"Cristina è stata sepolta ancora viva" sostiene l'avvocato del clan calabrese

"Cristina è stata sepolta ancora viva" sostiene l'avvocato del clan calabrese Processo Mazzotti: proseguono le arringhe della difesa "Cristina è stata sepolta ancora viva" sostiene l'avvocato del clan calabrese (Dal nostro corrispondente) Novara, 6 aprile. Dopo la movimentata udienza di ieri con il colpo di scena rientrato nel giro di poche ore, il processo Mazzotti è tornato oggi sul binario normale con la prosecuzione delle arringhe defensionali. L'avvocato Sebastiano Cocco che difende un gruppo di imputati calabresi, ieri interrotto dall'intervento fuori programma di Rosa Cristiano, ha concluso il suo discorso incentrato sui dubbi relativi alla morte di Cristina. «Tutti gli imputati sono concordi nell'affermare che la ragazza dalla casa di via Ticono, a Galliate, la notte del 31 luglio è uscita viva. Del resto — ha aggiunto — sappiamo che ancora qualche ore prima era ancora in grado di rispondere e scrivere il messaggio di risposta ai quesiti posti dai suoi familiari. Non è perciò verosimile la versione dell'Angelini che sostiene essersi accorto, dopo aver percorso appena qualche centinaio di metri sull'auto guidata dal Geroldi, che Cristina era morta». Il difensore è tornato a ribadire che, per lui, Cristina è stata sepolta viva. «Chi ha fatto — si è domandato l'avvocato Cocco — la diagnosi di morte? Un pazzo qual è il Geroldi e due ubriachi quali l'Angelini, ingozzato di whisky, e Ballinari cui il gin gli usciva dagli orecchi». La tesi del difensore in sostanza è questa: soltanto Angelini, Ballinari e Geroldi debbono rispondere di omicidio; tutti gli altri chiamati in causa con la teorìa del «dolo eventuale perché le modalità della prigionìa erano tali da lasciare prevedere l'evento, debbono essere assolti da questa accusa». «Essi — ha detto ancoia l'avvocato Cocco — con il rapimento si prefiggevano l'acquisizione del riscatto e presupposto essenziale era che l'ostaggio restasse in vita. Quindi non ne volevano la morte». L'ultima parte il difensore l'ha dedicata a considerazioni sulla pena dell'ergastolo. «Un istituto — ha detto — che va abolito così come già un secolo e mezzo fa scriveoa Luigi Settembrini». Di scena, oggi, altri due avvocati: Felice Manfredda e Giorgio Petrocchi. Il primo difende Ugo Scalercio, il vigile urbano di Gizzeria Lido, imputato di falso ideologico e per il quale il p.m. ha chiesto l'assoluzione per insufficienza di prove. Scalercio aveva puntellato l'alibi di Francesco Gaetano sostenendo che il giorno del rapimento di Cristina si trovava in Calabria. Si era infatti presentato in municipio per il cambio di residenza. Dagli atti risulta però una data diversa da quella del primo luglio: di qui la sua incriminazione. Nel corso del dibattimento l'equivoco è stato chiarito e l'avvocato Manfredda ha chiesto per il vigile urbano l'assolutoria con formula piena. L'avvocato Petrocchi ha parlato in difesa del dottor Vittorio Passafari, medico di Borgia per il quale il p.m. ha chiesto la condanna a sei mesi di reclusione per falso ideologico. Un falso che consisterebbe nell'avere redatto un certificato di ricovero in ospedale psichiatrico per Antonino Giacobbe senza averlo visitato. Il difensore ha spiegato che Giacobbe aveva dato in smanie negli uffici di una banca e che era stato accompagnato all'ospedale. Qui i medici l'avevano trattenuto ma per regolarizzare il ricovero era necessario il certificato che attestasse le sue precarie condizioni mentali. «Passafari era il suo medico di famiglia da trent'anni — ha precisato l'avvocato — sapeva tutto del Giacobbe ed ha espletato una formalità. Per questo va assolto». Per domani è in programma una delle arringhe più attese: quella dell'avvocato Giulio Cesare Allegra per Antonino Giacobbe. Piero Barbe

Luoghi citati: Borgia, Calabria, Galliate, Gizzeria, Novara