PARLANO TRE MAGISTRATI "SPECIALISTI,, NEI SEQUESTRI di Vincenzo Tessandori

PARLANO TRE MAGISTRATI "SPECIALISTI,, NEI SEQUESTRI PARLANO TRE MAGISTRATI "SPECIALISTI,, NEI SEQUESTRI Che cosa fare contro i rapimenti? I metodi sono arcaici, il personale insufficiente - Utile il blocco dei riscatti - Quando il "racket" è politico Dice: « L'organizzazione antisequestro? Non funziona». Ancora: « Perché? Perché, per anni, chi avrebbe dovuto creare una struttura investigativa efficiente non l'ha fatto; perché a coloro che stanno a Roma, evidentemente di questo problema non importa nulla». A Treviglio, il 14 marzo 1974, il giudice istruttore milanese Giuliano Turone liberò, da una cella ricavata sotto la stalla di una casa colonica, Luigi Rossi di Montelera, prigioniero della mafia, rapito quattro mesi prima. Allora non aveva assunto le caratteristiche esasperate di questi giorni quella che, con discutibile vezzo, viene indicata come l'unica industria in attivo rei nostro Paese. Eppure le cifre dovevano far meditare. I « cacciatori di uomini » avevano catturato 38 persone, la cifra dell'anno precedente era più che raddoppiata; nel 1975 si arriverà a 62, con una leggera flessione nei dodici mesi seguenti: 48. Quest'anno una nuova impennata: ventiquattro sequestri, undici persone sono ancora nelle mani dei banditi, si aggiungono alle sette rapite lo scorso anno e non ancora tornate. C'è assuefazione al sequestro di persona, ed è indizio preoccupante. Si combatte il fenomeno con buona volontà ma con armi superate, inadatte, i rimedi di volta in volta ideati per far fronte alla situazione, sono parziali. Di radicale non è ancora stato fatto niente. « Almeno non mi risulta », dice Turone. « Quando si decidono le bande chiodate o il fermo di polizia significa che marna la volontà di fare realmente qualcosa di concreto. Occorrerebbe una riforma globale, che va studiata. Ma a questo neppure si pensa. Abbiamo una polizia con strutture ottocentesche, sul discor¬ so sequestri siamo in ritardo almeno di trent'anni. Come organizzazione giudiziaria e di polizia giudiziaria siamo rimasti anche più indietro, all'Ottocento. Occorrerebbe recuperare il tempo perduto...». Ma non si recupera niente, e il morbo è ormai esteso dappertutto. In questi ultimi 96 giorni si sono registrati 11 sequestri in Lombardia, tre in Piemonte e nel Lazio, due nelle Puglie, uno in Campania, Liguria, Sicilia e Veneto. Gli interventi parziali servono a poco, il « sequestro di persona a scopo di estorsione » è un crimine che paga e paga molto. Quando il 5 febbraio dello scorso anno fu rapito a Milano l'industriale Carlo Alberghini, il magistrato cui venne affidata l'inchiesta decise di applicare una linea nuova. Così quando i banditi dissero di pretendere 400 milioni, il sostituto procuratore Ferdinando Pomàrici bloccò i beni della famiglia. Fu un lungo braccio di ferro fra la legge e i rapitori. Cedettero i gangsters: il 22 aprile l'industriale tornava libero senza riscatto. Era anche quello un rimedio parziale e il magistrato lo sottolinea: « Il sequestro di persona è un fenomeno destinato inevitabilmente ad estendersi. I motivi sono avvìi: è un reato che rende molto, che costa pochi rischi personali a chi deve praticarlo e che, al limite, costa pochi rischi in proporzione anche come deterrente di pena. All'inizio era stato un fenomeno esclusivamente di orìgine mafiosa, poi si è esteso, da un lato alla delinquenza di piccolo cabotaggio, che ha cominciato a compiere i sequestri nei confronti di persone di relativa capacità economica e nei quali ci si accontenta dei 150-200 milioni di riscatto; dall'altro la gros¬ sa delinquenza si è resa conto della lucrosità di questo genere di reati, e vi si dedica ». « Così — continua il magistrato — diventano rapitori i Vallanzasca, forse i Turatello. I piccoli delinquenti possono essere pericolosi quanto a numero, ma hanno una capacità organizzativa limitata. Dal giorno in cui la grossa delinquenza che si dedica ai vari racket della prostituzione, del contrabbando di valuta, della droga, come prima rapinava per ottenere una disponibilità finanziaria per organizzare tutti questi traffici, ha deciso di praticare il rapimento, si è avuta una proliferazione ancora maggiore di questo fenomeno ». Perché accade? «Perché non si è fatto assolutamente nulla per impedirlo o stroncarlo. Ciò che potevo fare direttamente l'ho fatto: ma la mia iniziativa potrà, al massimo, scoraggiare una certa parte dei sequestri di piccolo cabotaggio, non estinguere il fenomeno. Occorrerebbe fare tutta una serie di cose precise, sotto l'aspetto dell'organizzazione della magistratura, della polizia giudiziaria, sotto l'aspetto di modifiche legislative». «E' assurda, ad esempio, prosegue, la norma attuale sulla competenza per la quale se un sequestro avviene a Milano è seguito da un magistrato milanese, ma se l'ostaggio è liberato a Roma, tutto il fascicolo delle indagini dev'essere spedito entro 24 ore al magistrato romano». Rapire è facile, portare a conclusione un sequestro è difficile. «Si tratta di un fenomeno altamente specializzato», dice Pomàrici. «Per combatterlo occorre eguale specializzazione, da parte della magistratura e da parte della polizia giudiziaria. Ma le condizioni della p.g., a Milano, come a Torino e altrove, sono di assoluto abbandono. Duecento poliziotti della Squadra mobile e altrettanti carabinieri del Nucleo investigativo debbano occuparsi di tutto: furti, rapine, assegni a vuoto, omicidi, reati politici, percosse, risse, naturalmente sequestri. Non possono né specializzarsi in una materia decisamente complessa né dedicarvisi esclusivamente. Altrettanto vale per il magistrato». Il potere politico dunque sembra fissare con indifferenza questa piaga purulenta che si allarga sotto i suoi occhi. Dice il dottor Giancarlo Caselli, il giudice istruttore torinese che ha condotto la maggiore inchiesta sulle Brigate rosse: «La criminalità è cambiata, le leggi no. Perché? Bisogna chiederlo a chi ha una competenza funzionale. In Italia la spesa per la giustizia incide nel bilancio per il 3 per cento, negli altri Paesi dell'Europa occidentale la percentuale è del 4-5 per cento: eppure una spesa per la giustizia è produttiva». Aggiunge il magistrato: «Mentre un notevolissimo incremento di questo tipo di reati è sotto gli occhi di tutti, non sembra che a livello legislativo o di p.g. siano state prese iniziative. Per i sequestri non esiste una prevenzione adeguata, se non rimessa ai privati». Vincenzo Tessandori

Persone citate: Carlo Alberghini, Ferdinando Pomàrici, Giancarlo Caselli, Giuliano Turone, Luigi Rossi, Turatello, Turone, Vallanzasca