Una scacchiera piena d'odio di Luciano Curino

Una scacchiera piena d'odio Una scacchiera piena d'odio Mai due scacchisti si sono detestati tanto come il sovietico Petrosian e il dissidente Korchnoi - Sospetti e accuse (Dal nostro inviato speciale) Lucca, 31 marzo. Korchnoi e Petrosjan giocano con cupa determinazione. Si odiano. E' abbastanza normale che i giocatori si odino alla scacchiera. Una volta, in un club inglese, il grande Steinitz sputò addosso all'avversario, che reagì cercando di gettarlo dalla finestra. E' stato detto che gli scacchi contengono elementi di omicidio psichico e Fischer ripeteva: « Vince chi sa odiare di più l'avversario ». Ma l'odio reciproco di Korchnoi e di Petrosjan va oltre la partita e non è soltanto scacchistico. Si detestano praticamente da sempre. Dice Korchnoi: «Da molti anni non ci stringiamo la mano e non ci scambiamo parola ». A peggiorare le cose c'è stata, l'anno scorso, la fuga di Korchnoi dall'Urss. Riparato ad Amsterdam, ha accusato la potente federazione scacchistica sovietica di averlo boicottato, nella corsa al titolo mondiale, a favore del giovane astro Karpov. Ha detto che i suoi collaboratori erano in realtà spie della federazione e confidavano agli assistenti di Karpov le varianti sulle quali egli si preparava. Ha detto queste cose e perfino di peggiori. Subito la federazione sovietica ha scomunicato il rinnegato. Lo ha squalificato e degradato di tutti i titoli (è stato quattro volte campione dell'Urss). Ha vietato ai giocatori sovietici di partecipare a tornei insieme al transfuga, il divieto è stato fatto proprio dagli altri Paesi dell'area socialista. E Petrosjan ha raccolto le firme per una lettera aperta in cui si legge: « L'abietta condotta di Korchnoi suscita in noi indignazione e disprezzo... ». La lettera è stata firmata da trentun grandi maestri sovietici, ma non dai tre che sono forse i più prestigiosi: Spassky, Botvinnik e Bronstein. Diabolico, il caso ha messo ora di fronte l'eretico Korchnoi e l'ortodosso Petrosjan. Sono stati sorteggiati per questo match che si disputa al Ciocco, in Garfagnana, valevole per i quarti di finale del campionato del mondo. Petrosjan non può rifiutarsi di giocare con il dissidente, altrimenti la federazione internazionale assegnerebbe la vittoria a Korchnoi. Al Cioccio non giocano soltanto per il titolo mondiale. Il transfuga deve vincere per dare una giustificazione sportiva alla decisione di abbandonare l'TJrss. Petrosjan non può farsi battere da un rinnegato, rischiando la diminuzione di prestigio in patria, con probabile perdita di alcuni privilegi di cui godono i grandi campioni di scacchi. Per assisterlo (e ciò prova l'importanza del match per i sovietici) sono venuti al Ciocco il presidente della federazione scacchistica dell'Urss Avebach e i grandi maestri Geller e Zeitc. Tigran Vartanovic Petrosian è un armeno di 46 anni con faccia larga e scura, ere- j spo. Infanzia misera, a otto ! anni è riuscito ad acquistare un manuale del gioco e da allora non ha più alzato la testa dalla scacchiera. Campione del mondo 1963-69. E' detto « la roccia » perché difficilissimo da battere, ma scarsamente aggressivo. Non si può dire che sia il beniamino delle masse. Il suo gioco, troppo prudente e redditizio ma arido, non infiamma gli spettatori, le sue vittorie sono dovute più alla precisione matematica che alla genialità e all'estro. Sordo, prima della partita stacca l'apparecchio acustico, se lo infila in tasca e resta impassibile in un'atmosfera lunare. Viktor Lvovitc Korchnoi, 46 anni, di Leningrado. In Russia ha lasciato moglie e figlio, si è portato via dodici valigie zeppe di libri sugli scacchi. E' detto « Viktor il terribile » per la sua indomita volontà di vincere. Combattente senza bandiera, ormai deve vincere sempre per arrivare al titolo mondiale. Se non dovesse riuscire in questa tremenda impresa, potrebbe risultare vera la profezia di Karpov: « Scacchisticamente Korchnoi si è suicidato ». Prima di una partita di scacchi e alla fine gli avversari si stringono la mano. Lo fanno tutti, sempre, volentieri o no. Non lo fanno Korchnoi e Petrosjan. Si ignorano, semplicemente. E' stato detto che si scambiano sguardi di odio, ma non è esatto: non si guardano affatto, nemmeno per caso. In questo clima avvelenato nascono sospetti, corrono accuse. Una volta che Korchnoi aveva saputo da amici che Petrosjan nell'ultima partita non si era tolto l'apparecchio acustico, aveva subito chiesto che non gli fosse più consentito di usare quell'apparecchio, che poteva essere una microradio attraverso la quale i consiglieri sovietici gli suggerivano le mosse. Poi è stata la moglie di Petrosjan, una scacchista che si chiama Rona, a chiedere agli arbitri di « aprire un'inchiesta ». Era certa che l'assistente di Korchnoi, l'israeliano Murray, lo è a o . . a consigliasse telepaticamente. E poiché gli arbitri non potevano farci nulla, la signora Petrosjan si era seduta davanti a Murray, dondolando la testa senza pause per impedire che il « flusso magnetico » arrivasse a Korchnoi. L'esasperante braccio di ferro sta per finire. Korchnoi è in vantaggio di un punto. Ieri, undicesima partita, dopo la 27* mossa è andato dall'arbitro Kazic e gli ha detto di proporre la patta a Petrosjan. Kazic ha fatto la commissione. Un nervoso cenno dell'armeno che significava: devo pensarci. E' rimasto un quarto d'ora, venti minuti a rissare i pezzi, dilaniandosi, cercando un'impossibile via d'uscita. Korchnoi se ne era andato in fondo alla sala, aspettava senza guardare l'odiato Tigran Vartanovic, ma intuiva il suo tormento, e sorrideva. Sabato, la dodicesima e ultima partita. E' l'estrema occasione per Petrosjan. Mai, nemmeno quando si batteva nella finale per il titolo mondiale, una partita è stata tanto importante per lui. Luciano Curino

Luoghi citati: Amsterdam, Leningrado, Lucca, Russia, Urss