Due fratelli laureandi in veterinaria e medicina con l'hobby dei sequestri

Due fratelli laureandi in veterinaria e medicina con l'hobby dei sequestri Due fratelli laureandi in veterinaria e medicina con l'hobby dei sequestri Sono Antonio e Giuseppe Calabro - Il primo è finito in carcere, il secondo (ricercato anche per l'omicidio Ceretto) è riuscito a fuggire Le ipotesi diventano certezza. I sequestri Navone, Rosso, Bongiovannl, Costa (a Genova), Ceretto (a Cuorgnè) portano la firma di una stessa organizzazione, il cordone ombelicale che li lega parte dalla Calabria e arriva alla nostra città, attraverso ramificazioni in Liguria e in Lombardia. Vediamole. Tra sabato e domenica, polizia e carabinieri arrestano una decina di persone, quasi tutte originarie di San Luca (Reggio Calabria). Gli Inquirenti arrivano a loro dalle Indàgini sui rapimenti degli imprenditori edili Navone, Rosso e Bongiovannl. Prima sorpresa, nell'alloggio di sei arrestati per 11 caso Navone, vengono ritrovate alcune banconote del riscatto Pietro Costa. Seconda sorpresa: tra I le persone finite in carcere c'è ' Antonio Calabro, 24 anni, universitario fuori corso di veterinaria, fratello di Giuseppe Calabro, 27 anni, detto «il professore» perché studia medicina (è iscritto al quarto anno), ricercato per concorso nel sequestro e nell'omicidio del costruttore edile Mario Ceretto, avvenuto nel maggio '75. Si consulta il fascicolo del «professore», si scopre che nel '74 Giuseppe Calabro fu arrestato con altri sei perché in possesso di una decina di milioni in banconote false. Tra gli spacciatori c'era anche Francesco Giampaolo, 11 quale figura tra i fermati per 1 sequestri Rosso e Bongiovanni. Più 11 cerchio si restringe, in definitiva, e più ci si accorge che 1 fratelli Calabro devono aver avuto un ruolo determinante negli ultimi rapimenti. Altro particolare: dopo la liberazione, l'impresario e vice presidente del Torino, Giuseppe Navone, accennando ad uno dei suoi carcerieri, parlò di una persona colta, linguaggio appropriato, preparato soprattutto in medicina. Era Giuseppe Calabro? Gli inqui¬ renti propendono per il sì. Il «professorino» da venti giorni aveva affittato un alloggio in un residence di via Ormea, dove viveva con un'amica. Nella nostra città non aveva una dimora stabile, andava e veniva dalla Calabria, sapeva di essere braccato. Quando la polizia è riuscita a rintracciare l'alloggio di via Ormea e vi ha fatto irruzione, l'universltario con l'hobby del sequestri era già fuggito. Dev'essere stata una fuga precipitosa, perché nelle stanze ha dimenticato carta d'identità, altri documenti e soldi. Con ogni probabilità, ora è al sicuro nella sua terra di Calabria, generosamente protetto da padrini che «contano». Il fratello Antonio, invece, non ha fatto a tempo a mettersi al sicuro. «Sono venuto a Torino alla line di gennaio — ha raccontato — per assistere al processo di mio fratello Francesco». Al momento dell'arresto in tasca aveva trecentomila lire. «Me le ha date papà per le spese processuali» si è giustificato. Ma tra le banconote ce n'era una del riscatto Costa. «Impossibile» ha detto. Poi, non ha voluto aggiungere altro. Nel clan, Antonio Calabro è considerato un duro. In carcere sta per essere raggiunto da altri « amici » calabresi che operavano in Liguria ed in Lombardia. I loro nomi sono già conosciuti. Giuseppe Calabro