Ho già visto il film "Gesù"

Ho già visto il film "Gesù" IL KOLOSSAL RAGGIUNGERÀ UN MILIARDO DI SPETTATORI Ho già visto il film "Gesù" Zoili rei li si serve da maestro di tutti i risvolti offerti dai Vangeli - L'uscita pressoché contemporanea in Italia, Inghilterra e Usa Roma. 23 marzo. Lo spettacolo c'è, fatto benissimo, e il divertimento è sicuro, come è legittimo attendersi da Zefflrelli, un regista di tante capacità, anche coreografiche. Per di più. egli ha stavolta per le mani la più straordinaria, affascinante, inarrivabile storia mai tramandata dalle generazioni lontane fino ai tempi nostri: ed egli se ne serve da maestro, sfruttandola in tutti i suoi possibili risvolti: dal famigliare al drammatico, dal politico al giudiziario, al giallo, all'avventuroso, all'intimo e personale, agli effetti di massa. E ancora, e non ultimo: la paesaggistica e le risorse del colore hanno anch'esse, nel film, una gran parte di buon rilievo. "Vere scoperte" Il colpo è dunque riuscito, e Zefflrelli ammette con dolce convinzione senza nessuna falsa modestia: « Sei ore dì proiezione era il tempo che mi ci voleva. Il povero Pasolini il suo Vangelo lo ha dovuto costringere in un'ora e cinquanta. A me è andata meglio ». Lui stesso dice ancora di essersi trovato dentro alla sua materia, ad un certo punto, con un senso di grande meraviglia: « E' incredibile come nella storia di Gesù si trovi, tutto, ma veramente tutto. Io non lo avrei mai sospettato, prima. Forse è perché in Italia i Vangeli si conoscono poco, dopo la dottrinetta che ci fanno da bambini all'oratorio ». E questa è un'altra delle ambizioni di Zefflrelli nel suo film, il desiderio didattico. Egli racconta di aver sentito una grande spinta dalla scoperta da lui fatta che nella storia di Gesù di Nazareth ci sono moltissime cose, e magari tutto: «Quegli zelati — dice rammemorando — e anche lo stesso Barabba. Hanno significati politici che ho voluto rappresentare perché sono molto istruttivi circa il fondo della storia di allora ». Fatta una scoperta, Zefflrelli ne fa giustamente partecipi gli spettatori. Secondo certi calcoli internazionali, il film di Zefflrelli dovrebbe essere veduto, al cinema o in tv, da un miliardo di persone in tutto il mondo. Sarebbe un record assoluto in fatto di pubblico. Certo, il soggetto aiuta, riconosce il regista, perché certi kolossal precedenti erano su questo punto molto più deboli: « Con tutto il rispetto per la signora autrice di Via col ven¬ to, volete mettere, non c'è paragone possibile ». Cita King Kong, ma solo per via del costo: il suo Gesù va sugli undici miliardi, meno di King Kong. Per la durata, sei ore, Zefflrelli pensa che il suo film non esageri: « I sovietici per Guerra e pace sono arrivati ad otto ore ». Ascolta, in mezzo a un gruppo di ammiratori, Robert Powell, che nel film è Gesù. Vestito come è adesso, da tutti i giorni, alla foggia moderna, ha un'aria ancora più vicina al vero Gesù di quanto forse non sia riuscito ad ottenere sulla scena, in fatto di rassomiglianza al suo modello. E' qui, stando seduto quieto e fermo avanti a noi durante la piccola conferenza stampa di Zefflrelli in una sala della tv, che Robert Powell, col suo gran ciuffo di capelli color rame, fa davvero pensare al galileo carducciano dalle rosse chiome. Nel film è invece molto più umano, più Gesù — voglio dire — che Cristo. Niente di comune — intendiamoci — con l'abominevole film americano di qualche anno fa, Jesus Christ superstar; Zefflrelli ha fatto recitare i suoi attori in una maniera puntualissima, senza concedersi nessuna di quelle arbitrarie fantasie che pretendono avvicinare il problema religioso cristiano alla mentalità di oggi: molto più onestamente, Zefflrelli ha fatto una ricostruzione fedele e scrupolosa della più grande storia di cronaca di tutti i tempi. Parte, all'inizio, con molta allegria, nella descrizione di una vita agreste e artigianale che dovrebbe piacere allo spettatore borghese medio, perché è proprio così che uomini e donne cittadini dell'età d'oggi si immaginano sia stata la vita georgica e bucolica. Sono, praticamente, scènes de la vie de campagne o de la vie de province evocata a nostro beneficio: starebbero anche bene in un film dedicato alla raccomandabilissima civiltà dei coltivatori diretti. Insomma, nell'avvio non si ha per nulla la sensazione che questo sia un film cavato dai Vangeli: sono pagine di storia sacra dalle quali però pare sia assente il senso del sacro. Ciò va a tutto vantaggio dello spettacolo, naturalmente. Anche il mistero dell'annunciazione a Maria è risolto benissimo senza la partecipazione del famoso angelo che sarebbe stato difficile far comparire sulla scena in un film di tutto realismo: c'è solamente un raggio di luce che nottetempo dà un'illuminazione alla Vergine. E questa si stupisce profondamente: « Ma come è possibile? — si domanda la graziosissima Olivia Hussey che impersona Maria —. Non ho mai conosciuto nessun uomo ». Ma poi, devota, si fa una ragione e prosegue: « Mi inchino come ancella ubbidiente: sia fatta dentro di me la volontà del Signore ». Ma questo è uno dei rarissimi punti di una certa quale sublimazione: nel resto, quei giorni dell'attesa dell'incarnazione del Signore, continuano a svolgersi placidamente come nelle scènes de la vie de famille della Commedia umana. Si parla, in casa di Anna, della « cugina Elisabetta » e paiono discorsi dì oggi: « Il figlio le nascerà e allora io dovrò andare a visitarla ». Anche il fatto del concepimento per virtù dello Spirito Santo è trattato in forme di assoluto rispetto per i costumi usualmene correnti. Olivia Hussey, alias Maria, è dibattuta da sentimenti contrastanti. Teme da un lato di essere considerata male, e pensando al suo Giuseppe (Yorgo Voyagis, un pezzo d'uomo molto bello, sguardo di fuoco, chiome e barba nerissime) si domanda turbata: « Ma come potrà credermi? Non dubiterà di me? ». Intanto la notizia si sparge: « Abbiamo saputo proprio ora », si dicono artigiani e contadini gli uni agli altri, nello stile ed accento degli annunciatori dei Gr. Ma non c'è per fortuna il cattivo gusto delle allusioni grassocce: « No, scherzavo — dice una per togliere di torno ogni sospetto — Maria è una brava ragazza ». x Una bravissima ragazza », insiste un altro rincarando. A queste scènes de la vie de famille si intrecciano nel film i soliti balli e le solite feste che secondo un certo andazzo sono credute immancabili fra i contadini, per ogni occasione: penso, ad esempio, alla prima parte del Novecento di Bertolucci, ed anche qui fra canti e suoni ed allegria si stanno invece preparando giorni neri. Il film si sdoppia perché da un lato c'è Peter Ustinov che, come Erode, si preoccupa molto degli annunci misteriosi: « Ma chi è il Messia? » interroga i cortigiani, e questi a rispondergli « Maestà! » ed a cercare di spiegargli. Dall'altro lato ci sono i Magi che si avvicinano a Betlemme guidati dalla stella, e la loro cavalcata è stupenda, come soltanto Zefflrelli credo che sappia rappresentare una cavalcata. Purtroppo, quando nelle soste i Re Magi si parlano tra loro sulla nascita del Cristo, c'è molto da ridere, perché i discorsi tra James Earl Jones, Donald Pleasence e Fernando Rey, rispettivamente Baldassarre, Melchiorre e Gaspare, appartengono al genere del teatro folcloristico. Pazienza, in ogni modo, dato che siamo compensati da altre bellissime scene di festa: ci si de ,ianda come potessero essere tanto e così ostinatamente giocherello¬ ne le tribù d'Israele, ma lo spettatore si potrà compiacere tirando avanti. Siamo alle ore fatali della nascita, ed il realismo celebra qui i suoi trionfi.: come in una trasmissione in diretta da una clinica ostetrica, non ci sono risparmiate, dal vero, le doglie del parto, sentiamo il vagito del bimbo, e comprendiamo infine la sollecitudine di una brava donna che assiste Maria: « Ci penso io, povera figliola », dice della puerpera, e quindi inutilmente cerca di allontanare i pastori venuti all'adorazione: « Via, andate via », e si meraviglia che quei bietoloni non si rendano conto dell'inopportunità della loro presenza. Ma i bietoloni, naturalmente, vogliono restare dovendosi attenere alla sceneggiatura tratta dal Vangelo. Più tardi, un altro spiacevole particolare non ci viene risparmiato: sentiamo distintamente lo stridio dei coltellini che il Rabbi affila, quasi uno sfrigolio, e poi subito dopo il breve strillo di Gesù sotto la circoncisione. E' anche questa una concessione al fattore spettacolo, si capisce, ma appunto in termini spettacolari allora sono molto meglio le scene della strage degli Innocenti. A darci pagine come queste. Zefflrelli è di una bravura straordinaria, impareggiabile. Non c'è film storico di guerra che per certi episodi possa competere con questo Gesù. La Passione Così termina il primo dei cinque episodi che la tv comincerà a trasmettere domenica, a colori, sugli schermi italiani. In America, dove i telespettatori sono evidentemente considerati forniti di maggiore resistenza, il Gesù sarà dato in due parti sole di tre ore ciascuna; in Inghilterra, pare, la scansione è stata fatta per tre, e così via variando da un Paese all'altro, all'inseguimento di quel miliardo di spettatori che si ritengono sicuri tra i quattro capi della Terra. In anteprima, l'altra sera, a Roma ce ne hanno fatto vedere il primo e l'ultimo, per una durata complessiva di due ore e mezzo. Si reggeva benissimo allo spettacolo, forse anche perché la scelta, appunto, dei due estremi aveva un suo effetto suggestivo. Appena veduto il Bambinello piangente, ecco difatti ci troviamo davanti a Gesù nel momento supremo della passione. E' quasi in sogno che egli invoca il Padre, « Allontana da me questo calice », mentre con taglio sapiente interviene Ian McShane, un Giuda orrido che fa molto bene la parte del vilain in un film che sia degno di rispetto. Sta appunto fra il cialtrone esoso e il confidente della polizia, consuma il suo nefando tradimento, intasca la mercede, si impicca, e lo vediamo penzolante dall'albero, ai cui piedi si è aperta la borsa sparpagliando attorno i maledetti trenta denari. Tutto perfetto, come dal copione, e reso interessante come in un film dove opportunamente il malvagio finisce col punirsi con le sue stesse mani. Ma qui si anno¬ dano e si aggrovigliano le difficoltà maggiori di tutto il racconto. C'è il processo a Gesù, ed è su questo punto che il film, a tratti, barcolla un poco. Anthony Quinn è, nei panni di Caifa, non del tutto probabile, mentre è ben fatta la scena della flagellazione, perché da uomo di buon gusto Zefflrelli evita con scrupolo la truculenza. La scena della crocifissione — sia detto subito — e di un effetto prodigioso; non si riesce a pensare come sarebbe stato possibile realizzarla in maniera più efficace. Resterà una pagina classica nella storia del cinematografo. Eccellenti le scene del popolaccio che sceglie tra Barabba e Gesù, sillabando Barab-ba, come si fa adesso, dopo che i soliti mestatori sono passati rapidi tra la folla ad impartire la parola d'ordine. Meno buone, anzi alcune del tutto insufficienti, altre scene. Rod Steiger. come Ponzio Pilato, ha una faccia curiosa che ricorda alcuni celebri ritratti dell'iconografia napoleonica. C'è un ritratto dell'imperatore, non ricordo esattamente di chi, che pare tutto Ponzio Pilato. Ma poi questo Pilato mi sembra al di sotto del livello che avrei desiderato raggiungesse. Naturalmente, non è semplice fare il processo a Cristo: ma, per esempio, Bulgakov nel Maestro e Margherita ci ha lasciato un dialogo fra Pilato e Gesù che è di altissima grandezza poetica e di assai persuasivo contenuto psicologico e ideologico. Niente di tutto questo nel film. Un altro modello poteva essere Garda Lorca: avrei visto benissimo un Pilato-teniente coronel di fronte ad un Gesù-gitanillo, come nella famosa Escena del teniente coronel de la guardia civil dove il militare esce di senno al sentire le incomprensibili parole poetiche del giovane che gli dice di saper volare anche senza le ali. Lo "spettacolo" Il Gesù di Zefflrelli, Robert Powell, ha invece l'aria di non saper volare in alcun modo, ed a momenti ha una figura che per volere essere solenne è invece solo troppo attonita, come non è giusto per un Messia. Di più c'è ancora qualche scena sgradevole sulla fine: quando Maria porta la grande notizia che il Signore è risorto, ed i discepoli non le credono, ne segue quasi una rissa, molto di famiglia e molto umana, intendiamoci, ma non forse del tutto conveniente per la rappresentazione di un momento di miracolo come era quello. Non si creda, però, che in alcun modo si tratti di un film blasfemo od anche solo scarsamente rispettoso per la religione cristiana. E' un film che ha latto tutte le possibili concessioni alle ragioni dello spettacolo, ma senza mai varcare il sottilissimo limite che avrebbe potuto farlo cadere a puro film di speculazione. Zefflrelli è stato su questo punto scrupolosissimo, e per non incorrere involontariamente in qualche errore dottrinario, si è anche procurato tutte le possibili consulenze: di teologi cattolici, di sapienti ebrei, e per buona misura anche di esperti musulmani per quel tanto che di Gesù si parla nel Corano. In grazia a questo triplice imprimatur concesso al film, gli spettatori di tutto il mondo possono dunque vederlo senza pericolo per la loro coscienza. Vittorio Gorrcsìo