Imperato: "Non faccio miracoli" di Franco Giliberto

Imperato: "Non faccio miracoli"Intervista con lo studioso contestato del cancro Imperato: "Non faccio miracoli" "Se un malato con prognosi infausta viene aiutato per uno-due anni a campare in modo accettabile non è un successo?" - "La lotta ai tumori se si vincerà sarà grazie alla immunoterapia" - Eliminare la tossicità di radiazioni e chemioterapia (Dal nostro inviato speciale) Genova, 6 aprile. « Non è allegro qui, ci manca tutto. Ma per un'intervista questa stanza va più che bene. E' la stessa in cui ogni giorno arrivano quaranta, cinquanta malati per le cure. Come vede, nemmeno un lettino ». — E nemmeno una targhetta. Sul vetro della porta, verniciato di bianco, si legge « Centro trapianti », con una scritta ricavata alla rovescia, graffiando via un po' di pittura. E il suo nome, prof. Saverio Imperato, perché non l'ha fatto aggiungere? « Ho altro per la testa che il mio nome. Il tribunale amministrativo regionale ha emesso una sentenza a mio favore, che mi reintegra alla direzione del Centro trapianti dell'ospedale San Martino, dopo che ne ero stato allontanato. Sono di nuovo qui da pochi giorni. Ma la battaglia non è finita». — Un giornalista dovrebbe avere mille scrupoli a parlar con lei per un'intervista... « Perché? Non sono il diavolo! ». — Ci sono decine di migliaia di famiglie in Italia turbate dalla malattia tumorale di un proprio componente. E' una pesante responsabilità illuderle, oppure anche semplicemente far balenare la possibilità d'una cura che dà buone speranze ». «E io illuderei la gente? Parlando con un giornalista potrei trarre in inganno qualcuno? Giudichi alla fine. Se le avrò detto qualche cosa di ambìguo, di scientificamente impreciso, se sarò stato reticente su qualche punto, allora ne riparleremo ». — Lei agli occhi dell'opinione pubblica passa per lo studioso che ha consentito a Maestrelli, allenatore della Lazio, di sopravvivere e lavorare ancora per molti mesi, benché altri medici gli avessero dato poche settimane di vita. Ha attorno a sé centinaia di malati pronti a dichiarare che « il prof. Imperato ha fatto un miracolo, mi ha rimesso in piedi quando tutti gli altri scrollavano la testa rassegnati ». E' già stato sulle pagine di quotidiani e rotocalchi, ricevendo da colleghi clinici, primari, ricercatori l'accusa di ambizione smodata e di caccia alla pubblicità personale. « Facciamo piazza pulita di tante inesattezze ed esagerazioni, di tutte le insinuazioni sul mio modo di lavorare. Ho sempre invitato i colleghi a discutere sul piano scientifico, mai è stato accettato questo invito. Nessuno è mai entrato nel merito di ciò che ho fatto, non ho mai ricevuto una motivata critica. Lasciamo stare il nome di Maestrelli; fra le persone con il suo stesso male ce ne sono centinaia che si sono rivolte a me. Il discorso per tutti è in termini di sopravvivenza. Quando un malato grave, con prognosi infausta (due settimane o tre mesi di vita) viene aiutato per uno-due anni a campare in modo accettabile anche qualitativamente non è un successo? E quando malati meno gravi vedono migliorare le proprie condizioni di salute e allontanarsi il pericolo della malattia galoppante, non si tratta di successi? Io non mi sono mai sognato di dire che faccio miracoli. Ho sempre fermamente sostenuto che la lotta ai tumori, se si vincerà, sarà soprattutto grazie all'immunoterapia ». — Ma lei non è il solo immunologo in Italia e nel mondo. « Per fortuna. Però diciamo anche che cosa accade nel nostro Paese. Oggi che cosa si fa al malato in questo settore? Nessuno esegue mai uno studio completo delle funzioni immunitarie del paziente. Le analisi si riducono a due o tre esami, si tralascia quasi sempre lo studio di malati in cui si possono sospettare difetti di funzioni immunitarie sia congenite che acquisite. Da noi al Centro trapianti dell'ospedale San Martino, l'altr'anno sono stati compiuti oltre tremila di questi esami completi, che vanno dalla ricerca dell'efficienza funzionale delle quattro popolazioni immunitarie fondamentali (linfociti, timodipendenti, midollodipendenti, granulociti e monociti) alle prove di reattività cutanea, all'individuazione degli anticorpi già formati, a varie altre prove delle funzioni del sistema complementare ». — A questo modo si ha una precisa, o quasi, visione delle condizioni immunitarie in cui si trova il malato? «Certo, una delle più precise, ed è importantissimo perché i portatori di tumore con un sistema immunitario scarso muoiono in poco tempo. E' imperativo trasformarli in persone con un sistema immunitario attivo. Facendolo per tempo, prima delle radioterapie stressanti, per esempio, si dà un grosso contributo al mantenimento del malato in condizioni accettabili, in molti casi evitando le complicazioni metastasiche». — Ma lei respinge le tera- pie tradizionali, da quelle radianti alle chemioterapiche? «Altra cosa che non ho mai detto e che non mi sognerei di sostenere. Semmai ciò che non consiglio assolutamente è un "pesante" trattamento radio-chemioterapico. Con la mia équipe abbiamo semplicemente modificato i protocolli terapeutici antitumorali classici secondo ragioni di ordine medico e immunologico». — Può fare qualche esempio? «Vediamo schematicamente il caso di un tumore polmonare. Innanzitutto compiamo 10 studio delle funzioni immunitarie del malato. Quasi sempre poi cominciamo il trattamento con il BCG, vaccino antitubercolare che da anni ormai usiamo per stimolare le difese immunitarie. Dopo il BCG la terapia radiante può essere ridotta di un terzo rispetto alla dose comune, con ovvi vantaggi per 11 malato». — E l'autovaccino? Lo adopera ancora assieme al trapianto di linfociti? «Sì, sono metodiche che rientrano nell'attivazione immunitaria. Con un frammento del tumore del paziente (quando il chirurgo non ce lo rifiuta) prepariamo un vaccino adeguato. I primi 43 casi di autovaccini trattati sono stati da me discussi in una relazione ai ministeri della Sanità, della Pubblica Istruzione, della Ricerca scientifica. Non dico che sempre e comunque le cose vadano bene, ci sono parecchi insuccessi. Ma anche numerosi casi confortanti. (Come quello di un malato che a Milano era stato dato spacciato, per un adenocarcinoma che gli doveva lasciare 3 mesi di vita; è venuto do. noi e dopo due armi e mezzo è ancora vivo, cammina, è in condizioni discrete). Quanto ai trapianti di linfociti né ho fatti una trentina e anche in questo caso si tratta di una terapia di grande interesse, che sicuramente darà un eccezionale contributo alle metodiche di attivazione immunitaria. Pubblicherò entro breve i nostri risultati, già descritti del resto. — Soltanto dall'immunoterapia perciò un aiuto per la lotta ai tumori? «Direi: non soltanto, ma soprattutto, sono convinto che molti dei nostri successi, per esempio, sono dovuti anche a una calibrata terapia generale che favorisce l'eliminazione dei fattori tossici in pazienti trattati con radiazioni e chemioterapici. In Italia i malati di cancro in genere sono curati male, senza grandi attenzioni al di là degli interventi specifici: pochi medici pensano di dover mettere la loro abilità clinica al servizio di pazienti esangui ». Franco Giliberto Saverio Imperato

Persone citate: Maestrelli, Saverio Imperato

Luoghi citati: Genova, Italia, Lazio, Milano