Gli incontri di Arpinò

Gli incontri di Arpinò Ridere sì, ma di cosa? Gli incontri di Arpinò Walter Chiari Ha II polso e la mano sinistra ingessati, fuoriescono le dita gonfie. Deve sorreggere il braccio tenendolo al collo con una cordicella elastica, sul tipo di quelle usate per legar valigie sul tetto dell'auto. Brontola: • Ho sbattuto in una "mini" tedesca. E pensare che la guerra è finita da oltre trent'anni ». E' stanco, la recita all'' Alfieri », le notti insonni per II dolore alle dita fratturate rabbuiano Walter, • vecchio ragazzo • che non ha più alcuna voglia di calarsi nella parte dell'eterno scavezzacollo. Sta combattendo una sorda battaglia con se stesso, il tempo, l'attuale esistenza caotica. Mi la: « La gente arriva a teatro certo volendo ancora ridere. Ma come, perché, di che cosa? Faccio il comico da trent'anni e certi umori li conosco. La gente non può depositare in guardaroba II carico esistenziale che le pesa addosso. So, sento che mi chiede soccorso. So che posso ancora permettermi qualche minima licenza, cioè una barzelletta, uno "sketch", però il discorso deve essere un altro. Vedo e sento che mi tocca aiutare chicchessia, lì seduto al buio, alutarlo a tirar su le grinze del volto, a stendersi prima in una smorfia, poi in un sorriso. Un compito enorme, ecco cos'è diventato questo mestiere ». Siamo amici da infinite stagioni, anche se ci siamo sempre Incontrati a pezzi e bocconi, in treno o nottetempo in qualche osteria. Lo vedo chiuso In una maschera che a qualcuno potrebbe ricordare il ritratto di Dorian Gray. Lo lascio parlare — é il massimo depositario di monologhi — e mi guardo bene dal porgli domande. Da anni non ho voglia di interrogare anima viva, solo di rispondere. E Walter va bene nel suo eloquio rugginoso per via delle corde vocali troppo provate: lui balza dalla politica alla medicina, dai giovani ai criminali, dalla storia con l'iniziale maiuscola allo sport, da se stesso all'oceano di facce che ci circondano e non hanno sguardo. ■ Mi tocca parlare, costruire un discorso teatrale, porgere e stimolare una confessione. Alla fine la gente mi è grata. E non per aver riso L'anno scorso ho avuto contestazioni, stavolta no. Il dolore civile pesa. Cosa fanno le "sinistre"? Hanno seminato ribellismi, ora raccolgono guerriglie. Siamo tutti su una zattera, e come ebbri, ignorando gli insegnamenti dei grandi secoli, senza coraggio, senza capire cosa c'è dietro l'angolo, lo sto con tutti, i ragazzi e i delinquenti, gli uomini politici e gli intellettuali. Gli unici luoghi che non frequento più sono certi salotti romani, mummificati e falsi. Ma immagino che ti debba dire qualcosa di sportivo, no? Che cosa? Mah. Ho fatto tutti gli sport, lo sai, e oggi è tutto cosi finto, cosi programmato, così consumistico. C'è ancora chi si diverte facendo sport? Lo spero. Hai incontrato di recente il nostro amico Glùan Brera? Sono sempre più in disaccordo con lui. Ma sì, gli vogliamo bene, possiamo stare insieme a tavola, però non accetto I suoi discorsi antichi e attuali, il suo "riverismo negativo". Ha preteso che un "cervello" fosse anche un uomo felino, cosa assurda. Che barba con questi suoi parametri brachltlplcl-gallo liguri-razzialcel- tici. E l'abatinismo? Un'invenzione dialettica, niente più. Non mi vanno queste cose, questi esercizi senza rete, belli e inutili. Ma ti rendi conto delle colpe che ha, che ha avuto, certa stampa italiana, sempre deformando, sempre sminuendo o gonfiando? Che razza di popolo, siamo: contenti di nuotare nelle bugie. L'importante, per noi, è autoingannarci ». £' infelice, mi verrebbe voglia di gridare: vieni avanti, Walter. Lui che ha impavidamente riportato In vita la figura dei De Rege forse riderebbe. Invece non ne ho il legato, e non rideremo mal. In teatro riesce a travolgere tutti, secondo un Improbabile co¬ pione che vuol essere bilancio e sorriso, confessione e riscatto, proposta e sfregio sghignazzante. Ha successo, com'è naturale, ma questo stesso successo gli crea gorghi di dubbi. I critici dicono che il ' vecchio ragazzo » non cambia mai. Quanto è cambiato, invece: oggi è uomo che porta in palcoscenico un ghigno che è anche dolore camuffato, un finto sproloquio che si arricciola sulle confusioni della nostra vita quotidiana. Cerca di muovere le dita che escono dal gesso, non ci riesce. Mi sembrerebbe assurdo parlare della sua Milano, del calcio milanese che lo vedeva, In altri anni, allegro spettatore a San Siro (una volta, a furia di parlare prima dì un derby meneghino, mi fece perdere il posto in tribunastampa, dovetti quasi scazzottare un abusivo sedutosi sul mio scranno, da lontano Walter, che lece anche pugilato, mi suggeriva mimando II • gancio » che avrei dovuto infliggere a quell'incauto). Oggi vi è in Chiari un nocciolo nascosto, che bolle e ribolle, forse prepara chissà quale salto mortale. Brontola ancora contro lo sproposito storico e estetico della formula sugli • abatini ». Evidentemente gli è rimasta In gola da dieci anni. Ma io mi sottraggo al ' problema Rlvera », al • problema Milan », a un'ennesima disamina del calcio torinese. Sono cose ormai stabilite, chiare, anche se rispetto gli studi del fratello Giuan, invincibile nel costruire avventurose cosmogonie dello stilnovo pallonaro, a lui lontano. Ricordo a Walter una frase del grande critico Emilio Cecchi. In purissimi accenti toscani lo sentii borbottare passeggiando nel corridoio di casa sua, a Roma, tra I denti: « Che si fa? Che s'inventa? Si peggiora ». « Perché Torino ha ancora una faccia? », stupisce Walter: « Vedo che la possiede. E' rimasta unica. Incredibile. Oddio, devi scrivere di me? Piglia un capitolo della tua "Nuvola d'ira" e sei a posto. Ti basta ricopiarlo ». Se ne va per cercare un sonno forzoso. Distribuisce un sorrìso, un ' ehilà », un saluto, subisce una trafittura per via di qualche pacca disinvolta sulla schiena. Chiamo un tassì, scappo. Non vedo l'ora che venga II giorno della partita (anche la partita è una 'faccia' cittadina: novanta minuti di realtà, forse minima ma autentica tra le tante macerie rimaste). Mi riprometto di telefonare domani a Walter. Voglio sentirlo ridere e non solo doverlstlcamente teso a interpretare ciò che può far ridere gli altri. Giovanni Arpino Walter, il gesso non lo ferma (di F. Bruna)

Persone citate: Brera, De Rege, Dorian Gray, Emilio Cecchi, Giovanni Arpino Walter, Walter Chiari

Luoghi citati: Milano, Roma, Torino