Sono troppi 40 mila docenti universitari di Francesco Forte

Sono troppi 40 mila docenti universitari Dibattito sulla riforma: Forte Sono troppi 40 mila docenti universitari 11 progetto di riforma universitaria ha un solo elemento positivo: cioè la creazione dei dipartimenti, attraverso cui si potrà meglio specializzare e anche coordinare l'attività didattica e di ricerca nei vari gruppi di discipline omogenee, indipendentemente dalle facoltà e dai corsi di laurea ove sono insegnate. E' per noi una innovazione ma anche un istituto da tempo esistente nei paesi esteri più evoluti. Quanto si aspetta per attuarlo? Intanto, si mette il carro innanzi ai buoi. Così si è stabilita, negli accordi sindacali fra governo e rappresentanti del personale universitario, una serie di impegni, che non riflettono l'analisi delle necessità, quali potrebbero emergere, una volta creati i dipartimenti. La riforma universitaria viene essenzialmente concepita come un fatto corporativo, per sistemare un numero molto grande di docenti e ricercatori. Secondo la «riforma» ci sarebbero due gradini di docenti: ordinari e associati. Vi è poi un terzo ^<sottogradino» (o gradino del sottoscala) costituito da coloro che lavorano per il dottorato di ricerca e, perciò, riceveranno uno stipendio mensile dallo Stato (ma, visto che saranno pagati, perché non utilizzarli come «assistenti»?). I professori ordina, ri, che attualmente sono 5800, verrebbero aumentati di ben altre 5 mila unità, da far entrare in organico, a quanto pare, nel prossimo quinquennio. L'organico dei professori associati verrebbe fissato, mi sembra di capire in 27-28 mila unità. E i poeti a concorso sarebbero 9 mila nel triennio. Ma in materia gli accordi sindacali non sono del tutto chiari. Che concorsi saranno? Strana idea che, per un servizio pubblico, i progetti che il governo presenta al Parlamento siano discussi con il sindacato di coloro che prestano tale servizio, anziché con le grandi centrali sindacali nazionali, che sono espressione della forza lavoro che da tale servizio dovrebbe essere addestrata, e con i rappresentanti degli studenti, che ne sono i soggetti immediati. Utile sarebbe pure una rappresentanza dei genitori, che per tali figli sopportano tasse, spese, patemi e illusioni di vario genere: ma sino ad ora non esistono istituzioni di questa natura. Il quesito relativo ai concorsi, cioè come saranno, non è di poco conto. Si tratta intanto di sapere se i posti di associato che si daranno a chi già occupa quello di assistente ordinario (18.500 unità circa o professore incaricato stabilizzato (2 mila unità) e non stabilizzato (3 mila unità, forse, escludendo co¬ loro che sono già assistenti ordìnari) con o senza libera docenza, saranno per esami o per soli titoli. Si tratta anche di sapere come saranno scelti i 5 mila nuovi professori ordinari. Non sto qui ad affermare che sia bene procedere con il curioso (o meglio grottesco) sistema dei concorsi fiume, con sorteggio dei membri delle commissioni, che è stato attuato l'ultima volta, per cui la cattedra andò a chi ebbe la fortuna che i professori amici fossero estratti a sorte in numero di tre su cinque in una qualche commissione (una specie di roulette accademica). E' probabile che si adottino altre regole più sensate. Comunque, va rilevato che se si sistemasse tutta la fiumana degli attuali contrattisti, assegnisti, incaricati non stabilizzati, assistenti, ecc. nei ruoli dei professori associati, e gran parte degli attuali incaricati, con analoghi criteri, fra i professori ordinari avremmo un corpo docente di 40 mila unità, costituito senza nessun riguardo all'entità e composizione della domanda di istruzione superiore e tale da precludere per molti anni ai più giovani, quelli che si laureano adesso, la prospettiva di insegnare nelle Università. Io ritengo che sia giusto offrire una sistemazione a chi ha già lavorato nelle Università. Ma ci sono tanti organi pubblici, che difettano di personale tecnico, in cui molto di questo personale potrebbe essere utilmente immesso. Servono poi tutti quei quarantamila docenti di ruolo ossia, il doppio degli attuali di ruolo e incaricati? Secondo il testo concordato con i sindacati del personale universitario, ogni docen- te dovrebbe svolgere un orario di almeno dodici ore settimanali. Ne deduco che almeno la metà dovrebbero essere lezioni. E in realtà, un normale docente può svolgere senza fatica sei ore di lezione la settimana, soprattutto considerando tutte le feste del calendario accademico. 1 professori ordinari un tempo le facevano; poi è stato loro vietato di fare due corsi, per lasciar posto ad altri docenti: il che apparve «equo», in quanto anti baronale, ma ha comportato un aumento di personale e una riduzione dell'utilizzo di quello che vi era già. Se ogni docente farà due corsi, avremo dunque 80 mila corsi l'anno. Immaginando che ogni studente ne abbia 6-7 di media, si tratta di 12 mila «classi» annuali complete. Poiché gli studenti iscritti all'Università sono 730 mila, si tratterebbe di classi di 60 studenti cadauna. Considerando però che circa la metà degli studenti non frequenta, né desidera frequentare, perché si tratta di «posizioni giuridiche» (gente che si iscrive all'Università per rinviare il servizio militare o che fa l'iscrizione mentre lavora, per mantenere un aggancio con la speranza di studiare ancora, ma non conserva tale legame, ecc.), arriviamo a classi di 30 studenti «teorici». Ma è in queste condizioni la massa degli studenti lavoratori salvo nella ipotesi che si facessero corsi serali dalle 19 alle 22? Con un tasso di assenze del 15 per cento, le classi teoriche si riducono a 25 presenti «potenziali». Si è calcolato che cosa costerebbe questo faraonico sistema di istruzione, che trasferisce alla università di massa concetti oxfordiani? E si è calcolato come dovrebbero distribuirsi i docenti diurni e serali, per attuare queste classi? Siamo certi che collimino, per regioni, e per dipartimenti (assumendo che ciascuno possa convertirsi a materie diverse, nello stesso ambito dipartimentale) con l'offerta che si va a creare? Ma c'è un'ultima fondamentale questione. Le abbiamo tutte le aule per questi docenti? E visto che a ciascun docente si richiede di essere nell'università per quattro giorni la settimana, ci sono le ventimila stanze per accoglierli. E poi, che cosa metteremo in queste stanze? Avremo le macchine da scrivere e da calcolo, il personale ausiliario, eccetera per un simile esercito di docenti ricercatori? Si tratta di 40 mila persone che consumerebbero servizi accademici (libri, fotocopie, computers, telefono, ecc.). Mi domando se l'Italia si possa permettere tutto questo. Francesco Forte

Luoghi citati: Italia