Testimonianze su Gramsci di Ferdinando Vegas

Testimonianze su Gramsci Nel fervore di studi a quarant'anni dalla morte Testimonianze su Gramsci «Gramsci vivo nelle testimonianze dei suoi contemporanei», a cura di Mimma Paulesu Quercioli, Ed. Feltrinelli, pag. XVI242, lire 4500. Giuseppe Tamburrano, « Antonio Gramsci », Ed. SugarCo, pag. 337, lire 4500. Nel getto incessante di pubblicazioni — libri, saggi, articoli — sollecitate dalla ricorrenza dell'ut anno gramsciano » (quarantennale della morte, 27 aprile 1937) un posto del tutto particolare spetta indubbiamente a questo Gramsci vìvo, frutto d'una lunga, amorosa ed intelligente fatica della nipote di Gramsci stesso, figlia della prediletta sorella minore Teresina. Ripercorrendo le tappe della vita di Gramsci, dalla natia Sardegna alla Torino dei consigli operai e dell'Ordine Nuovo, a Roma e Milano ed infine alle prigioni fasciste, la Paulesu ha raccolto quaranta voci (letteralmente, poiché si tratta di interviste registrate e qui trascritte) che mantengono pienamente la promessa del titolo, cioè ci presentano Gramsci nella sua vivente umanità, tanto ricca e profonda eppure tanto a normale misura, appunto, umana. Il primo e massimo merito del libro sta proprio nel restituirci questo Gramsci concreto, attraverso le testimoniarne di persone e personalità le più disparate: da politici della taglia d'un Longo, d'un Pertini, d'un Basso a chi sarebbe poi divenuto un grande dirigente industriale. Vittorio De Biasi, a figure ormai storiche del comunismo italiano, quali Terracini e la Ravera, a semplici militanti, gli operai di Torino o i compagni di carcere a Turi. Mettendo insieme le tessere di questo straordinario mosaico ecco dunque comporsi la figura di Gramsci: « Un uomo affabile, molto cortese con tutti, molto paziente », come lo ricorda Carlo Boccardo, operaio torinese, che subito aggiunge: « Esigente sì, ma sotto un punto di vista morale: sul modo di lavorare, sul modo di presentare un lavoro, sull'impegno e la serietà nel fare le cose, ma allo stesso tempo comprensivo con quelli che non riuscivano, malgrado la buona volontà». Educatore, maestro: questo era nella sua più intima essenza, per riconoscimento unanime, Gramsci. « Un maestro, era, Gramsci. E quale maestro! » (Garino, anch'egli operaio). « Era un educatore paziente, appassionato » (De Biasi). «...Qualunque cosa Gramsci avesse fatto nella sua vita sarebbe sempre riu| scito un grande educatore. Perché essere un educatore era proprio nella sua vocazione, nel suo stile, nel suo fine, nella sua capacità intellettuale» (Viglongo, colui che presentò Gobetti a Gramsci). Del vero educatore Gramsci possedeva pure la dote forse più difficile ed alta, quella di volere umilmente imparare, anzitutto dagli operai: «E' stato uno dei primi intellettuali che abbia detto: "sono un intellettuale, ma voglio avvicinarmi al movimento operaio per imparare". Veniva nell'officina a insegnare e a imparare». (Carretto, altro operaio torinese). Questa vocazione non sarà soffocata neanche dalle durissime condizioni della vita carceraria. Gramsci la continuerà ad esplicare non solo nelle notissime lettere alla moglie, riguardo all'educazione dei propri figli, ma altresì con ì compagni di prigionia, quando, come ricorda Clementi, artigiano decoratore romano, « ogni occasione era buona per insegnarci qualche cosa ». su Masaccio o Michelangelo se del caso, ma — ovviamente, in primo luogo — sui problemi del partito, sulla sua linea politica, sulle prospettive che si sarebbero aperte all'Italia alla fine del fascismo. Su questi temi fondamentali, la situazione italiana e la strategia da adottare, sorse il contrasto tra Gramsci ed il gruppo dirigente del partito comunista al momento della famosa « svolta » intorno al 1930. Sull'argomento esiste ormai un'ampia bibliografia, sicché il dato di fatto non è più controverso, come rileva anche Giuseppe Fiori nella prefazione dedicata specificatamente alla questione; le testimonianze di Clementi, Lai, Scucchia e Tosin ed inoltre di Basso e Pertini non aggiungono quindi particolari inediti, ma non per questo mancano di vivo interesse. Sul rapporto tra Gramsci ed il partito scrive pure il Tamburrano nella prefazione alla seconda edizione della sua biografia di Gramsci, che riproduce identica la prima edizione, del 1963. La lunga conversazione con Terracini, registrata dall'autore e riportata nella prefazione, verte appunto sull'argomento e, data la personalità di Terracini, che visse la stessa lacerazione di Gramsci, costituisce di sicuro il «pezzo forte » della nuova edizione. In proposito, comunque, l'indagine più completa ed al momento conclusiva, appoggiata su una vasta documentazione anche inedita, è quella condotta con grande equilibrio da Paolo Spriano, apparsa sul numero in data 1° aprile di Rinascita, col significativo titolo « Gramsci in carcere e il partito ». L'attualità e l'opportunità della ristampa tale e quale della « biografia critica » del Tamburrano, nonostante la mole di materiale accumulatasi, si giustificano rileggendo capitoli, come quello finale sull'egemonia, che toccano temi al centro del più vivo dibattito tuttora in corso. Quale che sia il giudizio che da parti opposte si porta sull'opera dello studioso socialista, nel suo complesso, non ' si può ad ogni modo negare la sua asserzione, che il libro è stato « il primo contributo in questo filone di ricerca ». Ferdinando Vegas

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