Il pm: un secolo di carcere per la "gang,, di Bergamelli

Il pm: un secolo di carcere per la "gang,, di Bergamelli Le clamorose rapine del 1975-'76 a Roma Il pm: un secolo di carcere per la "gang,, di Bergamelli Proposti 12 anni al capobanda - Undici imputati - I principali accusati assaltarono una gioielleria, lo stabilimento Voxson e un'agenzia di banca (bottino complessivo un centinaio di milioni) (Nostro servizio particolare) Roma, 7 aprile. Albert Bergamelli ha sorriso quando, oggi, il Pubblico Ministero ha chiesto al tribunale di condannarlo a 12 anni (la sentenza sarà pronunciata subito dopo Pasqua) e di condannare i suoi otto complici ad oltre 80 anni di reclusione. E' una richiesta, infatti, che si riferisce soltanto a tre rapine: in una gioielleria al centro di Roma, negli uffici della «Voxson» (sessanta milioni) ed in una banca (25 milioni) sull'Aventino. Ritenuto dalla polizia il più astuto ed il più duro «gangster» degli ultimi venti anni, per Bergamelli il grosso, e quindi il peggio deve ancora arrivare: è accusato di avere compiuto un'altra rapina in cui fu ucciso l'agente di ps Giuseppe Marchisella e di avere compiuto non meno di cinque sequestri e cioè quelli della farmacista Angelina Ziaco, del proprietario della «Voxson», Ortolani, del commerciante di caffè Danesi e dei costruttori Andreuzzi e Lucchini, Con la prospettiva, cioè, dell'ergastolo. «Non mi posso preoccupare per una condanna a 12 anni di fronte alle altre accuse» ha commentato alle conclusioni del Pubblico Ministero, Claudio Vitalone. La realtà è che Albert Bergamelli è convinto di evadere al più presto: che questo sia il suo impegno non ne ha fatto mai misteri. E se dovesse riuscire in questa fuga — dicono anche in questura — allora sarà la guerra per tutti. Quando fu arrestato, alla fine del marzo 1976, la sua unica preoccupazione fu quella di annunciare: «Sono stato preso perché qualcuno mi ha tradito. Ma sono guai per questa spia». Albert Bergamelli ha 37 anni, è cittadino francese, è nato a Vitry sur Seine (Parigi) da due emigrati italiani di Pradalunga (Bergamo), è «gangster» da sempre. S'è fatto le ossa in Francia: prima con piccoli furti e poi con le rapine più semplici. Nel 1963 venne arrestato e condannato a 15 anni ma nel gennaio 1964 riuscì a fuggire dal carcere di Melun. Tre mesi dopo riappare a Milano (aprile 1964) per rapinare (200 milioni) la gioielleria Colombo in via Montenapoleone. Venne arrestato e condannato ad otto anni e mezzo. Tornato in libertà si trasferì a Roma che diventò il suo «impero». Dicono che abbia faticato molto a conquistarsi la «piazza» (circa tre anni) ma alla fine la malavita della Capitale ha riconosciuto in lui il suo capo carismatico. E' intelligente, abile, generoso, duro, coraggioso. Non ha mai organizzato «colpi» di poco conto e non ha mai badato a spese nella divisione del «grisbi»: questo — dicono sempre — gli ha consentito di crearsi una fitta rete di amicizie. I rari nemici li ha eliminati: o emarginandoli o addirit- tura — sussurrano — uccidendoli. E' il primo che a Roma organizza una serie di sequestri che, se i calcoli non sono sbagliati, dovrebbero avergli reso nel giro di un paio d'anni una decina di miliardi. La sua fortuna è stata rapida: dopo un anno o poco più di attività venne arrestato una notte in un «residence». La polizia lo sorprese in mutande: non ebbe il tempo per afferrare la pistola ed un agente lo colpì con un secco pugno in un occhio. Qualche settimana prima era stato arrestato il suo difensore avvocato Minghelli che (è ancora in carcere) lo aiutava a «riciclare» il danaro sporco. Adesso si avvia alla sua seconda o terza condanna in Italia: ina, s'è detto, il peggio deve ancora arrivare per lui. Guido Guidi Albert Bergamelli