La lenta transizione verso la democrazia a Madrid
La lenta transizione verso la democrazia a Madrid La lenta transizione verso la democrazia a Madrid Spagna, sciolto il "Movimiento,, Ora resta il problema comunista (Nostro servizio particolare) Madrid. 2 aprile. Il governo spagnolo ha sciolto il «Movimiento», il partito unico d'origine franchista. E' una nuova tappa della fase di transizione che condurrà il Paese alle prime elezioni politiche dopo più di 40 anni, ma il quadro generale è ancora pieno di contraddizioni, di pesanti condizionamenti. La legalizzazione del partito comunista è rinviata, non si sa nemmeno se il governo deciderà il riconoscimento; un nuovo decreto-legge sulla stampa concede a Suarez poteri discriminatori estremamente pericolosi per la libertà dell'informazione. A Bonn, Willy Brandt ha espresso molte perplessità sulla natura democratica dell'evoluzione politica quale si sta attuando in Spagna. Lo scioglimento del «Movimiento» è stato salutato in quasi tutti gli ambienti come «un passo importante», ma restano ancora poco chiare le soluzioni politiche che verranno date al problema dell'utilizzo dell'enorme apparato burocratico del «partito»: una macchina che, ben manovrata, può decidere le sorti stesse delle elezioni di giugno. Il «Movimento Nazionale» era il partito unico di Franco, e disponeva di 8000 uffici in tutta la Spagna e decine di migliaia di burocrati, dai governatori civili delle province ai sindaci dei più piccoli Comuni, con un bilancio annuale di circa dieci miliardi di pesetas. Pur non essendosi mai definito un partito e pur avendo trovato nel saggio di Gonzalo Fernandez de la Mora, «crepuscolo delle ideologie», la propria base ideologica, il «Movimento Nazionale» era nella pratica un partito attraverso il quale il Caudillo amministrava il potere. Il «Movimento Nazionale» fu una soluzione di ripiego ufficializzata nel 1966 con la «democrazia organica», in un inutile tentativo di dare un volto nuovo al franchismo. Fu allora che venne ufficialmente soppressa la Falange, il partito nazionale che aveva accompagnato fin dall'inizio la «crociata» del 1936 ma che conservava ancora troppi legami con il fascismo e con il nazismo. Nella sostanza però nulla era cambiato. Il «Movimento Nazionale» continuò a conservare tutte le strutture e tutti gli ordinamenti gerarchici della Falange, e non fu capace di introdurre nemmeno quel «dibattito pluralista nel quadro di una coincidenza di opinioni» che avrebbe dovuto essere la grande scoperta del regime. La stampa spagnola scriveva in quei giorni che con questo nuovo tipo di dialogo politico il franchismo aveva lanciato una nuova e dinamica sfida al mondo, sulla cui scia prima o poi tutte le democrazie «liberaloidi e comunistoidi» avrebbero dovuto accordarsi. Si ricorda, di quei giorni, la sfida del franchismo all'Europa: «Non saremo noi ad adottare i vostri sistemi ed i vostri ordinamenti; non saremo noi a doverci piegare e ad ammettere la sovversione nel nostro Paese; prima o poi, la democrazia organica avrà ragione». Il Consiglio dei ministri di ieri ha dunque deciso la soppressione del partito unico franchista. «Il Movimento è finito» affermano oggi i titoli di El Pais in prima pagina sotto la foto del palazzo della «Gran via», sovrastato da un grande giogo e da cinque frecce. La cancellazione formale del «Movimiento» era un atto previsto: costituiva una delle richieste irrinunciabili dell'opposizione democratica per partecipare alle elezioni; ma l'altro grave nodo è costituito dal riconoscimento del pce. Il governo, nell'intento di evitare una possibile reazione dai settori della destra, si era scaricato dell'ingrato compito, demandando la questione alla Corte suprema. Questa, dopo aver temporeggiato un paio di giorni, ha rotto gli indugi e stamane ha fatto sapere di non potersi pronunciare suZ2'«iscrizione delle associazioni politiche». Spetterà quindi di nuovo al governo sciogliere un nodo che rischia di spaccare il paese nell'imminenza della competizione elettorale. Esprimendo l'auspicio che la legalizzazione del pce sarebbe stata questione di pochi giorni, i comunisti ieri hanno sottolineato in un comunicato che il governo è più che consapevole della loro legittima aspirazione. Con un tono di velata minaccia, un portavoce del pce ha dichiarato: «Il governo conosce molto bene la situazione: o ci legalizzano per le elezioni, o non ci saranno elezioni». Stamane poi, ad aumentare le pressioni sul governo, i comunisti hanno reso pubblico il testo di uno schema di accordo fra i partiti che chiede l'abolizione della pena di morte, la proibizione della tortura, piena libertà d'informazione, diritto allo sciopero e legalizzazione del divorzio. Il governo ha oggi approvato delle misure sulla stampa che, se da un lato abrogano le sanzioni speciali previste dalla legge promulgata dal regime franchista, dall'altro sono motivo di grande delusione per l'inasprimento delle pene previste per i casi di «diffamazione». Il governo si è riservato, ad esempio, il diritto di sequestrare qualsiasi pubblicazione che minacci «l'unità della Spagna, l'istituzione della monarchia e le forze armate». r. s.
Persone citate: Gonzalo Fernandez, Suarez, Willy Brandt
Luoghi citati: Bonn, El Pais, Europa, Madrid, Madrid Spagna, Spagna
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