Sogni e amici di Eliade il profeta

Sogni e amici di Eliade il profeta I DIARI-RITRATTI D'UN NOTO STORICO DELLE RELIGIONI Sogni e amici di Eliade il profeta « Leggo gli Extraits d'un Journal di Charles Du Bos, nel giardino del Lussemburgo. Su una panchina, in pieno sole, in un momento di calma approssimativa, ho sentito di colpo l'autunno e Parigi e il miracolo dell'esistenza », scrive Mircea Eliade in una delle prime note del Giornale (Boringhieri, 1976) iniziato nel settembre 1945, subito dopo il suo arrivo — da emigrato — a Parigi. Il non ancora quarantenne autore del Trattato di storia delle religioni e de Lo sciamassimo e le tecniche dell'estasi, non è al suo primo esperimento di diarista. E, pur trovando « avvincente » il « carnet d'atelier, dettato a tempo perso », in cui Du Bos si occupa esclusivamente di « libri, autori, creatori », preferisce un genere di diario diverso. Un tipo di diario che non ha niente in comune nemmeno con quelli di Gide o di Julien Green: e si è lasciato decisamente alle spalle le lunghe introspezioni « di genere Amiel » perseguite nella prima, giovinezza. « Quasi mai, scrive ancora Eliade il 15 dicembre 1946, ho sentito la necessità di "confessarmi" integralmente in una pagina di diario. D'altronde penso che un autoritratto sincero fin nei minimi particolari possa interessare solo se è integrato in una confessione esemplare dotata di un certo senso morale e profetico. Mi sembra che un diario sia più compiuto (come genere letterario) e più istruttivo (sul piano etico, psicologico, storico) se l'autore fissa nello scorrere delle ore certe immagini, situazioni o pensieri; se salva, anche fissandoli, certi frammenti di tempo concreto ». Queste premesse sono man¬ tenute molto rigorosamente nel Giornale che Eliade continuerà sino al 1967: terminando con le prime esperienze da lui fatte (come insegnante di storia della religione, a Chicago) col nuovo tipo dello studente prodotto dallo hippismo per questa disciplina. Lo scrittore non solo non ci impone mai un suo autoritratto, ma le impressioni che egli annota sugli altri — i tanti amici, studiosi, scrittori che incontra — sono libere da ogni preconcetto di «personalità» e di conseguenza le delusioni e dissacrazioni, tutto ciò che è polemica, non trova praticamente posto nel suo diario. Che appunto per questo, pur registrando un cosi gran numero di incontri e notizie, di persone e di libri (per i libri è una miniera di giudizi penetranti e spassionati), non fornisce materia di riflessione psicologica analitica, ma semplicemente umana: nitida, se pure i contorni sfumano nella peculiare tonalità spirituale in cui si riflette la visione dello studioso delle religioni. Ma soprattutto il panorama della cultura europea, dopo la guerra, offerto dal Giornale, risulta tra i più sereni e spaziosi che ci abbia dato un memorialista contemporaneo, i In attesa di una cattedra I a Edimburgo, e dell'uscita in \ Inghilterra del quarto volu-1 me della sua storia della filosofia indiana, il maestro indiano sta scrivendo una storia della letteratura sanscrita di novecento pagine, e una della filosofia occidentale moderna di millecinquecento; ma pubblica, inoltre, un romanzo in bengali, quattromila poesie e un dramma. E talvolta trova anche il tempo di fare visita in sogno: « Arriva in aereo Tucci, seguito da Dasgupta, tutto fiero di avermi avuto come discepolo, e di vedermi diventare celebre». Gli studii di filosofìa orientale avevano allargato, per il giovane Eliade, una visione intimamente, non superficialmente europea, che è pregio istintivo della più autentica cultura romena. Arrivando a Parigi Eliade ha del resto trovato ad accoglierlo la calda e familiare vasta cerchia dell'emigrazione romena (molti vecchi amici, scrittori come Ionesco e Cioran) perfettamente acclimatata, e tuttavia assillata dalla nostalgia. Il carattere degli studii di Eliade, ed il suo prestigio, sono tali da porgli automaticamente la opportunità, che è anche necessità, di diventare francese; pubblicare, e in parte rielaborare, i suoi libri in francese. « Una volta di più, scriverà il 26 giugno 1949, capisco a che punto il lavoro e l'erudizione mi proteggano contro la nostalgia della terra e dell'aria alle quali sono stato strappato ». Il diventare un autore di fama internazionale lascia tuttavia inappagata in lui una esigenza profonda, che si manifesta nel suo persistente bisogno di scrivere un romanzo. Ha scarta¬ to la tentazione di scriverlo in romeno, ma vuole lasciar si « portare dall'immagina- sene per ritrovare come in un sogno quell'epoca paradisiaca della Bucarest della mia giovinezza ». Fonte alternativa di stati di grazia e di delusioni, il romanzo urta a un certo punto, contro una difficoltà insormontabile: i personaggi sono intellettuali e « gli intellettuali si assomigliano tutti ».

Luoghi citati: Bucarest, Chicago, Edimburgo, Inghilterra, Lussemburgo, Parigi