Giovanni Giudici, ligure

Giovanni Giudici, ligure Giovanni Giudici, ligure E il veneziano Andrea Zanzotto, poeta per il "Casanova" di Fellini Giovanni Giudici: « Il male dei creditori», Ed. Mondadori, pag. 140, lire 3500. Andrea Zanzotto: « Filò », Edizioni del Ruzante, Ve nezia, pag. 100, lire 2800. Ecco appaiati in libreria i libri di due poeti che hanno l'amabile civetteria di fingersi «minori», ma che «minori» non sono. Il personaggio che si affaccia nella nuova raccolta di Giudici è quello stesso di cui Franco Fortini aveva tracciato un preciso identikit già una decina di anni fa: il letterato di estrazione provinciale tratto a lavorare in una metropoli, in coincidenza con lo sgretolarsi delle vecchie concezioni del mondo, cattoliche o socialiste; lì, intiepidito nella sua laica chiericatura, si rassegna alla condizione di scriba dell'industria, entra ed esce dal pei, si arrovella sulla qualità del suo impegno, e affronta, dopo le inibizioni di una educazione cattolica, «la troppo tardi sopraggiunta libertà della moderna erotica». Un eroe del nostro tempo, insomma: Giudici lo ha seguito, e lo segue oggi, con l'im¬ pasto linguistico che lo distingue, bricolage elaborato di elementi colti, dotti, anche aulici, e di parlato quotidiano, di dialetto e di gergo: con effetti di continua tensione, di divertimento amaro, spesso autoironico, che rendono più affilati gli strumenti dell'analisi, e più perfetta l'è spiazione. Perché di complessi di colpa (non ultimo quello di esercitare un genere rite- nuto di lusso qual è la poesia) lievita l'invenzione narrativa di Giudici. Il collegio, la famiglia, il lavoro: non v'è sistema che non alimenti severi divieti e renda precarie e senza gioia le trasgressioni. E siamo al titolo, a quel «male dei creditori» che sta a significare l'arroganza sopraffattrice di coloro che hanno sempre qualche titolo da riscuotere: magari truffaldino e usurpato. In questa nuova raccolta Giudici privilegia il suo passato remoto, tenta di riandare alle radici profonde del paese (la costa ligure di La Spezia), approfondisce il dialogo col padre: come chi si ritrovi finalmente in possesso di una chiave — che è quella dell'età matura — con cui dare un senso ad avvenimenti lontani, rischiarati dal lampo di una nuova consapevolezza, dall'esperienza della sconfitta. Ma c'è anche l'oggi, nel Male dei creditori, ci sono conti difficili da fare quadrare: «Dò il segnale che resisto / Trasalisco a un diotivede; / Tutte eseguo le istruzioni / Nella strenua ipocrisia: / Ce do sempre ima metà / Perché l'ultima sia mia». Sornione e pungente e straziato anche nei suoi recitativi in apparenza più distesi, giocato su stacchi improvvisi, cesure e dissonanze, il libro ha nella produzione di Giudici un posto simile a quello che Satura ha in Montale. Ed è, in ogni caso, il libro di uno scrittore che per sua e nostra fortuna continua a crescere. Invitato da Fellini a inverare con un dialetto restituito alla sua freschezza inventiva alcuna scene casanoviane (il ripescaggio della polena, fascinosa testa-madre, oscura divinità mediterranea; e il bagno londinese della gigantessa del circo) Andrea Zanzotto ha risposto con una pronta e rabdomantica adesione. Le filastrocche gli son riuscite incantatrici, soffici, cariche di favolose implicazioni, come vuole la libertà associativa della cantilena. Sullo slancio Zanzotto è andato oltre, inanellando un «filò», cioè propriamente uno di quei discorsi aperti, davanti al fuoco, con cui i contadini del suo Veneto riempiono le veglie. In questo suo lungo «filò» si passa dal cinema, mostro ingannatore, al rapporto con il dialetto di casa, con la natura, con la terra. E non è un'operazione da museo. Al contrario: davanti alla sclerosi del linguaggio nazionale, amorfo e «video-burocratico», il dialetto (che è «testa, terra, creta, acqua, pietra, limo») diventa la bussola «per individuare indizi di nuove realtà che premono per uscire». Lungi dall'essere un libretto interlocutorio. Filò sembra aprire ipotesi di forte suggestione nel lavoro di questo imprevedibile maestro di linguaggi. Ernesto Ferrerò C di Fllii Casanova di Fellini

Luoghi citati: La Spezia