Lazzaroni fu incatenato al pagliericcio e con una benda sugli occhi per 18 giorni di Gino Mazzoldi

Lazzaroni fu incatenato al pagliericcio e con una benda sugli occhi per 18 giorni Lazzaroni fu incatenato al pagliericcio e con una benda sugli occhi per 18 giorni Per ora non è assolutamente in grado di sopportare la luce - "Siamo usciti da un incubo" ha detto il fratello - Ha affermato che i rapitori, dopo la prima richiesta di 5 miliardi, hanno ridimensionato la cifra, "ma è stato un duro salasso" - Come è stato pagato il riscatto ai banditi (Dal nostro corrispondente) Milano, 7 aprile. Paolo Lazzaroni, l'industriale dolciario di 41 anni, liberato la scorsa notte dopo 18 giorni di prigionia ha trascorso l'intera giornata nella sua abitazione di viale Monterosa 51, attorniato dalla moglie e dai familiari: nel tardo pomeriggio è stato interrogato a lungo dal sostituto procuratore della Repubblica dottor Lucio Bardi e dal maggiore dei carabinieri Francesco Delfino comandante del nucleo investigativo di via Moscova, che trincerandosi dietro il segreto istruttorio non hanno voluto dire molto su quanto hanno potuto apprendere. Paolo Lazzaroni, avrebbe dovuto incontrarsi stamane coi giornalisti nel «grill» Lazzaroni all'uscita del casello autostradale di Saranno sulla Milano-Laghi, ma all'appuntamento si è presentato solo il fratello Luigi attorniato da alcuni collaboratori. «Paolo non è qui — ha esordito l'industriale — per questioni di salute. Soffriva già da tempo di disturbi agli occhi. Diciotto giorni di prigionia trascorsi sempre con gli occhi bendati, hanno accentuato il suo male. Per ora non è assolutamente in grado di sopportare la luce». Fatto questo preambolo Luigi Lazzaroni prima di essere tempestato dalle domande ha voluto leggere il seguente comunicato: «Siamo usciti da un incubo. La cosa più importante ora è che Paolo stia bene e sia tornato con la sua famiglia e tutti noi. Mi si consenta anche a nome di tutti i familiari di ringraziare subito gli amici e l'intera popolazione di Saronno per la affettuosa solidarietà dimostrataci in questa dolorosa vicenda. Abbiamo apprezzato gli interventi della stampa discreti e responsabili, i giornalisti — ci hanno dato la sensazione di volerci in qualche modo aiutare. Siamo stati inoltre impressionati dall'efficientissimo impegno dimostrato dai carabinieri e dalla magistratura». Subito dopo sono cominciate le domande. Quanto era stato chiesto per il riscatto e quanto è stato pagato? «I rapitori volevano 5 miliardi: hanno dovuto ridimensionare la cifra ed accontentarsi di molto meno. Non posso rivelare l'ammontare della somma esatta per ovvii motivi. Il salasso comunque è stato durissimo per le nostre famiglie. Dobbiamo ora lavorare sodo per ricostruire, per fronteggiare gli impegni che da questa malaugurata disavventura ci sono capitati tra capo e collo. Posso solo aggiungere che il pagamento della somma per la liberazione di Paolo è stato un impegno esclusivamente della famiglia senza coinvolgere per nulla l'azienda e compromettere l'assetto occupazionale e retributivo dei nostri dipendenti». Si è appreso che il riscatto, che secondo alcune indiscrezioni si aggirerebbe sul miliardo, è stato pagato lunedi scorso sulla tangenziale Ovest. « Siamo partiti su una 125 rossa — ha spiegato Luigi Lazzaroni — e l'abbiamo percorsa alcune volte e finalmente abbiamo consegnato il denaro ad un individuo che ci ha affiancato con la sua macchina. Secondo gli accordi mio fratello doveva essere li¬ berato dopo 48 ore. I rapitori sono stati di parola e ieri lo hanno rilasciato nei pressi di piazzale Brescia vicino alla casa di nostra sorella Pia». Nel corso della lconferenza stampa si è appreso un particolare interessante del rapimento. L'industriale il 21 marzo scorso non è stato rapito nei pressi di piazzale Lotto, come si era sempre creduto, ma a Saronno prima dell'ingresso sull'autostrada dei Laghi. Tre uomini armati di mitra e mascherati lo hanno bloccato a bordo della sua Alfetta, caricato su una Bmw (mentre un quarto si metteva al volante della macchina della vittima abbandonata poi davanti all'ospedale di Passirana), esortato., poi in una stanza senza finestre, distante circa 40 minuti d'auto dal luogo del sequestro o almeno questo è il tempo impiegato dai malviventi per giungere alla cella. L'industriale è sempre stato tenuto incatenato al pagliericcio sul quale era stato adagiato con le mani legate dietro la schiena. Appena fatto prigioniero i rapitori gli hanno infilato dei tappi nelle orecchie. Ogni tanto però gli permettevano di sentire qualche notiziario del giornale radio, specialmente se lo ri- guardva, e un po' di musica. Il trattamento riservatogli — secondo quanto ha dichiarato il fratello — è stato «umano». Non gli è mai stato fatto mancare cibo. Unico grave disagio, non gli hanno mai liberato gli occhi fino al momento del suo rilascio. Luigi Lazzaroni ha reso noto che tutti i rapitori del fratello parlavano con spiccato accento meridionale. L'uomo invece che ha tenuto i contatti con la famiglia era certamente un settentrionale. A proposito dei contatti il familiare del rapito ha voluto sottolineare che sono stati tenuti da «alcuni amici», senza fornire ulteriori dettagli. Col rilascio di Paolo Lazzaroni si è cosi concluso il settimo sequestro di persona avvenuto a Milano quest'anno. Attualmente in mano all'anonima sequestri rimangono altre 4 persone: si tratta di Vittorio Di Capua di 60 anni, presidente della società «Trenno» che gestisce gli ippodromi di San Siro, del produttore cinematografico Niccolò De Nora di 49 anni, dell'ex petroliere Clemente Vigna di 72 anni, titolare di un agenzia di assicurazioni e dell'albergatore Armando Mosca di 35 anni. Gino Mazzoldi Paolo Lazzaroni

Luoghi citati: Milano, Saronno