Folk per 20 giorni da tutto il mondo

Folk per 20 giorni da tutto il mondo Da domani sera al Palasport Folk per 20 giorni da tutto il mondo I Quilapayun aprono la manifestazione (m. c.) Domani sera alle 21, al Palasport, inizia il «Festival Victor Jara», una rassegna internazionale della canzone popolare. E' la più importante manifestazione folkloristica della stagione nel nostro Paese, un'iniziativa che — per organicità di calendario e diffusione delle aree espressive presentate — non trova precedenti in questo tipo di « performances ». Il Festival, dedicato al nome d'uno dei padri della « Nueva Canción Chilena », è organizzato dalle tre associazioni democratiche Arci, Enars-Acli, Endas, sotto il patrocinio della Regione Piemonte, della Provincia e della città di Torino. Il programma prevede un impegno di 21 giorni, da sabato 26 a domenica 17 aprile: 5 concerti saranno tenuti a Torino, gli altri ad Alessandria (28 marzo e 2 aprile). Asti (30, 4 e 12), Cuneo (27 e 6), Novara (29, 8 e 17), Saluzzo (31), Valdengo di Biella (1 e 13), Novi Ligure (10), Vercelli (11), Pontecurone di Tortona (5), Ivrea (14) e Omegna (15). Il concerto d'apertura (un recital di presentazione fu fatto già il 24 febbraio) sarà tenuto al Palasport dal Gruppo Esule Cileno dei Quilapayun (con loro lavorava Victor Jara), dai galiziani Benedicto c Bibiano, dai « tarantolati » del Gruppo Lucano di Tricarico e dal complesso friulano dei Cantori e Suonatori di S. Giorgio di Rcsia. Nei concerti torinesi e in quelli che si sposteranno nella regione, ci sarà una rotazione di artisti, che comprenderà: il folk singer americano più celebre, Pete Seeger; i cileni li.ti 111 imani, Isabel e Angel Parrà (figli di Violeta), gli Icalma, Marta Contreras, Charo Cofré e Hugo Arevalo; i cubani Pablo Milanes e Silvio Rodriguez; gli uruguayani Alfredo Zitarrosa e Yamandy Palacios; gli argentini Huerque Mapu; il portoghese Luis Cilia; gli spagnoli dell'antifranchismo nuovo e vecchio, Manuel Gerena; Manuel Labordeta; Victor Manuel, Gorka Khnorr, Maria Del Mar Bonnet e Ioan Isaac. E quasi tutti i più noti ricercatori e artisti del folklore italiano: Giovanna Marini, il Gruppo Operaio E. Zezi, Fausto Amodei, Ivan Della Mca, Paolo e Alberto Ciarchi, Otello Profazio, Rosa Balistreri, il Canzoniere del Lazio, Gualtiero Bertelli, Colonia Cecilia, le sorelle Bettinelli, gli italoalbanesi « Zjarri », il duo di Piadena, il gruppo di cantori Occitani, le mondine della Cooperativa Cappuccini, il Canzoniere Internazionale, i suonatori di Loiano e Monghidoro, il Gruppo dell'Almanacco Popolare, il suonatore di launeddas, Beppe Cuga, il Canzoniere Popolare del Veneto, il Gruppo Emiliano, il coro Supramonte di Orgosolo, il Gruppo di Dodi Moscati, i marchigiani di Petriolo, il Canzoniere Toscano di Caterina Bueno. E' un elenco lunghissimo, ma è giusto segnalarlo integralmente, perché testimonianza della dimensione politico-culturale nella quale intende operare il Festival. Il programma della manifestazione non si esaurisce comunque nei « recitals », ma svolge una serie collaterale d'iniziative che, a livello di quartiere e di comunità, realizzino un'eco stabile d'interessi verso la cultura e l'espressività del proletariato. Già il « decentramento » di molti spettacoli è una scelta di lavoro nell'ambito del territorio; vi sono poi esibizioni di vecchi cantastorie (gli ultimi sopravvissuti di un antico mestiere della civiltà contadina), laboratori aperti di musica popolare, dibattiti, proiezioni di films, proposte di ricerca sul rapporto tra la cultura delle classi subalterne e la coscienza di classe, con la partecipazione di sindacalisti, etnologi, operatori culturali. Per tutta la durata della manifestazione, due mostre presenteranno documenti e raccolte iconografiche su temi specifici: « la Resistenza in Cile » e « la canzone politica ». Quest'ultimi è la più completa composizione organica che sia stata curata in Italia, l'ha realizzata il « Nuovo Canzoniere Italiano » con il materiale dell'Istituto Ernesto De Martino. Torino ritorna alle memorie non lontane del « folkfestival uno e due », le proposte degli Anni Sessanta maturano ora in una realtà che ha saputo cogliere la lezione di quegli spettacoli e allargarne i contenuti in una consapevolezza politica più diffusa e organica.