Barre ha pronto oggi il governo di "tecnici" di Alberto Cavallari

Barre ha pronto oggi il governo di "tecnici"Secondo la direttiva di Giscard d'Estaing Barre ha pronto oggi il governo di "tecnici" (Dal nostro corrispondente) Parigi, 29 marzo. Domani sera sarà pronto il nuovo governo Barre. L'ha annunciato il primo ministro incaricato ufficialmente da Giscard stamattina, dopo un colloquio di un'ora col Presidente. Barre continuerà a conservare il ministero delle Finanze, ed ha confermato la riduzione del numero dei ministri. Essi saranno quattordici, più il premier. Anche i segretari di Stato saranno ridotti. Il primo Consiglio dei ministri si terrà giovedì, iniziando la preparazione di un piano che sarà sottoposto al Parlamento col voto di fiducia. Non ci sono più dubbi che la riduzione ministeriale e il criterio che la guida («Un governo sganciato dai partiti») fanno saltare proprio quel direttorio di tre superministri che nel precedente ministero rappresentavano i partiti, ed erano collocati in cima alla piramide come ministri di Stato. Anche nel vecchio governo c'erano quattordici ministri più il premier. Ma i componenti diventavano diciotto contando i tre superministri, Poniatowski (Interno), Lecanuet (Pianificazione), Guichard (Giustizia), che rispettivamente vi rappresentavano il partito giscardiano, il partito centrista, il movimento gollista. La precisazione di Barre conferma l'abolizione di questo direttorio a tre. Quanto alla liquidazione dei tre leader non si può ancora confermare nulla. La logica darebbe infatti per scontato il loro licenziamento. Ma fino all'ultimo momento non si esclude un «sofisma presidenziale». Giscard potrebbe salvare i suoi uomini di fiducia retrocedendoli a ministri e spingendoli a delegare ad altri la guida dei partiti. Barre pare invece insistere sulla massima «depoliticizzazione» del nuovo ministero (che implica il licenziamento dei tre). Uscendo dall'Eliseo stamattina si è espresso con un significativo paradosso: «Non sarà un ministero di tecnici» ha detto «perché va precisato una buona volta che non essere dei parlamentari non significa essere solo dei tecnici. Io stesso ho dato la dimostrazione che la mia azione non è stata solo quella di un tecnico, ma di un politico». Il suo orientamento pare quello di un uomo sicuro del suo mandato non partitico. Ha ripetuto ancora che «gli uomini non saranno scelti in base a dosaggi politici». Si profila 'quindi un gabinetto tecnocratico, di non parlamentari, liberato dal «direttorio» dei superministri, salvo qualche compromesso dell'ultimo momento per esigenze parlamentari o pressioni presidenziali. Sofismi e contraddizioni sono di casa nell'attuale congiuntura francese. Non è sfuggito infatti agli osservatori che l'operazione di Giscard di «separare il governo dai partiti» si è richiamata ai principi golliani della Quinta Repubblica, però lasciando aperto molto spazio ai metodi e ai costumi della Quarta. E' vero che la formula dei ministeri ristretti ha precedenti gollisti, e che Giscard imita l'operazione Messmer del '73 o l'operazione Pompidou del '66, che portarono a «microgoverni» d'emergenza. Ma un governo «tecnico» è classica formula da Quarta Repubblica. Così come lo sono le ricerche di sostegno parlamentare, del resto già cominciate. Stamattina si è registrata una novità che Le Monde definisce «sorprendente». Giscard ha proceduto per la prima volta a consultazioni con Edgar Paure, presidente della Camera, e con Alain Poher, presidente del Senato. Infatti la «depoliticizzazione» del governo non può prescindere dalla solita quadratura del cerchio, dato che i partiti espulsi dal «direttorio» vanno corteggiati in Parlamento per evitare una crisi sul voto di fiducia. Nell'operazione golliana di Giscard (nel tono e nei «principi») la Quarta Repubblica cacciata dalla porta rientra dalla finestra. La mossa spettacolare del Presidente comporta quindi tutta una serie di riserve, tanto più che sulla sua decisione manca la reazione più importante: quella gollista. L'atteso incontro Giscard-Chirac, legato alla recente nomina di que¬ st'ultimo a sindaco di Parigi, previsto dal cerimoniale, si è regolarmente svolto oggi alle 13 ed è durato un'ora. Ma il leader gollista ha rifiutato ogni dichiarazione. Labbé, suo capogruppo parlamentare, s'è limitato a dire che i gollisti «non lamentano l'abbandono della concezione dei ministri partitici», dato che questo è un omaggio alla formula golliana classica; in più ha commentato la richiesta di un «patto maggioritario» del Presidente come un cedimento alle proposte di Chirac. Ma si tratta di commenti tattici. Una vera replica politica non c'è, e le conseguenze della mossa presidenziale sono scarsamente valutabili finché il silenzio gollista dura. Infatti, la sostanza della manovra presidenziale è la seguente. Ai gollisti che chiedevano dopo il disastro elettorale un rimpasto e un diverso rapporto di forze all'interno del governo (che contava dieci repubblicani giscardiani, undici indipendenti presidenziali, contro soli nove gollisti) Giscard ha risposto con l'arma golliana della polemica contro i partiti e la «depoliticizzazione» del nuovo ministero. Questo segna un punto in favore del Presidente perché toglie dalle mani di Chirac la possibilità di mettere in crisi il governo facendo dimissionare i suoi ministri. Ma Giscard non è De Gaulle, e dopo essersi liberato di un governo che i gollisti tenevano in ostaggio, deve pur sempre fare i conti con Chirac che resta il capo della forza politica più importante della maggioranza. Può governare il «barrismo» puro senza l'appoggio dei gollisti? Appena risolte, tornano le vecchie contraddizioni dell'epoca giscardiana. Alberto Cavallari

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