ricci Oddi di Angelo Dragone

Al Ricci Oddi MUSEI □ Al Ricci Oddi CHI voglia avere un quadro pressoché completo delle scuole italiane e dei maggiori artisti della fine dell'Ottocento, approfitti d'un passaggio da Piacenza (che con le sue chiese e i tesori d'arte ch'esse racchiudono meriterebbe peraltro una gita apposta) e punti sulla sua Galleria d'arte moderna «Ricci Oddi». Anche se è una delle più giovani raccolte d'arte — essendo stata donata alla città ed aperta al pubblico soltanto nel 1931 — essa può vantare una sua organica struttura. Ben bilanciata tra dipinti e sculture, nonostante le sue zone d'ombra, comprende opere che se non appaiono sempre importanti (ove l'importanza implichi vastità di dimensioni e vistosità di motivi), il più delle volte possono però dirsi significative; anche nella scelta apertura sul Novecento con cui la collezione continuò a crescere dopo la morte del suo fondatore, il «nobil uomo» Giuseppe Ricci Oddi (Piacenza 1868-1937), facendo posto in questi settori più recenti a Boccioni, Spadini e Casorati, a Tosi. Carrà, Carena e Sironi, a Morandi incisore, con Campigli, de Pisis, Soffici, Rosai e de Chirico, sino ai Carlo Levi, Marussig, Saetti, Cassinari e Tabusso. La galleria, accennavo, nacque come raccolta privata e, come si racconta, quasi per caso, quando, nel 1897, il Ricci Oddi, allora ventinovenne, volle «dar colore» alle pareti del «suo» salotto, nell'avito palazzo di via Poggiali, con qualche dipinto dì suo gusto. Ma soltanto a partire dal 1911 (dopo, cioè, gli sporadici acquisti dei primi anni), si può dire che la galleria abbia incominciato a prender forma: proprio quando nella mente del suo fonda¬ tore venne delineandosi il proposito di riunire un'intera documentazione dell'Ottocento italiano, da Hayez in qua. Da allora, il Ricci Oddi, che aveva già fatto le prime prove alla Biennale veneziana dell'anno prima, incominciò a studiare e a viaggiare, per vedere, informarsi, scegliere, di volta in volta appoggiandosi per i suoi acquisti a critici d'arte o ad artisti. Ebbe così, tra l'altro, nel 1911, il primo Michetti e il Rossano; nel '12, Beppe Ciardi, Filippo Palizzi, Cesare Maccari e Sartorio, Morelli e Celentano, mentre avviava trattative per l'acquisto del Roseto di Pellizza da Volpedo; nel '13 fu la volta del Carcano, delle famose Fumatrici d'oppio di Previati, entrate in raccolta insieme a cinque Mancini e al Cremona avuti da un collezionista e mercante milanese dal quale nel 1914 per sole 1400 lire comprò ancora A tozzolo di Avondo, L'arco di Tito (1905) del Delleani, la Testa di donna di Villegas e uno dei quattro Ravier, mentre dalla moglie dello stesso mercante, nel 1920, avrebbe poi acquistato il Ritratto della madre di Boccioni, quando già nel '18 s'era assicurato un cospicuo gruppo di «Fontanesi», ottenuti in gran parte per mezzo del Calderini, Chi voglia ripercorrere le tappe dell'esaltante vicenda di questo collezionista esemplare, nutrito da un'autentica passione per l'arte e la cultura sfociata infine nel dono fatto alla sua città dell'intera collezione che aveva intanto dotato d'una nuova sede appositamente eretta in via San Siro, non ha che da leggersi le ben documentate pagine di Ferdinando Arisi nel volume sulla Galleria d'arte moderna Ricci Oddi, Piacenza (edito dalla R.D.B. nel '68). Angelo Dragone

Luoghi citati: Piacenza, Volpedo