Cercare: nel futuro c'è qualcosa oltre l'atomo di Sandro Doglio

Cercare: nel futuro c'è qualcosa oltre l'atomo DIBATTITO Cercare: nel futuro c'è qualcosa oltre l'atomo L'inchiesta curata da Sandro Doglio sui crescente bisogno di energia e nel modo di farvi fronte in nn Paese come 11 nostro, che non ha petrolio e che spende migliala di miliardi di lire per comprarlo all'estero, ha posto in evidenza 11 problema delle centrali nucleari, volute per ragioni economiche e di sviluppo, osteggiate per motivi ecologici e di sicurezza. Su questo « problema nucleare » apriamo un dibattito. Gli articoli di Sandro Doglio c in particolare l'intervista al presidente dell'Enel, Angelini, invitano ad approfondire il dibattito sul tema delle centrali elettronuclcari ogni giorno più scottante. L'opposizione è divenuta così forte, a quanto sembra, da paralizzare il governo che teme di prendere decisioni impopolari. Ammesso che questa sia la situazione, c'è da domandarsi: come mai sparuti gruppi di ecologi riescono a prevalere sul potere politico, sull'Enel, sul potere economico? La decisione del presidente Carter di sospendere l'uso del plutonio nelle centrali americane non è forse una conferma dei timori per un futuro impostato sull'atomo con probabile proliferazione incontrollata delle più tremende armi distruttive? I movimenti antinucleari si sono moltiplicati e irrobustiti, in America e in Europa, a partire dal 1973, quando fu varato il piano dell'Enel. In Italia si tentò di ignorarli e ridicolizzarli, spargendo soltanto informazioni rosee e rassicuranti. Nel 1974 il ministro della Ricerca scientifica, Pedini, disse: « Eravamo riusciti a convincere gli italiani della innocuità delle centrali atomiche ed ora proprio dati America arrivano voci contrarie. Non devono diffondersi, gli italiani sono troppo emotivi». A questo punto il lettore capirà perché io mi batto per la pienezza dell'informazione in materia nucleare. I movimenti di opposizione si sono rafforzati proprio come effetto del tentativo di coprire i « contro » e far conoscere soltanto i « prò », imponendo le centrali in modo autoritario. Si potrebbe dire tutto alle popolazioni interessate, se è vero che oggi è possibile costruire centrali di tipo provato molto sicure. Prima di accettare l'insediamento di una centrale i residenti della zona hanno diritto di sapere come funziona, quali sono i sistemi di sicurezza, quali garanzie vengono offerte. Quale è il livello di irradiazione accettabile in condizioni di normale funzionamento? Come controllarne la veridicità e come verificare pubblicamente la sua osservanza? Le centrali atomiche progettate in Italia sono di due tipi: con reattore ad acqua pressurizzata (PWR, licenza Westinghouse) e con reattore ad acqua bollente (BWR licenza General Electric). Nel primo tipo l'acqua scaldata dal reattore, perciò radioattiva, è chiusa in un circuito che scalda a sua volta l'acqua destinata alle turbine. Nel tipo BWR l'acqua scaldata dal reattore va direttamente alle turbine. La sicurezza del PWR è minore nel caso di guasti banali, come la rottura di una guarnizione? Le centrali progettate in Italia sarebbero dotate di molteplici sistemi di sicurezza per trattenere possibili fughe di vapori e gas radioattivi, di acqua di raffreddamento divenuta radioattiva in seguito a un incidente? A Wurgassen 1050 tonnellate di acqua radioattiva sono finite nel fiume Weser. Anche se una centrale atomica è di tipo provato, scarica acqua di raffreddamento nei fiumi o nel mare. 11 problema è stato minimizzato. In realtà è gravissimo. La differenza di temperatura è di 10 gradi al ritmo di 50-60 metri cubi secondo per una centrale da mille Mw. Secondo le norme italiane non dovrebbe superare i tre gradi (circolare n. 105 del ministero della Sanità). Le norme americane sono più severe: differenza non superiore a 2,8 gradi, ridotta a 0,8 per gli scarichi in mare nei mesi estivi. Gli effetti dell'inquinamento termico, che si possono estendere per molte decine di chilometri (A. Antonelli, del Cncn, al Convegno di Firenze su regione e ambiente) sono massicci: la richiesta di ossigeno raddoppia, si diffonde l'eutrofizzazione, i germi patogeni trovano un ambiente ideale, scompare o diminuisce lo zooplancton con effetti a catena sull'ecosistema marino, i pesci metabolizzano doppia quantità di prodotti tossici trasferendoli all'uomo attraverso la catena alimentare, le uova dei pesci si dischiudono d'inverno (ricerche americane a Biscayne Bay, svedesi dell'Università di Uppsala condotte in Germania dal prof. Karl HólI). E' possibile evitare l'inquinamento termico ricorrendo alle « torri di raffreddamento » preferibilmente quelle secche a tiraggio forzato, ma i costi aumentano ancora. Sinora i progetti italiani sono stati impostati sullo scarico diretto di acqua calda nel Po e nel mare È' comprensibile che le popolazioni romagnole, già avvertite dal fenomeno delle alghe rosse, siano insorte alle prime voci di due centrali alla foce del Reno. E' altrettanto comprensibile che all'opposizione della gente di Montulto di Castro e dell'Argentario, segua quella degli abitanti dell'Elba, della costa orientale della Corsica, del litorale toscano, se le due centrali della Maremma vengono dirottate all'isola di Pianosa, come si dice. Veniamo così alla scelta dei « siti » o più chiaramente delle località. La legge 393, del 2 agosto 1975, fatta su misura per scavalcare le autorità locali è in pratica fallita. Secondo quella legge il Cipe approva i programmi dell'Enel (il testo non dice « esamina » dice soltanto « approva »). Se le Regioni indiziate rifiutano o tacciono, interviene d'autorità il ministro dell'Industria. La località è scelta dal Cine anche contro il piano regolatore comunale e la costruzione può avvenire senza licenza. Passiamo alle alternative. Energia geotermica: è vero che i campi di Travale e dintorni, in Toscana, potrebbero alimentare una centrale da mille Mw, con risparmio di un milione e mezzo di tonnellate di petrolio l'anno, adottando le stime dello stesso presidente dell'Enel? E il vapore prodotto iniettando acqua nelle rocce calde del sottosuolo? Energia solare: è utilizzabile subito in misura ben più significativa di quanto dica il prof. Angelini. Saprà benissimo che il solo riscaldamento con pannelli solari ci farebbe risparmiare qualche milione di tonnellate di petrolio l'anno. Lo stesso Angelini aveva riconosciuto che per comunità isolate persino i mulini a vento possono dare elettricità (con sistemi di accumulazione) a costi competitivi. Quanto al carbone Angelini ripete: « Inquina e dobbiamo importarlo ». E' vero o no che altri Paesi hanno messo a punto sistemi per bruciare il carbone trattenendo lo zolfo e per utilizzare le ceneri anziché gettarle in mare? Dovremmo importarlo: ma altrettanto vale per l'uranio. In Italia abbiamo il solo giacimento di Novazza, in Valseriana, sufficiente per dieci anni a una centrale da mille Mw. Dipenderemo dall'Unione Sovietica e dagli Stati Uniti, mentre per il carbone potremmo scegliere fra decine di Paesi con sistemi politici diversi. Il carbone basterà per cinquecento anni, l'uranio comincerà a scarseggiare in Europa nel 1980, in tutto il mondo durerà poco più di vent'anni (stime dell'Onu). Intanto le multinazionali del petrolio stanno invadendo il campo dell'uranio. La « Exxon Nuclear » ha dal 1971 l'accesso alle tecnologie americane coperte dal segreto (vedi Informazioni Esso n. 20). La sua affiliata con sede a Bruxelles si prepara a produrre combustibile nucleare in Germania. Unica via d'uscita, ci dicono, sarebbero i reattori veloci autofertilizzanti, su cui l'Italia punta le carte del futuro trascurando la sollevazione di centinaia di scienziati americani ed europei contro la civiltà del plutonio, carica di tremendi rischi. Il rapporto presentato al Parlamento britannico dalla Royal Commission presieduta da Brian Flowers (membro del Consiglio dell'Autorità per l'energia atomica nel Regno Unito) dice testualmente al punto 50: «Non dovrebbe essere deciso un programma di reattori veloci finché il problema non sarà soppesato alla luce di un largo dibattito pubblico». Il blocco della corsa al plutonio, che Carter proporrà agli alleati dell'America, dovrebbe pur di¬ re qualcosa ai nostri politici, ai loro tecnici, all'Enel che conta tanto sui reattori veloci. Due parole, infine, sul rapporto esistente fra disponibilità di energia e sviluppo economico. Quale sviluppo? E' bene sapere che le ferrovie consumano soltanto il tre per cento dell'elettricità prodotta in Italia. II quaranta per cento sta alle industrie di base. Dobbiamo costruire venti centrali atomiche per alimentare il tanto discusso centro siderurgico di Gioia Tauro, per incrementare la petrol chimica che inquina e sforna prodotti nocivi e senza mercato come quelli che hanno messo in crisi la Montefibre e i nuovi stabilimenti di Oltana, in Sardegna? E' evidente che la crisi energetica si intreccia con quella industriale e con quella ecologica, imponendo il discorso del cosiddetto nuovo modello di sviluppo. Per tornare alle centrali atomiche discusse, ammettendo che alcune siano necessarie e accettabili, mi sembra pieno di saggezza un altro punto del rapporto Flowers, il 45: « L'abbandono dell'energia tratta dalla fissione nucleare non sarebbe giustificato. Ma un maggiore affidamento alla fissione nucleare e all'economia del plutonio dovrebbe essere ritardato il più possibile ». Nel futuro c'è qualcosa oltre all'atomo, dobbiamo aprire gli occhi. Mario Fazio