Le Brigate rosse ed i Nap si servono deità mafia per riciclare le banconote sporche dei rapimenti di Vincenzo Tessandori

Le Brigate rosse ed i Nap si servono deità mafia per riciclare le banconote sporche dei rapimenti Pare confermata la collusione tra movimenti eversivi e «'ndrangheta» calabrese Le Brigate rosse ed i Nap si servono deità mafia per riciclare le banconote sporche dei rapimenti Spiega un magistrato: "Ottenere denaro pulito da un riscatto non è facile" • Così si spiega perché i fratelli Calabro, sospettati dei rapimenti Navone, Rosso, Bongiovanni e Ceretto, siano implicati anche in quello dell'armatore Costa, rivendicato, come è noto, dalle Brigate rosse Chi ha rapito Piero Costa? Le Brigate rosse dicono che sono state le Brigate rosse. Redigono un lungo comunicato, definiscono il ratto « tassazione da un miliardo e 500 milioni che si inserisce coerentemente nella linea strategica di esproprio totale dei beni e dei mezzi di produzione rapinati dalla borghesia al proletariato ». Aggiunge 11 documento: « L'operazione Costa ha messo in evidenza la capacità della nostra organizzazione ». Sull'autenticità del volantino gli inquirenti non hanno molti dubbi, anche se dal ministero dell'Interno gli esperti non hanno dato conferme ufficiali. La polizia dice che sospettava « già da tempo », quali rapitori dell'armatore, i fratelli Antonio e Giuseppe Calabro, certamente più legati all'ambiente della « 'ndrangheta » che alle vaste aree politiche. Il mattino del 12 gennaio, quando è rapito Costa, a Genova, uno del sequestratori si lascia osservare abbastanza a lungo da alcuni testimoni per consentire la composizione di un identikit ritenuto « molto somi gitante ». La figura che ne viene fuori « fa pensare subito ad Antonio Calabro ». Inoltre, nell'alloggio torinese di corso Grosseto occupato dal due fratelli, vengono trovati due milioni. Una banconota da 100 mila « sicuramente fa parte del riscatto pagato per la liberazione di Costa ». Le notizie date dal carabinieri sono diverse: le banconote sarebbero tre L'altro denaro farebbe parte del riscatto Rosso. All'appartamento la polizia arrivava seguendo uns pista che doveva portare ai rapitori di Giuseppe Navone. Questo denaro dimostra commi- que che un sequestro indicate i come « politico » in realtà sareb- I be un rapimento a scopo di e-1 storsione utile, prima che a finanziare la lotta armata, ad ar ricchire le avide e ricche cosche calabresi, le organizzazioni di delinquenza comune che imperversano in tutto 11 paese. Difficile stabilire se e fino a che punto i esista collaborazione fra i grup I pi clandestini che praticano la 1 lotta armata e la mafia, la gran- a e è . n l n o de « multinazionale del crtmine » che ha nel rapimenti uno dei rami più sviluppati e redditizi. Dice il sostituto procuratore della Repubblica di Milano, Ferdinando Pomàrici, primo ad aver bloccato i beni della famìglia di un rapito per impedire 11 pagame.-.to del riscatto: « Difficile ipotizzare legami del genere. La mafia è espressione di sottogoverno e di sottopotere, e in questo senso è organizzazione tipicamente di destra. Esattamente quello che le Brigate o i Nap dicono di voler combattere. Non si può tuttavia escludere una collaborazione sotto un profilo esecutivo ». « E' possibile anche che le Brigate rosse, per il riciclaggio, si servano degli stesst canali usati dalla mafia o da altra delinquenza. Ottenere da un riscatto denaro " pulito " non è facile. Io stesso ho accertato, almeno una volta, che rapitori che considero di piccolo cabotaggio non sapevano come far circolare quei soldi. E' possibile che organizzazioni come Nap o Br si trovino in quella situazione ». In passato, quando i controlli sul denaro erano meno attenti, i Nap non sì sono preoccupati di avere fra le mani denaro segnato. Intascarono 70 milioni per 11 riscatto di Antonio Gargiulo e un miliardo per quello dell'industriale del cemento Giuseppe Moccia. Con quel soldi pagarono l'affitto di basi e acquistarono materiale. Quelle banconote vennero poi trovate addosso a molti nappisti dichiarati o presunti; 248 milioni furono via via recuperalt in covi scoperti. A Milano, il 15 aprile, scompare Carlo Saronlo, 26 anni, ricco ingegnere, con spiccate simpatie per la sinistra non ufficiale. Lo ha fatto rapire un suo amico, Carlo Fioroni. Verrà pagato il riscatto: 470 milioni. Il sequestro, ideato dal « professorino » già coinvolto nelle indagini seguite alla morte dell'editore Giangiacomo Feltrinelli, è stato eseguito da delinquenti comuni, molti originari del Bergamasco. L'ostaggio è morto poco dopo il rapimento, Fioroni sarà arrestato in Svizzera, mentre tenta di cambiare 70 milioni. Della banda di balordi facevano parte Rossano Cochls, che verrà arrestato con Vallanzasca, e Carlo Casirati, che, evitate le manette, è ancora latitante. L'inchiesta sarà condotta in un primo momento dal giudice Gianni Caizzl. Fiorano dirà di aver ideato il colpo per « finanziare i gruppi di autonomia operaia ». Pochi gli credono, soprattutto fra 1 militanti della sinistra più radicale, tanto che In carcere il « profes¬ sorino », accusato dagli altri detenuti di aver tradito un amico « non si sente al sicuro ». Per autofinanziarsl, le Brigate rosse il 3 giugno 1975 rapiscono, a Canelli, 'industriae Vittorio Vallarino Gancia. Il sequestro è di breve durata: 18 ore più tardi si concluderà in tragedia, ad Acqui. Nello scontro a fuoco rimarranno uccisi l'appuntato dei carabinieri D'Alfonso e la brigatista « Mara » Cagol. Ma 1 rapi¬ menti da imputarsi al brigatisti, secondo un dossier del carabinieri del 15 maggio 1975, sarebbero stati sette: Alfredo Gerii, milanese, conte benestante. Franco Montali, rappresentante; Egidio Perfetti, « re de] cheving gum »; Angelo Malabarba, Impresario edile e proprietario terriero. Sono 1 nomi di alcune presunte vittime della lotta armata. Del riscatto pagato per la liberazione di Angelo Malabarba vennero trovati 5 milioni in tasca a Nello Pernice, siciliano, uomo d'onore, coinvolto nelle Indagini per 1 sequestri di Pietro Tortelli e Luigi Rossi di Montelera, legato a Luciano Liggio e da molti indicato come suo « erede ». Osserva il giudice istruttore torinese Giancarlo Caselli: «Ogaf le Brigate rosse sono cambiate, rispetto a due anni fa, forse anche soltanto all'anno scorso. Tutte le ipotesi sono possibili. Hanno mutato connotazioni, obiettivi, l collegamenti non sono più gli stesst, anche se è difficile dire in che direzione siano mutate ». Di chi si servano le Brigate rosse per ottenere i mezzi indispensabili alla sovrawivenza di un gruppo clandestino, con esattezza gli inquirenti non lo sanno, anche se da tempo chi segue le indagini ludica legami fra brigatisti e delinquenti comuni. In fin dei conti i fratelli Calabro erano sospettati di aver lasciato San Luca (provincia di Reggio Calabria) per dedicarsi nel ricco Nord ai sequestri di persona a scopo di estorsione. E cosi, seguendo una pista lasciata da delinquenti comuni, sospendati del rapimento di Giuseppe Navona.e la polizia è arrivata a Pleio Costa e alle Brigate rosse. Vincenzo Tessandori Subito dopo il rilascio: Giuseppe Navone (con la moglie), Vittorio Vallarino Gancia e l'armatore genovese Piero Costa

Luoghi citati: Acqui, Canelli, Genova, Milano, Reggio Calabria, Svizzera