La recente legge sul diritto di famiglia di Clara Grifoni

La recente legge sul diritto di famiglia La recente legge sul diritto di famiglia Il figlio che sceglie il cognome Dal 19 settembre 75, i cosiddetti panni sporchi si possono lavare in pubblico con l'approvazione della legge. Da allora, molte situazioni matrimoniali incancrenile sono state risolte e innumerevoli padri hanno riconosciuto i figli naturali o adulterini. Quanti precisamente, è impossibile dirlo. L'anagrafe non parla. Giacché le uniche cifre reperibili riguardano i casi controversi, che finiscono davanti ai Tribunali minorili; e va detto perché. La legge sì preoccupa che i riconoscimenti non avvengano contro la volontà delle due tradizionali « vittime » d'una posizione falsa, la madre e il figlio. Se questi ha compiuto i sedici anni, può anche respingere un padre rimasto sempre nell'ombra e che apre le braccia gridando: « Figlio, figlio mio! » quando non ci sono più rischi. Il « no » del ragazzo è inappellabile (art. 250 del nuovo diritto di famiglia). Se invece non raggiunge l'età prestubilita, la decisione spetta alla madre e anche lei può rispondere « no ». Qualche volta lo fa. Dice la signora E. C, trentacinquenne, begli occhi chiari nei quali lampeggiano sfide: « Ho tirato su il bambino a furia di lavoro e... di hcrime. Ormai ha quattordici anni, il peggio è passato e non voglio riavere tra i piedi costui ». Un'altra, esile, bionda, meno che trentenne: « Fu lui a piantarmi in brutto modo e ne feci una malattia. Ora c'è un uomo che mi vuol bene. Ci sposeremo presto e sarà lui il padre del mio bambino. A quello là chiedo soltanto di non farsi più vedere, per me è lo spettro d'un passato morto e sepolto ». Ma quello là può non darsi vinto. E toccherà al giudice stabilire se, nell'interesse esclusivo del ragazzo, si debba controbattere la repulsa della madre. « Queste opposizioni — informa la signora Anna Maria Sclerandi, cancelliere del Tribunale per i minori di Torino, che ha competenza regionale e in parte valdostana — sono abbastanza rare: ne abbiamo avute non più di ventidue nei '76, su mille riconoscimenti di adulterini. Vengono inclusi nella categoria anche ragazzi con genitori sposatisi dopo il divorzio o in attesa di divorzio. Secondo la vecchia legge, i bambini nati durante la separazione non potevano esser messi in regola senza il consenso dei figli avuti nel matrimonio precedente; oggi, non occorrono consensi di sorta ». Ma il caso più frequente è quello classico: madre nubile, padre sposato. E non appena i due sono arrivati a un accordo, sorge il problema del cognome da imporre al bambino. Qui, in omaggio alla conclamala parità dei sessi, la legge offre una scelta fra tre soluzioni: prima, il ragazzo continuerà a chiamarsi B. come la madre, che per prima lo ha riconosciuto; seconda, prenderà il cognome del padre, chiamandosi R.; terzo, porterà i due cognomi riuniti, chiamandosi B. R. « Molte donne — dice il professor Paolo Vercellone, presidente del Tribunale per i minori — vengono da noi completa mente all'oscuro dei diritti otte- nuli sulla carta e s'illuminano in viso quando sanno di poter lasciare al bambino il loro cognome. Una curiosa idea sedimentata nel costume le porta a credere che la "proprietà" del figlio spetti a chi gli dà il nome e che non saranno più madri in assoluto se lui da B. diventerà R. Cerchiamo di convincerle che nulla cambicrà dal lato affettivo, mentre il bambino, portando il nome del padre, diventerà più simile a un figlio legittimo. Allora, in gran parte, cedono: dategli pure il cognome di lui. Se la resistenza è forte, suggeriamo di ripiegare sui due cognomi, però iiiiiiiiiiiimiimiiiiimiiiimiimiiiiiiimmiiiii avvertendo che, nella società moderna, chiamarsi B. R. è un modo di essere N. N. Tuttavia qualcuna insiste: per me i due cognomi vanno benissimo. E alla nostra obbiezione che nella società moderna eccelero, uni donna molto giovane ha risposto: cambierà anche la società ». Ma sono questi, per il magistrato, incontri eccezionali. La norma è costituita da donne ignare, disinformate, rimaste suddite del maschio. Un piccolo episodio, che risale allo scorso dicembre: dopo la scelta del nome, una coppia viene invitata a firmare l'atto. Informano di essere analfabeti entrambi. Il cancelliere gli dice di apporre una croce e porge la penna alla donna. Ma l'uomo scatta in piedi, le toglie la penna di mano e: « Metto io la croce per tutti e due ». La donna gli rivolge allora un pallido sorriso, come se quel gesto da padrone riannodasse un legame infranto. « Con queste annotazioni marginali — conclude il prof. Vercellone — diamo il nostro modesto contributo alla breve storia del nuovo diritto di famiglia. I ministeri congiunti Giustizia e Interni dovrebbero fare un bilancio per sapere che cosa ha mosso e come viene applicato dai diversi Tribunali che, notoriamente, formano altrettante repubblichette del diritto, per cui dove a Torino diciamo no, a Firenze decidono si. Una legge tanto importante andrebbe riveduta ogni sei mesi. Invece, temo, per trent'anni non ci si lor- nera sopra ». Clara Grifoni

Persone citate: Anna Maria Sclerandi, B. R., E. C, Paolo Vercellone, Vercellone

Luoghi citati: Firenze, Torino