Prévert il poeta di Giovanni Bogliolo

Prévert il poeta Oltre la politica e la musica Prévert il poeta Non sempre le ragioni anagrafiche hanno peso su quelle poetiche, ma nel caso di Prévert la divaricazione è addirittura completa: l'esperienza surrealista, quella di animatore teatrale e di sceneggiatore cinematografico, la ricerca figurativa del collage e le tante altre voci della sua lunga milizia culturale descrivono un itinerario esemplare che si conclude oggi nella discrezione della morte, mentre il tempo della sua poesia resta quello di una giovinezza tardivamente recuperata nel fervore del secondo dopoguerra. Come poeta, Prévert ha concluso la sua unica stagione molti anni fa — nel '55 con La pluie et le beau temps o forse addirittura con lo stesso Paroles con cui nel 1946 l'aveva clamorosamente aperta — e se ne sono potuti stilare bilanci meno frettolosi ed encomiastici di quelli che di solito si affidano alle necrologie. Anche troppo ingenerosi, in molti casi, se dietro il disarmante candore dell'espressione si è voluto vedere ad ogni costo un oculato esercizio retorico e insistere sulla limitatezza dei temi e sulla meccanicità dei registri, tentando persino di risolvere la straordinaria ampiezza del suo ascolto popolare in termini di corrività e di opportunismo ideologico. Naturalmente le cose sono più complesse e nella denuncia dei limiti di una voce non bisogna coinvolgere tutte le risonanze del suo timbro: la «facilità», l'immediatezza della poesia prevertiana sono prima di tutto una conquista culturale in cui convergono da un lato, debitamente volgarizzate, la deformazione surrealista dell'immagine e l'irriverenza di un giovanile anarchismo e, dall'altro, lo scon¬ troso sentimentalismo e la pregnanza narrativa dei film di Carnè. Ma l'impasto di ingredienti così disparati risulta sufficientemente omogeneo e duttile; naturalezza del parlato e infrazione verbale, tenerezza e beffa, concretezza e dissociazione onirica trovano un loro inedito e saporoso equilibrio. Il punto di incontro privilegiato di queste diverse istanze linguistiche e affettive è la pronuncia piana dell'inventario, dell'allibita catalogazione delle assurdità e delle delizie del mondo: basta l'irriverente candore del poeta, l'incongruo accostamento di due voci dell'enumerazione, l'inattesa dislocazione di un aggettivo, l'inserimento di un elemento allotrio a far esplodere tutto il potenziale di iniquità e di violenza che la realtà organizzata sapeva celare e a disegnare un universo ideale in cui tutti i simboli del potere sono finalmente annientati dal ridicolo e lasciano spazio all'ottimismo della natura e dell'amore. Inutile insistere sul semplicismo politico di questo jeu de massacra che non va mai oltre la gratificante euforia della canzone di protesta: nella visione manichea di Prévert, fondamentalmente anarchica, l'inferno del ridicolo è riservato ai generali che soccombono al peso delle loro decorazioni, ai vescovi che brandiscono il pastorale come un'arma, agli intellettuali che giocano avventatamente con i fiammiferi, ai politici che inalberano orride e grottesche maschere di cartone, mentre il paradiso della tenerezza è patrimonio del clochard che sviene al ricordo del rumore dell'uovo sodo sullo zinco del bar, del cancre che si burla del professo¬ re, delle vittime di tutte le piccole tragedie quotidiane e degli enlants qui s'aìment. Con la voce ancora risentita e con lo stesso piglio giovanilmente scanzonato con cui aveva pronunciato tutte le parole d'irriverenza, Prévert sa trovare gli accenti della più toccante naturalezza per dire le parole dell'amore, una misura di scontrosa sincerità che un'età ossessionata dal pudore dei sentimenti ha immediatamente riconosciuta come sua. Amori senza storia, sentimenti muti hanno trovato nelle più povere parole una storia e una voce, quasi il coraggio di un'espressione: è questa la conquista più sorprendente del poeta Prévert, ma è soltanto un fugace stato di grazia. Come la furia iconoclasta della satira finisce miseramente nella piccola invenzione verbale o nella bestemmia, così la nuda professione del sentimento scivola insensibilmente nella retorica del populismo sentimentale, nel facile richiamo della canzonetta. C'è dunque più di un motivo per guardare con sospetto allo straordinario successo della poesia di Prévert, ma non si può solo per questo sottovalutare la portata della sua presenza. Che il consenso abbia premiato così generosamente proprio il poeta che ha seguito la strategia di un linguaggio diretto e immediato contro tutte le proposte della grande poesia del Novecento può suggerire valutazioni contrastanti, che non toccano però la sua misura di interprete di una parte cospicua della verità del nostro tempo: come un Béranger del XX secolo, a cui si può solo augurare una posterità meno severa. Giovanni Bogliolo

Persone citate: Carnè