Le fatiche dei sindacati

Le fatiche dei sindacati Le fatiche dei sindacati Le due principali strutture politiche che operano nella nostra democrazia, i partiti e i sindacati, risentono visibilmente delle fatiche cui sono sottoposte da mesi per concretare il piano d'austerità, al quale si affida la speranza di risanare l'economia e di rimettere in moto il nostro sviluppo civile. I partiti, ammaestrati dalla lezione elettorale del 1976, si muovono con prudenza, nel quadro fluido di una vasta, anomala coalizione. Ne emergono procedure confuse e lente, che certo vanno migliorate, ma che non sono improduttive: il « puzzle » dell'austerità, poco alla volta, si è andato completando. Il quadro politico non è solido e serpeggiano inquietudini per la crescente collaborazione col pei: ma nessuno ha proposto alternative. Non si minacciano per ora crisi al buio. Sembra più probabile un processo di evoluzione guidata verso un « programma di maggioranza ii o una « maggioranza di programma »: la politica italiana conserva le sue preziosità concettuali, che esprimono la singolarità della nostra condizione, gli equilibri precari e le forti tensioni della nostra società. In qualche modo — che non è certo l'ideale, ma i tempi sono difficili — questa democrazia continua a funzionare. Torna alla mente quanto ci disse Andreotti in tv a fine anno: che il Parlamento, non la piazza o i giornali, è lo specchio più fedele della realtà italiana, e che esso offre oggi un quadro di stabilità politica e di larghe intese che è quasi senza precedenti. ★ ★ Lo stesso non può però dirsi del Paese: nelle piazze, nei luoghi di lavoro o di studio, là dove opera soprattutto il sindacato le tensioni non sono facilmente mediate o mediabili. Il sindacato è più esposto dei partiti, è più vicino alla base sociale con le sue proteste e i suoi malumori, le spinte corporative od eversive, gli istinti violenti. Anche altri sindacati europei si trovano in questa stretta: la società democratica, per le immense attese di giustizia ed eguaglianza che la parola democrazia suscita, è per sua natura perennemente inquieta e instabile, perché non realizza mai gli ideali che insegue. Quando le circostanze esterne sono propizie e la società si sviluppa rapidamente, la marea della crescita, che fa salire tutte le barche, attenua le disparità o le iniquità, placa il malcontento. Quando la marea cala o ristagna, come oggi, e non si possono distribuire benefici ma sacrifici, chi riceve meno guarda con invidia ed ira a chi riceve troppo e ingiustamente. Il sindacato italiano, nelle sue molteplici componenti, con visibili contrasti tra le varie « istanze » in cui si esprime, ha in sostanza accettato, negli ultimi sei mesi, che i redditi delle masse operaie ed impiegatizie siano contenuti, o che crescano meno in fretta. Questo sacrificio (in parte solo apparente: gli alti salari nominali provocavano prezzi sempre più alti, invano rincorrendoli), è giustificato in sé e per sé Un freno temporaneo all'espansione dei salari e dei consumi delle grandi masse occupate è indispensabile per ricostituire quelle risorse che occorrono per lo sviluppo del Paese. Bisogna riportare il tasso d'inflazione italiano verso i livelli medi dei nostri « partners », per impedire che l'Italia si escluda (sarebbe una tragedia) dal libero mercato mondiale, che essa sia estromessa dall'immenso interscambio di merci e tecnologie che consente a noi, Paese povero di risorse come siamo, un elevato benessere. Conviene anzitutto a chi vive di lavoro accettare qualche rinuncia, per se stessi e per chi cerca lavoro: i soldi che si perdono sono quelli falsi dell'inflazione. * ★ Il sindacato italiano, che deve portarsi dietro vaste masse, non insensibili alla sfrenata e distruttiva operazione demagogica della sinistra estremista, ha perciò deliberato di accettare misu¬ re significative di freno all'illusoria inflazione dei salari, e ha assunto impegni sui metodi di gestione delle imprese che comportano uno sforzo di lavoro più intenso e produttivo. L'elenco delle decisioni concordate negli ultimi mesi tra governo e forze sociali (Mario Salvatorelli ne dà qui accanto una prima quantificazione), è notevole: eliminazione della scala mobile dal calcolo delle indennità di anzianità; blocco parziale o totale degli scatti di scala mobile per gli stipendi oltre i sei-otto milioni; abolizione delle scale mobili privilegiate; riduzione dell'incidenza sul paniere dei giornali, trasporti ed elettricità; abolizione delle sette festività e impegni contro l'assenteismo; impegno di contenere le richieste salariali nelle contrattazioni aziendali; impegni per un uso più elastico dello straordinario, scaglionamento delle ferie, maggiore mobilità; impegno di ridiscutere gli istituti dell'indennità e degli scatti di anzianità e altri automatismi contrattuali. Alcuni di questi impegni sono ancora da definire. Ma anche nella materia, tutta aperta, della contrattazione aziendale o di categoria, va detto che non vi è solo il rischio di richieste spropositate e vane, che ridarebbero flato all'inflazione; vi sono anche stati contratti che comportano sensibili quanto necessarie riduzioni dei livelli di paga previsti (cosi per il lavoro domenicale dei poligrafici). Si dirà: tutto que¬ sto è soltanto il segno di un rinsavimento, dopo anni di fatale leggerezza. D'accordo: ma si deve riconoscere che il sindacato, esponendosi a rischi non lievi, e ancora non dissipati, di suscitare malcontenti nella sua base, ha gestito, negli ultimi mesi, una politica nell'insieme responsabile. * ★ La contropartita, come ha dichiarato Lama all'«Unità», non è da cercarsi nella « illusoria prospettiva di scatenare un'offensiva salariale a livello aziendale », ma nella richiesta che il Governo imposti in modo convincente una politica economica che punti sull'occupazione, sullo sviluppo della produzione, sugli investimenti nel Mezzogiorno, sulla lotta alla disoccupazione giovanile. Questo è « l'asse fondamentale dell'iniziativa del sindacato »; e non sembra ingiusto che quando i! sindacato s'impegna a far la propria parte nel programma di austerità e contro l'inflazione, veda poi accolta la sua richiesta di partecipare, accanto ai partiti, all'elaborazione di un « programma di sviluppo nazionale » che restituisca obiettivi e fiducia alla Nazione. Le responsabilità del Governo, dei partiti, del Parlamento, rimangono primarie. Ma è consigliabile, e giustificata, la partecipazione del sindacato, attraverso opportune consultazioni, alla definizione della prossima fase della nostra difficile politica economica. Anche le fatiche del sindacato non sono finite.

Persone citate: Andreotti, Lama, Mario Salvatorelli

Luoghi citati: Italia