Breznev molto duro con gli Stati Uniti negli incontri con Castro sull'Africa di Livio Zanotti

Breznev molto duro con gli Stati Uniti negli incontri con Castro sull'Africa Mentre si acuisce la crisi tra lo Zaire e il governo cubano Breznev molto duro con gli Stati Uniti negli incontri con Castro sull'Africa (Dal nostro corrispondente) Mosca, 5 aprile. Fidel Castro è restato tutfoggi chiuso al Cremlino, in riunione quasi permanente con Breznev, Podgorni, Kossighin e Gromiko. Giunto inaspettatamente ieri pomeriggio, i capi sovietici gli hanno dedicato l'intera giornata, sebbene siano presenti a Mosca ospiti come il premier tunisino, Hedi Nouira, e il presidente dell'Olp, il palestinese Yasir Arafat. L'incontro presenta l'urgenza e l'intensità di una consultazione al massimo livello. E poiché il leader cubano ha appena concluso un viaggio di un mese in Africa, di dove è rientrato ieri anche il presidente sovietico, si capisce che al centro dei colloqui c'è stata la situazione nel continente nero. A renderla più tesa, nelle ultime ore, è venuta la decisione del generale Mobutu di rompere le relazioni con L'Avana, accusandone un diplomatico accreditato a Kinshasa di intromissione negli affari interni dello Zaire. L'insurrezione degli ex gendarmi katanghesi, che minaccia ormai da vicino la stabilità del regime di Mobutu, è partita dalla provincia meridionale di Shaba, alla frontiera con l'Angola. Qui stazionano ancora alcune migliaia di soldati cubani e il governo di Agostinho Neto teme che la loro presenza possa servire di pretesto a Mobutu per sollecitare un intervento straniero. L'internazionalizzazione del conflitto nel vicino Paese, rischierebbe di porre nuovamente in pericolo l'integrità angolana, una preoccupazione questa più che mai viva a Luanda. Prima di ripartire, appena quattro giorni addietro, Castro ha perciò promesso formalmente che i suoi battaglioni resteranno in linea e se fosse necessario riceveranno rinforzi. Un impegno, il suo, assunto di fronte ai capi dei tre maggiori movimenti armati di liberazione dell'Africa australe, Joshua Nkomo, Sam Nujoma, Oliver Rambo. E a ratificarlo, stasera, è intervenuto lo stesso Breznev. «La politica di Cuba socialista — ha detto in un lungo discorso di saluto all'ospite —, è estranea ad ogni ingerenza negli affari interni di altri Paesi, è dettata dal nobile intento di consolidare la pace, d'aiutare i popoli che hanno rotto il pesante giogo del colonialismo, di difendere ciò che è stato acquisito, di rafforzare l'indipendenza dei Paesi». Il segretario generale del pcus ha poi accusato «gli avversari dell'Unione Sovietica» di voler trasformare l'Asia, l'Africa e l'America Latina in un terreno di scontro tra i paesi socialisti e quelli capitalisti: «In primo luogo, tra l'Urss e gli Stati Uniti». Da tempo non era tanto esplici- to. Egli ha espresso l'opinione che esistano condizioni obiettive per un accordo generale, a partire dai negoziati sulla limitazione e la riduzione degli armamenti. «Ma i nostri partners invece di andare avanti, stanno perdendo il loro atteggiamento costruttivo per assumere una posizione unilaterale, come risulta dagli ultimi incontri e colloqui». A ciascuno le proprie responsabilità, ha concluso Breznev. Gromiko aveva avvertito nella conferenza stampa della scorsa settimana, che per i sovietici la pace è indivisibile. Quindi è stato chiesto a Castro lo stato dei contatti riservati in corso da tempo tra L'Avana e Washington per una ripresa dei rapporti diplomatici tra le due capitali. Sono stati compiuti progressi, avrebbe assicurato il capo cubano, ma nulla di irreversibile. Gli è stata fatta una relazione, a questo punto, sulla visita del segretario di Stato americano, Cyrus Vance, e sulle questioni che hanno portato al fallimento degli incontri (criteri del disarmo strategico, equilìbrio delle basi militari in Europa centrale, ingerenza negli affari interni di un altro Paese). Podgorni ha parlato dell'accordo di amicizia e cooperazione sottoscritto con il Mozambico e del piano sovietico di denuclearizzazione del continente africano. Questa proposta avrebbe ricevuto una calorosa attenzione in tutte le capitali visitate, dimostrando il buon esito della missione. Ma non risulta che vi siano stati impegni precisi da parte di Nyerere e di Kaunda. I sovietici sono comunque riusciti a contenere il ritorno dell'iniziativa americana (del viaggio di Kissinger ancora segretario di Stato, lo scorso anno, s'è perduto perfino il ricordo e non si sa nulla dell'invito rivolto il mese passato dal presidente dello Zambia e dal ni¬ geriano Obasanjo all'ambasciatore americano alle Nazioni Unite, Young, per un pronto intervento degli Stati Uniti nella questione rhodesiana). Sono state attaccate a fondo poi le posizioni che vanno abbandonando i cinesi, soprattutto nello Zambia e in Tanzania. Il loro modello di sviluppo, decentrato e autarchico, non ha dato i risultati sperati. La sconfitta del «gruppo dei quattro» e della linea internazionalista della sinistra, con il ripiegamento sui problemi interni imposto da Hua Kuo-feng, ha fatto il resto. E che questo ultimo non sia un fattore secondario della strategia sovietica è confermato dall'azione a più vasto raggio che Mosca conduce da qualche mese verso i gruppi comunisti filocinesi non soltanto in Africa, bensì anche in Asia. Livio Zanotti i