Il "prèt-à-porter„ alle sfilate di Parigi
Il "prèt-à-porter„ alle sfilate di Parigi Il "prèt-à-porter„ alle sfilate di Parigi Come vestirà la donna secondo Saint Laurent (Nostro servizio particolare) Parigi, 31 marzo. Forse nel mondo della moda, la morte non procura, come in quello dell'arte, secondo l'ironia di Arbasino, cento recensioni. Tuttavia nel tutto esaurito della Hall Concorde, al Palazzo dei congressi, nella folla richiamata da pochissimi sarti, in questa stagione, alle loro sfilate e strabocchevole da Yves Saint Laurent, le invidiose notizie circa la sua morte e le smentite più secche che divertite sul Figaro, c'entravano per qualcosa. I doppi sipari a capo della passarella sono stati lasciati aperti e in molti fra i presenti hanno avuto la visione di un vivacissimo Saint Laurent, tutto balzi e distacchi per il colpo d'occhio, a legar foulard, a piazzare sciarpe o minuscoli cappelli da cinese intorno alle indossatrici prima del salto in scena, e la sfilata ha avuto bisogno di due ore per farci conoscere l'inverno 1977-78 di Yves Saint Laurent. Resuscitato dunque, il sarto lieder della Francia, è apparso meno dedito allo spettacolo e più attento alle suggestioni del momento, non solo a quelle che egli stesso ha contribuito a creare, ma a tutta quella pluralità di stili che costituiscono il tono dominante della moda odierna. II suo omaggio alle calzemaglia è stato coloratissimo, ha detto sì alle ghette come ai pantaloni alla zuava, ai mantelli frangiati, come le borse, su pantaloni stretti alla caviglia, ai boleri di velluto sulla gonna più corta della sottogonna matellassé, ha trapuntalo cappottini redìngotes e impressa un'oscillazione ferma alla basca delle giacchette cinturate, ha enfiato blouson con tasche a marsupio su gonnelle a quattro teli tagliati, gettato su ghiacche e zuava di velluto, poncho profila¬ ti, cappe frangiate in angora, abilmente giocando fra volume e sveltezza di immagine, fra cortezze di abitini a tarpali e camicioni convinti, vita lunga e grande balza-gala. Un po' sherpa, un po' ragazza dell'800 romantico, ora convertita in donna della Corsica, con tamburello sul fazzoletto e cappa in maglia, la signora di Yves Saint Laurent non rinuncia di sera alle belle gonne, alle perfette camicette luminose e alla versione arcadica delle dolcezze da cicisbeo. Eppure la cosa più bella di Saint Laurent sono apparse certe dimesse contadinelle in scarpette di vernice basse basse, calze nere, gonnella corta e camiciola in toni spenti, una sciarpa sulla spalla, il fazzoletto in testa e al collo, versione lussuosa e povera di un folk interiorizzato, quanto sgargiante e inventato è quello tibetano di Lanvin, nitido e agile quello tirolese di Valentino. Il sarto italiano, sulla scia della fortuna che il cinema di casa nostra sta riscuotendo in Francia e del successo della sua collazione nell'ottobre scorso, è riuscito a bloccare l'avenue Gabriel con centinaia di invitati, creando l'atmosfera riservata ai bigs intorno alla sua donna luminosa. Per metà amazzone in giacchetta attillata, aderenti pantaloni, bombetta, ghette di cuoio o di loden, in rosso e nero, rosso e biscotto, panno beige e loden verde; per metà nostalgica di femminili ricchezze nelle ampie gonne rigide di taffettas su sottogonna bordata dì pizzo candido, nei vestiti tutti ruches all'orlo e alla scollatura. E' comunque una donna scattante, soprattutto se in arancio e tortora, svetta le gambe chiuse nei calzettoni con le nappine nell'onda del gonnellone di velluto, il busto serrato dal bolero con gli alamari e porta una piumetta sulla cloche piccola e irrigidita. Lucia Sollazzo
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