"Alt al primato del dollaro"

"Alt al primato del dollaro" Nostra intervista all'economista Robert Triffin "Alt al primato del dollaro" Dopo la guerra del vino e quella delle scarpe, ora è scoppiata la disputa sui prezzi agricoli comunitari. Lo spettro del protezionismo torna ad aggirarsi per l'Europa. Nella stretta della crisi, ogni partner della Cee tende a rinchiudersi in se stesso, limitando gli scambi con gli altri Paesi. In questo quadro, aumentano i divari fra le nazioni forti (con basso tasso di inflazione e bilancia dei pagamenti in attivo, come la Germania occidentale) e quelle deboli, come l'Inghilterra e l'Italia, e si accentua conseguentemente l'instabilità dei cambi fra le rispettive monete: la sterlina, la lira ed il franco francese fluttuano di giorno in giorno e si sono deprezzati dal 27 per cento fino al 55 per cento circa rispetto al marco tedesco dalla fine del '70 ad oggi. L'edificio comunitario scricchiola da tutte le parti, e questo proprio nel momento in cui, con l'elezione — prevista per il giugno '78 — del Parlamento europeo, ci si propone un passo decisivo verso l'integrazione politica. «Ci vuole un certo ottimismo, e anche una certa dose di imprudenza — ammette Robert Triffin — a parlare di unità monetaria in questa situazione. Eppure, io sono convinto che la crisi a cui assistiamo dimostri proprio l'incapacità dei paesi membri della Comunità di controllare l'economia ciascuno per suo conto, e quindi l'urgenza di inventare nuovi strumenti a livelli sovrannazionali ». Triffin, che abbiamo incontrato ieri a Torino, in occasione del convegno promosso dal Centro europeo di studi e informazioni, è uno dei massimi esperti di problemi monetari internazionali. 66 anni, belga di nascita, americano d'adozione (insegna all'università di Yale), è da sempre un tenace sostenitore dell'integrazione europea. Prima ancora della crisi valutaria del '71, che segnò la fine della convertibilità del dollaro, Triffin era già convinto della necessità di superare l'egemonia della moneta americana, e di realizzare un «fondo comune» di riserve valutarie dei paesi del Mec. Tramontata l'era kissingeriana, ora queste tesi trovano maggiore udienza presso la Casa Bianca. «Bisogna costruire un nuovo ordine monetario mondiale — afferma Triffin —. Dopo il crollo del sistema di Bretton Woods, è subentrato il caos piii completo. I cambi fluttuanti hanno solo portato a moltiplicare gli interventi delle Banche centrali a sostegno delle rispettive valute. Ciò però non ha impedito una continua e rapida altalena intorno alle monete più forti. D'altra parte, un accordo fra tutti ì governi su questi problemi appare al momento irrealizzabile, data l'opposizione degli Stati Uniti all'abolizione dei cambi fluttuanti. Non a caso l'incontro di Giamaica si è concluso con un nulla di fatto ». Che cosa si pub fare allora? «Ciò che non è possibile a livello mondiale — continua Triffin — si può già avviare nell'ambito europeo. I paesi della Comunità effettuano fra di loro più della metà dei loro commerci, contro appena l'8 per cento con gli Stati Uniti. Eppure il dollaro continua a rappresentare l'unità di misura esclusiva dei loro rapporti di cambio, e la componente principale delle loro riserve valutarie. Questo paradosso va superato al più presto. La Cee deve adottare una moneta comune, che chiameremo "Europa", intesa come punto di riferimento per la definizione dei cambi. Questa moneta dovrebbe assumere un ruolo crescente nelle transazioni all'interno della Comunità, nelle operazioni di credito, nell'accumulo di riserve nazionali e negli interventi delle Banche centrali sul mercato dei cambi». Che vantaggi avrebbe una soluzione di questo tipo? «Anzitutto, renderebbe più agevole il riaggiustamento dei tassi di cambio fra le varie divise, smorzando le fluttuazioni. Inoltre l'unità "Eu¬ ropa" finirebbe per attirare nella sua orbita anche i Paesi dell'est, del Medio Oriente e dell'Africa, il cui maggiore sbocco commerciale è proprio la Comunià. Un'area di scambio così estesa comprenderebbe di fatto circa tre quarti del commercio dei Paesi partecipanti ». Ma l'unità monetaria, secondo Triffin, deve camminare di pari passo con l'unità politica. «Il limite del piano Werner, e le ragioni del suo fallimento, stanno proprio qui. Quel progetto prevedeva di realizzare l'unità monetaria "per fasi successive", con pure innovazioni di natura tecnica. Invece non si possono gettare le basi di una politica economica comune senza profonde ed incisive riforme istituzionali». Quali sono i maggiori ostacoli in questa direzione? « Essenzialmente due. In primo luogo, è chiaro che non si può raggiungere una sufficiente stabilità dei cambi se non si riesce ad armo¬ nizzare prezzi e salari dei vari Paesi. Secondariamente, l'unione monetaria richiederebbe che gli strumenti di regolazione della liquidità e della spesa pubblica fossero nelle mani di organismi comuni, piuttosto che dei singoli governi e banche centrali. Ma i politici temono che le decisioni a maggioranza, in tali organismi, possano avere effetti più o meno espansionistici di quanto il loro elettorato sarebbe in grado di accettare. Anche se ormai è chiaro che la scelta fra disoccupazione ed inflazione non va posta in termini schematici, e che l'inflazione — a lungo andare — rilancia la disoccupazione anziché guarirla, i governi si preoccupano dei risultati immediati, per garantirsi il consenso. E' ora dì far capire a tutti che questi problemi non si possono risolvere nel limitato orizzonte di ogni nazione, ma solo nel quadro di istituzioni europee ». r. eh.

Persone citate: Robert Triffin, Triffin, Woods

Luoghi citati: Africa, Europa, Germania, Inghilterra, Italia, Medio Oriente, Stati Uniti, Torino