Israele è scettico sull '«evoluzione» dell'Olp al Cairo di Giorgio Romano

Israele è scettico sull '«evoluzione» dell'Olp al Cairo Israele è scettico sull '«evoluzione» dell'Olp al Cairo (Nostro servizio particolare) Tel Aviv, 25 marzo. Gli israeliani non accettano la tesi che dal Congresso nazionale palestinese sia uscito un direttorio moderato e che in esso abbia prevalso una tendenza tollerante, anzi sono convinti del contrario. La conferma di Yasser Arafat alla testa delle diverse organizzazioni non è apparsa un segno di arrendevolezza da parte dei fronti del rifiuto e il fatto stesso che Bassam Abu Sharif, il portavoce del Pflp di George Habash abbia detto che il congresso è stato un trionfo per i «falchi», è un indice abbastanza eloquente. L'unanimità, si sottolinea in Israele, non si è fatta al Cairo perché sono prevalse le idee della trattativa, ma perché si è riusciti a ottenere una conferma unanime della «carta» del 1968 che costituisce una dichiarazione di guerra ad oltranza allo Stato di Israele e anzi nega il suo diritto alla vita. Ha dichiarato il ministro degli Esteri Allon (anche agli ambasciatori dei Paesi della Cee): «Arafat e Kadoumi hanno reso palese, al di fuori di ogni dubbio, che l'Olp non è disposta a modificare la sua meta finale, precisata nel 'patto palestinese": lo stabilimento di uno Stato palestinese in tutto il territorio d'Israele. Secondo Kadoumi l'Olp si darà da fare per ottenere l'isolamento di Israele e la sua espulsione dalle Nazioni Unite». Allon ha tuttavia aggiunto che Israele non deve limitarsi a respingere le risoluzioni del Cairo e la campagna che l'Olp cercherà di organizzare un po' dovunque: «Dobbiamo proporre un piano costruttivo per risolvere il problema palestinese nel quadro giordano. L'atteggiamento che assumerà la Giordania è considerato una delle incognite della equazione medio-orientale». Il primo ministro in una intervista alla radio ha precisato tra l'altro: «Anche se sono i moderati quelli che hanno prevalso nelle organizzazioni dei palestinesi, l'atteggiamento adottato rimane estremista. Esso sta a dimostrare che con l'Olp non c'è possibilità di dialogo ma solo di incontro sul campo di battaglia». Anche la reazione degli altri uomini politici, e in particolare del ministro della Dite sa Peres, è stata molto dura e si ha l'impressione c>e l'atteggiamento assunto dal Parlamento palestinese in esilio indurrà a un irrigidimento nelle posizioni del governo (per esempio a proposito di nuovi insediamenti ebraici nella Giudea e Samaria) e anche negli elementi più moderati del Paese. Esso ha messo in imbarazzo anche quegli esponenti del movimento per la pace tra israeliani e palestinesi (Eliav, Peled, Avneri) che avevano dichiarato di aver avuto nei mesi scorsi incontri con un rappresentante autorizzato dell'Olp, latore di una lettera di delega di Arafat. Anche il loro piano per le prossime elezioni, con la costituzione di un movimento unitario in vista della pace, potrà subirne il contraccolpo. Negli ambienti vicini al governo ci si chiede ansiosamente quale sarà la reazione del mondo all'atteggiamento sostanzialmente negativo del consiglio palestinese e se gli Stati Uniti, che hanno sempre dichiarato che non avrebbero trattato con l'Olp fino a che non avesse accettato l'esistenì za dello Stato di Israele e rinunciato al terrorismo come metodo di lotta, continueranno su questa strada, dopo le dichiarazioni del presidente Carter sul «diritto dei palestinesi, che hanno sofferto per tanti anni, ad avere una loro patria». Giorgio Romano