Latino in fuga di Guido Ceronetti

Latino in fuga ELOGIO DELLA GRAMMATICA Latino in fuga Vedendolo così povero, ormai, di capelli, a nessuno poteva venire il sospetto che il latino insegnato nascondesse un Sansone. Ma non è sansonico tirarsi dietro, nel momento di sparire, l'intera istituzione scolastica? Il latino sparisce in un diluviare di crolli. Mi arrivano i tonfi, i fragori lontani, nella casa esilmente protetta dal mago Marone. 11 latino-grammatica, grande scheletro puro, è disintegrato. Però formidabile scheletro, sostegno occulto di una vacua ras publica. Era essenza grammaticale, Ipergrammatica, fiore ferrato del grammaticalesimo, questo latino delle scuole, un'epopea mortificata, creazione non umana ma di strati di humanilates, lingua di vetro, ipotesi di modello, statua di cera, l'extra muros della Vita, l'invisibile rete di un rito; era la fuga dal pratico, irreale come il suo tenero e misterioso congiuntivo. Aggredita fanaticamente dalla sega elettrica e dalla clava primitiva del praticismo e del vitalismo, la Grammatica Latina cede, si frantuma, ed ecco insieme al glande osso frantumarsi quel che gli era attaccato, la pellescuola, il mantello-Stato. Scheletri di ricambio, di misura e di forza adeguata, le ditte ugualitarie non ne hanno forniti. Quel colmo delle Grammatiche era il supporto dell'educazione formale della mente, dava accesso a un cosmo, a un limitato ordine universale di forme, a una patria ideale garantita da governi illuminati, silenziosi e invariabili. Praticismo e vitalismo dicono che è antivita, che quell'ordine è insolente, che quelle forme ci deformano, che bisogna finirla; perciò la sega e la clava. Vincono. L'antivita è squartata, appesa ai ganci: eppure nelle aule liberate le aure frescobalde non spirano. Il vitalismo carica a fondo, lorda e sfonda tutto; il praticismo impone bivacchi di automi intorno a un rogo, a una forca. A quella elementare proiezione della Regola, del Ritmo, della Forma, subentrano astrazioni brutali, la miasmatica barbarie dell'informe, il panico della regola perduta, l'orrore del centro introvabile. C'è più dolcezza in tutto questo? C'è più giustizia? Gli schemi attuali denunciano subito l'ingiusto ma, per capire, servono quanto una dentiera nuova a un moribondo. Certo, era cosi: la Grammatica Latina separava i pochi dai molti, i pochi ingrammaticati, padroni delle regole, avrebbero trasmesso la forma ai molti, dato la lezione, commentato il testo, curato le ferite del Caos, specificato il Bene e il Male, diviso lo spirituale dal carnale, trattato tutti i trattabili. Per forza: chi possiede un'idea della forma, guida gli altri, anche se è semicieco (i grammaticati potevano, a volte, essere ciechissimi) perché la Grammatica, o un altro figlio della forma, conferisce una specie di magica investitura, di autorità meccanica. La confusione è superiore a qualsiasi ordine castale? La confusione affascina, lo so; ma degrada la convivenza, l'abbassa a delirio. Le figure grammaticali, le architetture sintattiche, le reggenti e le subordinate, il mondo rigido dei casi dove il casuale si perde nelle lontananze del fabulare umano, gli incastri temporali e modali si oppongono duramente al tumultuoso, al malfermo, allo sfuggente, all'illegittimo, perché il loro aggregato è concepito come una mappa razionale immutabile delle relazioni umane e della realtà fisica, un metodo chiaro per giudicare, orientare, districare, fermare. La Grammatica Latina è il potere della regola artificiale, e tuttavia né annienta la vita né distrugge l'immaginazione. Quel che reprime è solo quel che è da reprimere perché la vita e l'immaginazione siano tollerabili e possibili. Oltre questo limite è già bava di confusione. La Grammatica Latina, spento il caos, accende l'arco, inventa l'occidente, fa per un momento la musica signora del rumore e del silenzio. I secoli più musicali sono anche i più latineggiami, i più stretti nel pugno grammatical-latino. Spinoza impara il latino per dare al suo Oriente un termine occidentale. Nella lotta all'autorità ecclesiastica e al dogma vince, sul latino impuro della Chiesa e degli inquisitori, il latino dei classicisti, dei filologi, dei filosofi. Il latino ecclesiastico è molto più naturale, è un figlio del tempo; il latino umanistico è artificioso: eppure il principio della libertà è vivo nella sua finzione. Classico come asilo, cerchio di fuoco che tiene lontane le iene, piolo antivampiro, talismano, interno di Vermeer. « Là toni n'est qu'ordre et beante », la paura fuori latra. La biblioteca di Montaigne, tappezzata di scritte in latino, naviga salva tra gli ululati e le stragi delle guerre di religione. Contro il diritto dato al delitto (iusque datum sceleri) la Grammatica Latina fa muro: non c'è la concordanza, c'è un'anomalia inammissibile, Non può dare ragione alla for-1 za, perché la forza è priva di forma; non può straripare dal letto del diritto, perché lo straripare è malvisto nelle sue coniugazioni. Ammette però con illuminata tolleranza un grande numero di eccezioni, il segreto della varietà e del respiro. La Grammatica Latina reggeva l'Università. Non l'americana o la marziana: la nostra. Adesso Sansone li ha seppelliti tutti, antigrammatici e ultimi grammatici. Il liceo autogestito è vecchio latino decomposto, la premessa confusa dello squallore totalitario. Morto il latino, arriva il poliziotto a vigilare le macerie, il sindacato fa l'inventario di quel che resta per le sue manie di collezionista, rettori e docenti vagano nudi, senza la foglia di fico delle declinazioni. Sunt aliquid Manes: i Mani inferociti del latino guidano le bande dei lordatori e dei fracassatori di beni pubblici — Unni, Mongoli, Tartari, cavalieri e orde senza latino — e non c'è la Forma che chiuda i cancelli, che respinga la brutalità con una parola piena di spade. In queste condizioni, ritirarsi è opportuno. Le posizioni superstiti delle lingue classiche nelle superiori, tra i furori di una scuola sempre più miserabilmente ugualitaria, mi sembrano bersagli facili ai tiri degli scimmioni. Tagliamo. Sebbene impartito da strateghi di sperimentata imbecillità, l'ordine di ritirata totale dalla scuola inferiore è provvidenziale per la dignità del latino: in quelle condizioni era un condannato al pillory, girato a morte dalla folla come il cocchiere Read. E sprofondi pure del tutto, insieme al vendicativo latino che la fa ballare dall'oltretomba, la facoltà umanistica. Il latino deve emigrare per vivere. Chi ha le conoscenze adatte (se le avessi, vorrei fare da battistrada) e l'amore necessario — lontano dalla scuola pubblica liberticida e sporca — apra scuola in casa propria, o nelle vicinanze di qualche albero. Se due o tre proprietari di conoscenze diverse si alleano per trasmetterle rigorosamente, può già nascere una scuoletta separata e alternativa eccellente. Affittate una mansarda, mettete un cartello sulla via: Al settimo piano Scuola di Latino. Numero massimo di allievi: dieci. Ogni allievo paga per l'affitto del locale e per mantenere il professore. (La gioia paga: se anche riceverà meno che dallo Stato, sarà sempre ben pagato). Niente diplomi assassini, niente parificazioni vigliacche, niente partiti, niente confessioni. Pura trasmissione di conoscenza, da bocca a orecchio. Il privatismo assoluto, la gelosa grata da cui la luce filtra, et quasi cursores vitai lampada tradunt: l'avvenire delle scuole è nella separazione e nella clandestinità. Solo allievi tra gli undici e ì quindici anni, desiderosi di sapere disinteressato. E' inutile sforzarsi di riformare chi è già guastato. Grammatica e testi, passione lessicale, confronto fra testi e vita, conversazioni in latino, sogno etimologico, pane e olio, spremute d'uva. Ripetizioni esicastiche di versi e pensieri, concentrarsi lento sulla parola e la sua potenza. Il latino come grande latte, fiume di latte, non lingua morta di Roma. Roma non è il latino, come l'Inghilterra non è l'America, e il romanismo totalitario è stato una fiesta de los muertos vista da Eisenstein. Il problema unico è di cielo vero, cielo nascosto dare. Salvare dalla città, invece di scaraventargli in briciole, i ragazzini legati alla bocca del cannone pubblico. Non è di posti che hanno fame! E' di anima, di verità, di illuminazione. Ogni scuoletta dovrà avere locali di rifugio, segreti, essere pronta a sopravvivere velata, perché anche questo tempo verrà. Perché darsi tanta pena per la scuola pubblica? Non ha più nerbo, la prognosi è infausta, partiamo. Bisogna imparare a resistere, in tanti, all'obbligo scolastico, specialmente dopo la primaria: che cos'è quest'obbligo di frequentare un letamaio? Non diamogli i figli. Al mattino, latino nelle mansarde; al pomeriggio, in fondo al cortile, lezio ne di mestiere; alla sera, matematica e medicina in qualche officina smantellata. Latino e agricoltura biologica, latino e musica, latino e disegno, latino e agopuntura: sono soldi spesi bene. Il latino a pochi, ma un mestiere a tutti. Pagate un dotto di mani perché glielo insegni, a questi infelici bambini, maschi e femmine, che le loro mani imparino a tirare su un muro, a riparare un violino e una conduttura, a medicare un'ustione, a curare una vigna, un alveare, un ulivo. Il latino per liberarli dal caos, un mestiere per farsi una casa sopra l'abisso. Dategli sogni e un mestiere o sopprimeteli, gettateli nei fiumi, come suggeriva Hoelderlin, arpa sublime. Guido Ceronetti

Persone citate: Grammatica Latino, Hoelderlin, Manes, Read, Sansone, Spinoza, Tartari, Vermeer

Luoghi citati: America, Inghilterra, Latina, Roma