Fascisti con Franco

Fascisti con Franco Storie vere della guerra di Spagna Fascisti con Franco John F. Coverdale: « I fascisti italiani alla guerra di Spagna », Editori Laterza, pag. 432, lire 9000. Quanto pesi sulla passata storiografia della guerra civile spagnola il giudizio orientato e condizionato da schemi ideologici appare evidente ogni volta che uno storico qualificato cerca di ricostruire quella vicenda. A cimentarsi è ora l'americano Coverdale, già noto per contributi importanti allo studio degli anni che precedettero la seconda guerra mondiale. L'edizione originale, sotto il titolo Italian Intervention in the Spanish Civil War, pubblicata negli Stati Uniti, è del 1975. Nello spazio tra l'edizione americana e quella italiana, come avverte Renzo De Felice nella sua acuta introduzione, l'autore ha potuto consultare per la prima volta la documentazione dell'«Ufficiò Spagna» creato da Galeazzo Ciano; il genero di Mussolini era succeduto a Fulvio Suvich al ministero degli Esteri, poco più d'un mese prima dello scoppio della guerra civile, il 10 giugno del '36. E' una data importante, perché segna l'irreparabile inizio dell'alleanza con Hitler. La nomina di Ciano agli Affari Esteri fu conseguenza dell'allontanamento di Suvich, notoriamente filoaustrìaco: quattro giorni prima del cambio a Palazzo Chigi, Mussolini aveva avvertito il cancelliere austriaco Schuschnigg che l'Italia fascista abbandonava Vienna al suo destino, cioè alla Germania. E' un episodio appena accennato da Coverdale, che con molti altri serve però a capire quale sia il «taglio» dato all'opera, quale sia la tesi di fondo: l'intervento in Spagna non dev'essere attribuito in primo luogo a ragioni ideologiche (come fece credere la propaganda fascista e come l'antifascismo accettò trovandovi adatto terreno di sfida) ma inquadrato piuttosto nel tentativo mussoliniano di concepire ad ampio raggio, a respiro di « grande potenza » secondo i canoni tradizionali, la politica estera dell'Italia fascista. Conquistato l'impero. Mussolini doveva affermare e consolidare il ruolo dell'Italia come grande potenza mediterranea, anche perché il Mediterraneo era la grande via di comunicazione con i possedimenti coloniali. Alla Germania di Hitler Mussolini concedeva mano libera nell'Europa centrale fino alla porta del Brennero, purché Berlino riconoscesse e avallasse la supremazia italiana nel Mare nostrum, baratto che a Hitler appariva certo molto vantaggioso. Nel Mediterraneo c'era la presenza inglese, ma i rapporti con Londra stavano rapidamente migliorando dopo la rottura per la guerra d'Etiopia e le sanzioni economiche. D'altronde, in quel momento, Londra si sforzava di stabilire buoni rapporti anche con la Germania nazista, a costo di raffreddare Pentente cordiale con la Francia, travagliata dagli anni difficili (e ostici per l'Inghilterra conservatrice) del Fronte popolare. Proprio la Francia costituiva forse per Mussolini la preoccupazione maggiore. Con le sinistre al governo, caratterizzata da forti sentimenti antifascisti (dimostrati anche dall'ospitalità aperta concessa ai fuorusciti italiani) la vicina, inquieta repubblica di Leon Blum aveva stabilito con la giovane repubblica spagnola rapporti privilegiati. La vittoria elettorale del Fronte popolare in Spagna e la ribellione dei generali «nazionalisti» Sanjurjo, Franco e Mola fecero scattare la molla dell'intervento italiano, che tuttavia — sostiene Coverdale, dati alla mano — fu di avvio faticoso. Ecco il sostanziale capovolgimento di tesi anche autorevoli (comprese quelle di protagonisti come Nenni) che hanno finora parlato di «complotto» ordito a Roma fin dall'inizio degli Anni Trenta, d'intesa con conservatori e reazionari di Madrid. Secondo l'autore, nulla prova che l'insurrezione partita dal Marocco spagnolo (Franco) e dalle regioni settentrionali iberiche (Mola), diretta da Sanjurjo in Portogallo, fosse preventivamente a conoscenza di Roma. Mussolini avrebbe avuto all'inizio notizie frammentarie e insicure sull'effettiva consistenza del movimento e soltanto quando si rese conto che esso poteva rovesciare la Repubblica spagnola, avviata ad una fatale più stretta alleanza «per affinità» alla Francia del Fronte popolare, si convinse ad avviare la drammatica spirale degli aiuti ai « nazionalisti ». Mussolini decise anche questa volta da solo, sembra dimostrare Coverdale, nella sua tipica visione della «strategia internazionale», della «geopolitica», che non amava spartire con nessuno. Riaffiora dunque la tesi, peraltro non nuova, dell'Italia fascista dominata dalla personalità di Mussolini, le cui decisioni sono dettate non già da motivazioni ideologiche (che egli stesso avalla per uso interno attraverso gli slogan della propaganda) ma da una concezione della politica estera italiana tra il bonapartista e il metternichiano, di cui il «duce» si ritiene unico interprete. Certo, il sostanziale obiettivo anticomunista che l'autore riconosce alla base dell'azione interna ed estera della politica mussoliniana accompagna passo a passo tutta la vicenda della guerra di Spagna, il cui «racconto», rigorosamente imperniato sulla partecipazione italiana e documentatissìmo, è già di per sé ricco di nuovi spunti oltre le opere fin qui note. Ma l'aver definito un «quadro» non tradizionale in cui collocare in primo luogo l'approccio dell'Italia fascista alla guerra civile spagnola offre indubbiamente un più ampio respiro per capire, meno condizionati da calori ideologici, gli anni cruciali che portarono al tragico 10 giugno 1940. Gianfranco Romanello