Diplomazia alla deriva

Diplomazia alla deriva UNA LETTERA AL, DIRETTORE Diplomazia alla deriva Caro Direttore, ho letto vari articoli sulla « battaglia alla Farnesina », che mi hanno colpito per il loro totale distacco dalla realtà. Non vi trovo il minimo accenno alle intenzioni, ai propositi, ai progetti, alle idee degli uomini politici e in particolare dei successivi titolari del ministero degli Esteri in materia di riforme della diplomazia. E' vero che essi non hanno mai avuto, e quindi non hanno mai potuto manifestare, nessuna intenzione, proposito, progetto o idea al riguardo. Ma proprio su questo languor voluntatis della dirigenza politica occorrerebbe attirare la attenzione. In tema di neghittosità, il ministro attuale batte tutti i suoi predecessori. Il suo disinteresse per il suo lavoro e, a fortiori, per l'arnministrazione che dovrebbe esserne lo strumento è totale. Il ministero degli Esteri va da molti anni alla deriva. In un primo tempo, durato esso stesso a lungo, si è creata quella che io chiamo la carriera dei camerlenghi: una carriera parallela alla diplomatica e consistente nell'appoggiarsi a un uomo politico, seguirlo nelle anticamere dei suoi successivi uffici, ottenere da lui una serie di promozioni anticipate e finalmente rientrare nella carriera diplomatica come capomissione in una sede importante, in barba ai colleghi che nel frattempo hanno fatto il loro mestiere, all'estero o nell'amministrazione centrale. (E' come se a un ufficiale di marina si dicesse: « Vuoi diventare ammiraglio? Guardati bene dall'imbarcarti »). Inoltre ogni camerlengo si è tirato dietro uno o più camerlenghi in sott'ordine. Cosi è avvenuta la politicizzazione dei funzionari. La quale, più che adesione a un partito o a una corrente, è stata un vassallaggio personale verso il tale o tal altro uomo politico. Recentemente si è verificato un altro fenomeno, peggiore del primo perché, almeno, i camerlenghi, oltre che abili nell'operare prò domo sua, erano nella maggior parte dei casi persone intelligenti, che avrebbero fatto una buona carriera anche in una amministrazione corretta. Il nuovo fenomeno consiste nel fatto che il personale dei ruoli diversi da quello diplomatico, giù giù fino agli uscieri, ha accampato crescenti pretese, che la dirigenza politica ha demagogicamente accolto: pretese finanziarie (ormai negli uffici all'estero gli impiegati hanno stipendi da fare invidia agli uscieri della Camera e del Senato) e pretese di carriera (ormai quasi nessun impiegato si trova più nel ruolo in cui era inizialmente entrato perché tutti hanno fatto più o meno arditi passaggi a categorie superiori con «leggine»). Adesso si tenta l'ultimo assalto, quello alla carriera diplomatica vera e propria, da parte di quegli impiegati e degli impiegati degli altri ministeri. Quale preparazione più vasta, più utile, più aggiornata costoro possono avere, me lo dice Lei? E dei giovani che hanno studiato, che si sono preparati, che dovrebbero gradatamente sostituire gli anziani che ne facciamo? Li lasciamo aspettare che il governo decida di quale nuova preparazione abbiano bisogno i diplomatici di domani, se sia la ginnastica invece delle lingue straniere, l'oratoria comiziesca invece del diritto internazionale e via di seguito? E nel frattempo tappiamo i buchi del servizio diplomatico con coloro la cui preparazione specifica, anziché essere « antiquata », è inesistente? Non sorprende che alfieri di questo ultimo assalto siano alcuni giovani funzionari i quali, per far carriera, hanno intravisto una strada molto più agevole accodarsi a un uomo politico: autoproclamarsi progressisti, affermare le istanze di rinnovamento e farsi appoggiare dalla base per ottenere altre « leggine ». Tanto non mancherà mai chi scoprirà che la politica estera di oggi non è più quella dell'Ottocento, disserterà sulla sostituzione del Segretario Generale con un organo collegiale, farneticherà su nuove distribuzioni delle competenze degli uffici. Mi creda, cordialmente Mario Luciolli Ambasciatore d'Italia

Persone citate: Mario Luciolli

Luoghi citati: Italia