Hollywood, compromesso tra "cassetta" e qualità di Sandro Casazza

Hollywood, compromesso tra "cassetta" e qualità Hollywood, compromesso tra "cassetta" e qualità Hollywood ha premiato insieme il vecchio cinema pugilistico e il nuovo cinema italo-americano. Rocky, diretto da John Avildsen, è stato lanciato nel mondo con il nome del suo interprete e sceneggiatore, Sylvester Stallone. Il film, accolto in Italia tra perplessità e riserve, è per metà il prodotto di quel pione cinematografico che sembra attingere registi e attori nelle « Little Italy » statunitensi. I nomi sono noti: Coppola, Scorsese. De Palma, Al Pacino, De Niro. Un gruppo piccolo e coni- I patto. Ma le loro pellicole, dal Padrino a Taxi Driver a Carrie, hanno già portato tanti milioni dì dollari nelle casse dei produttori americani da conquistarsi fiducia e ere- j dito commerciali illimitati. Ora alla schiera si aggiunge anche il trentenne Stallone. Rocky sarebbe costato circa mezzo miliardo di lire ed avrebbe raggiunto, dopo sei mesi di programmazione negli Stati Uniti, una cifra record di oltre 50 miliardi. Hollywood è sempre riconoscente verso chi le la guadagnare molli quattrini. * * Rocky racconta la storia di un pugile di mezza tacca che, per caso fortunato, incontra sul ring il campione del mondo, con la possibilità insperata di conquistare il titolo. Per il povero Rocky (il suo idolo è Marciano) si tratta della grande occasione. Quel combattimento rappresenta il riscatto umano e sociale. Perderà, ma con onore. E' quanto basta per ricominciare una vita onesta, senza i miti balordi del successo eneo» l'affetto sicuro e tranquillo di una donna (l'attrice Talia Shire, sorella di Coppola, tra le candidate all'Oscar). Ma chi è Sylvester Stallone, questo giovanotto quasi sconosciuto che al suo primo film viene lanciato sul mercato internazionale con la potente carta di credito della Academy Award? Newyorchese, inquieto, ribelle. Trascurato dalla madre, riceve dal padre una educazione ginnica che ha anche lo scopo di irrobustire la sua fragile corporatura. A diciotto anni è cacciato da quattordici collegi. Vince una borsa di studio e diventa professore di educazione fisica. Debutta come attore con una troupe di filodrammatici e recita nella Morte di un commesso viaggiatore. Ma non è ancora la scelta definitiva. Cambia molti mestieri: lottatore alla fiera, imbianchino, maschera di cinematografo. Sinché un giorno decide di diventare scrittore. Parte per Hollywood dove la moglie Sasha baite a macchina una serie di copioni destinati al cestino. La vista di un manifesto di Marciano suggerisce a Stallone la « grande idea » e nasce la sceneggiatura di Rocky. La scrive di getto in tre notti. Commentando ironicamente questo exploit fortunato, ha dichiarato sulla rivista francese «Express»: « lo sono uno degli scrittori più rapidi del secolo. Ho questo dono. Non comprendo certe persone che impiegano diciotto anni per scrivere un romanzo come "Madame Bovary" ». La macchina hollywoodiana dei sogni si è messa in moto a pieno ritmo. Il destino di Stallone e del suo eroe cinematografico si identificano. Lo hanno già paragonato a Marion Brando in Fronte del porto, con i bicipiti di Victor Mature, la bocca di Rock Hudson e l'andatura di Robert Mitchum. La United Artists lo avrebbe pagalo 20 mila dollari (circa 18 milioni), più una percentuale. E il suo film, prima dell'Oscar, aveva raggiunto al « box office » quota 55 milioni di dollari. E' nata una stella d'oro e Hollywood si prepara a monetizzarla. Gli Oscar per i migliori protagonisti sono andati a Peter Finch (morto due mesi fa) e a Faye Dunaway: entrambi interpreti con William Holden e Robert Duvall di Network (Quinto potere), il film di Sidney Lumet e Paddy Chayefsky sui condizionamenti e le mistificazioni della tv. Due premi azzeccati. Finch, l'unico attore che abbia ottenuto l'Academy Award alla memoria, ha chiuso con questa interpretazione a 61 anni una grande e antidivista carrie¬ ra recitativa che vanta tappe importanti ce ie Ln ragazza dagli occhi verdi, Il volo della Fenice, Via dalla pazza folla e Domenica maledetta domenica. La Dunaway, dopo alcune candidature sfortunate, è riuscita a conquistare la statuetta di bronzo dorato per un personaggio di donna, carrierista e glacialmente efficiente, ritratto con acutezza psicologica, profonda sensibilità e raffinatissimo professionismo. Tra i grandi sconfitti Robert De Niro e Liv Ullman. Se il cinema italo-americano ride, quello italiano piange. Bocciate le ambizioni all'Oscar di Lina Wertmuller e di Giancarlo Giannini (regista e interprete di Pasqualino Set icbei lezzo ), la nostra industria cinematografica ha dovuto accontentarsi di un premio di consolazione. A Danilo Donati è andato il secondo Oscar dopo quello di Giulietta e Romeo per i costumi del Casanova di Fellini. * * Nel complesso Hollywood lui confermato la tendenza manifestata in questi ultimi anni. Gli esperti della « Academy of Moiion Pictures Aris and Sciences » stanno cercando di trovare una formula di compromesso tra il « commercio » e la « qualità » del prodotto. Alcuni premi e candidature rivelano l'intenzione di segnalare anche un cinema non soltanto incline alla cassetta. Basti ricordare il riconoscimento come migliore film straniero a Black and While in Color che arriva addirittura dalla Costa d'A vorio, e le « nominations » per Questa terra è la mia terra di Hai Ashby (un autentico disastro di incassi) sulla vita del cantante folk Woody Guthrie, oltre a Immagine allo specchio di Bergman, e a Cousinc cousine dello sconosciuto feanCharles Tacchetta. Anche se i riconoscimenti più importanti sono andati a chi ha guadagnato di più, non dispiace constatare che Hollywood si è accorta dell'esistenza di una parte di pubblico con gusti cinematografici meno convenzionali e massificali. Sandro Casazza

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