Per la strage di Brescia il p. m. conferma: il più resta ancora in ombra di Giuliano Marchesini

Per la strage di Brescia il p. m. conferma: il più resta ancora in ombra Depositata la requisitoria Per la strage di Brescia il p. m. conferma: il più resta ancora in ombra (Dal nostro inviato speciale) Brescia, 20 aprile. Quasi tre anni di indagini, di ricerche sofferte, tra enormi difficoltà. Con il deposito in cancelleria della requisitoria scritta dal pubblico ministero Francesco Trovato sulla strage di piazza della Loggia, si chiude un periodo angoscioso della vita della giustizia bresciana. Francesco Trovato accusa, per l'eccidio, nove uomini: Ermanno Buzzi, Angelo e Raffaele Papa, Cosimo Giordano, Fernando Ferrari, Arturo Gussago, Marco De Amici, Mauro Ferrari e Andrea Arcai, figlio dell'ex capo dell'ufficio istruzione del tribunale di Brescia. Sono novantanove pagine di requisitoria, in cui il pubblico ministero rievoca e cerca di ricostruire nei particolari la tragedia in cui piombò la città. C'è, in questo fascicolo, un'introduzione già agghiacciante: la descrizione del magistrato della vicenda che condusse alla morte Silvio Ferrari, studente neofascista, dilaniato dalla bomba che stava trasportando sulla motoretta. Il sostituto procuratore della Repubblica chiede che siano chiamati a rispondere di quella morte Ermanno Buzzi e Fernando Ferrari, che non è parente della vittima. Secondo le conclusioni del magistrato inquirente, fu omicidio premeditato: una trappola micidiale, preparata da «camerati» per Silvio Ferrari. Scrive il pubblico ministero che i due imputati consegnarono al ragazzo «col pretesto di fargli commettere un attentato dinamitardo, un ordigno a orologeria, che esplodeva, come predisposto, alle ore 3 circa del 19 maggio 1974, mentre il suddetto si trovava a bordo della propria moto Vespa, usata per il trasporto, dopo che gli era stato falsamente detto che l'ordigno sarebbe esploso alle ore 4 dello stesso giorno». Più avanti, nel dossier, c'è una dichiarazione di Ugo Boriati, supertestimone in questa istruttoria. Si parla di Ermanno Buzzi: «Mi aveva detto: devo fare uno scherzettino ai miei amici comunisti... debbo fare un po' di fumo... questo è l'ultimo colpo che faccio, poi vado in pensione». 28 maggio 1974: la piazza della Loggia è invasa da una marea di lavoratori, ci sono siepi di bandiere ai lati del palco sul quale si avvicendano i rappresentanti sindacali per una vibrata protesta contro la violenza fascista che da giorni sconvolge la città. Uno scoppio tremendo, sotto il porticato, e poi le grida dei manifestanti che cercano soccorso dentro una nuvola nera: «Compagni, compagni!». Le invocazioni si levano in mezzo a un groviglio di corpi. Ricordiamo che poche ore dopo, mentre i getti degli idranti dei vigili del fuoco spazzavano sangue e frammenti dalla piazza della Loggia, un funzionario di polizia disse, con voce incrinata, che le indagini si stavano svolgendo «in ogni direzione». In realtà, l'inchiesta non doveva avere che una direzione, quella rivolta al terrorismo nero Ora, il pubblico ministero Francesco Trovato tira le sue conclusioni. Domanda il rinvio a giudizio di questi nove uomini «per avere, in concorso tra loro e con persone da identificare, compiuto atti tali da porre in pericolo la pubblica incolumità e, precisamente, per avere Angelo Papa, previo accordo con gli altri, agendo Buzzi Ermanno e Ferrari Fernando da organizzatori, istigatori e determinatori, collocato, al fine di ucci dere, l'ordigno indicato al capo precedente in un cestino metallico portarifiuti attaccato a una colonna dei portici che delimitano la piazza suindicata, fronteggianti il palco allestito per gli oratori di una manifestazione antifascista, indetta dal comitato permanente antifascista e dalle segreterie provinciali del sindacato unitario Cgil Cisl UH, che veniva successivamente fatto esplodere da Buzzi Ermanno e da Ferrari Fernando azionando il congegno elettronico, nel corso della manifestazione, cagionando, per effetto della violenza dello scoppio e delle innumerevoli schegge del cestino e di altro materiale, la morte di Banzi Giulia, Bottari Livia, Calzari Clementina, Trebeschi Alberto, Natali Euplo, Talenti Bartolomeo, Pinto Luigi e Zambarda Vittorio». Nei brani necessariamente burocratici della requisitoria, si ripetono i nomi di coloro che hanno perduto la vita in piazza della Loggia. Francesco Trovato, dunque, ritiene che Ermanno Buzzi e Fernando Ferrari siano gli autori materiali della strage. E chiede che gli altri sette siano chiamati a rispondere «per concorso». Il magistrato, infine, si sofferma sulle perizie tecniche, attorno alle quali si sono accese tante dispute. Il pubblico ministero afferma che le prove eseguite dai periti «hanno dimostrato la concreta possibilità di azio¬ nde nare a distanza un dispositivo di innesco di un ordigno esplosivo, posto all'interno del cestino». Il deposito della requisitoria di Francesco Trovato per la strage di piazza della Loggia avviene in un clima ancora greve, carico di contrasti. C'è, tra l'altro, il ricorso della Procura Generale della Repubblica contro l'ordinanza con cui la sezione istruttoria della corte d'appello ha disposto cinque giorni fa la scarcerazione di Andrea Arcai. Brescia lacerata deve anche assistere a conflitti nel campo della magistratura. Intanto, aspetta che l'inchiesta sull'eccidio vada fino in fondo. Il giudice istruttore Domenico Vino deve concludere il suo lavoro entro quindici giorni. In ogni caso, giudicherà soltanto su una parte dei retroscena delle sofferenze di Brescia. Perché la strategia della tensione riesce a conservare attraverso gli anni i suoi maledetti misteri. Lo conferma nella requisitoria il pubblico ministero Trovato, dove scrive: «/ fatti che si sono scoperti erano da lungo tempo a conoscenza di molti, i quali li hanno taciuti per paura o per altro motivo non certo pregevole: molto è stato detto nel corso dell'indagine, ma il più rimane ancora nell'ombra». Giuliano Marchesini

Luoghi citati: Banzi Giulia, Brescia