Miliardi italiani a Basilea di Vittorio Gorresio
Miliardi italiani a Basilea Taccuino di Vittorio Gorresio Miliardi italiani a Basilea Sono venuti, hanno giocato poco e male, proprio di malavoglia, e sono ripartiti per l'Italia avendo suscitato e raccolto commiserazione. Poveri cari. Parlo dei giocatori di calcio della nazionale italiana B, che a Basilea la scorsa settimana ha fatto una brutta figura di fronte a una squadra svizzera che gli svizzeri stessi considerano « non irresistibile ». E' però vero che pioveva e faceva freddo e che agli atleti mediterranei le intemperie ovviamente fanno più effetto che a quella dura gente delle montagne del Nord, contro la quale i nostri undici si trovavano schierati sul terreno dello stadio di Sankt Jacob. E' un vecchio stadio «costruito vicino al terrapieno della ferrovia, illuminato poco e male », ho letto in un resoconto di parte italiana: e incontenibile me ne è sgorgata la convinzione che anche questo è da contare come attenuante per la misera prestazione dei nostri azzurri: farli giocare in uno stadio vecchio, costruito vicino al terrapieno di una ferrovia, e ad una luce incerta, è una mancanza di riguardo che può riuscire mortificante o avvilente per animi sensibili. Cattivi padroni di casa, gli svìzzeri si sono quindi comportati come se non sapessero con chi avevano a che fare. E invece lo sapevano benissimo. In un resoconto di parte svizzera, firmato da Piergiorgio Baroni sul Corriere del Ticino di giovedì 14 aprile (San Tiburzio o San Valeriano o Santa Liduina o San Lamberto, a scelta, essendo una giornata che si adegua al pluralismo della santità) ho difatti trovato questa specie di ritratto di famiglia della nostra squadra B dipìnto da mano maestra: « Nella partita del St. Jakob, l'Italia ha messo in mostra il campionario di riserva dei pezzi da novanta (valore allibrato 13 miliardi di lire, come dire un piano intero del Kunstmuseum basilese, con Cézanne, Corot, Renoir e mezza scuola francese) soltanto per mezz'ora scarsa durante la ripresa. Quanto bastava, insomma, per non compromettere le quotazioni in vista della campagna acquisti e fare dunque, come si suol dire, il puro indispensabile ». Seguono considerazioni di tecnica calcistica. Avendo l'Italia giocato, in pratica, con due sole punte, non ne poteva scaturire un gioco all'olandese e codesta è materia che non mi arrischio a valutare, non avendone alcuna competenza. Ma quella bilancia dei valori calcolati, quella bilancia che pareggia i suoi piatti con calciatori italiani pezzi da novanta da una parte e dall'altra pittori impressionisti francesi comprati anch'essi per contanti, anche ai non tecnici dello sport — dont je suis, direbbe Gide con l'orgoglio suo sdegnoso — dà un'idea filosofica dell'immenso incommensurabile: cioè di quanto possano essere diverse le campagne acquisti l'una dall'altra. Noi ci compriamo giocatori pezzi da novanta (è da notare come viene buona nel linguaggio calcistico italiano la terminologia mafiosa) e poi li facciamo giocare poco perché non abbiano a sciuparsi: se uno di loro ci tornava azzoppato da Sankt Jakob, ve la sapete immaginare la conseguenza? Mi hanno anzi raccontato che il più furbo di tutti, che si chiama Scirea. aveva marcato visita, come si dice in caserma, accusando una « contrattura muscolare », per risparmiarsi di andare in Svizzera a una partita che non gli interessava. Ci sono operai che mostrano disaffezione per il lavoro in fabbrica: sarà pur giusto che esistano calciatori con disaffezione per il gioco. E' cosa molto più lussuosa, e se la permette chi può. In un resoconto di parte italiana ho letto che nello stadio Sankt Jakob gli spettatori erano più di diecimila, e che « solo il tifo dei lavoratori italiani residenti in Svizzera ha regalato qualche minuto di calore ad una cornice dimessa ». Tutti molto delusi i novemila spettatori, leggo invece in un resoconto di parte svizzera siglato PBA: « Cielo da crepuscolo degli dei, spettatori laconicamente dispersi nei 50 mila posti che potrebbe offrire lo stadio del St. Jakob, atmosfera calcistica da tardo decadentismo: Visconti ne avrebbe fatto un film ». Nemmeno il tifo dei lavoratori italiani avrebbe avuto grandi manifestazioni: « Paradossalmente tiepidi anche gli entusiasmi degli emigranti italiani, che da sempre, su avvenimenti calcistici di questa portata, riversano sentimenti che vanno ben al di là del puro fatto sportivo. La carenza di pubblico è un'ulteriore conferma della scarsa attrattiva di incontri internazionali che non contano niente. Forse sarebbe stato meglio portare la partita in provincia (Aarau. Neuchàtel, Sion, Lugano, perché no?) dove certi fenomeni di saturazione sono meno avvertiti ». Eccoci dunque serviti, e tanto ar.drà che la prossima volta ci faranno giocare non sul terreno di un vecchio stadio male illuminato costruito a ridosso di una scarpata ferroviaria, ma sul Campetto di un ricreatorio parrocchiale o dopolavoro aziendale. Per quello che costano i nostri calciatori meriterebbero certamente di più, ma se badiamo a quello che rendono sono gli svizzeri che hanno ragione: in provincia, in provincia.
Persone citate: Gide, Renoir, Sankt Jacob, Sankt Jakob, Scirea, Visconti
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