Alcuni ministri "pagano,, la sconfitta? di Alberto Cavallari

Alcuni ministri "pagano,, la sconfitta? Alcuni ministri "pagano,, la sconfitta? Giscard consulta Barre Forse oggi un rimpasto (Dal nostro corrispondente) Parigi, 22 marzo. Alla vigilia del Consiglio dei ministri di domani si conferma l'ipotesi che il governo prenda atto della grave sconfitta elettorale procedendo a un rimpasto. Le Figaro dedica a questa eventualità il titolo di prima pagina, Le Monde raccoglie le voci su dimissioni che sarebbero già avvenute, con particolare riferimento al ministro delle Finanze Durafour duramente battuto alle amministrative. Il primo ministro Barre ha stamattina smentito queste dimissioni. Ai primi di marzo Giscard aveva fatto sapere (contrariamente ai propositi espressi da Barre sulla necessità di cambiare i ministri sconfitti) di non ritenere che si dovesse condizionare la permanenza di un ministro al governo dai suoi successi elettorali. Ma non per questo l'ipotesi pare impossibile. All'Eliseo, che rimane silenzioso dopo la disfatta di domenica, si è registrato un febbrile andirivieni di personaggi. Barre si è incontrato a lungo ieri con Giscard. Il primo ministro ha nuovamente visto il Presidente con Durafour stamattina. Sempre Barre ha ricevuto Monod, segretario generale gollista. Gi¬ scard ha poi avuto un lungo colloquio con Edgard Faure, presidente dell'Assemblea Nazionale che ha perso il suo municipio, «per una conversazione generale sulla situazione politica» — secondo le parole stesse di Faure — e sulla «chiarificazione in corso». La sensazione è che il Presidente della Repubblica abbia lungamente preparato il difficile Consiglio dei ministri di domani, e che intenda prendere delle decisioni. Si attende anche una sua prima dichiarazione sulla doppia disfatta subita. La «chiarificazione» di cui ha parlato Faure verte su quattro problemi: ricostruire un governo disastrato, dargli un programma che abbia il consenso sia dei giscardiani che dei gollisti, trovare una strategia per le legislative che permetta di ritrovare l'unità perduta della maggioranza, analizzare se sia possibile un ritorno alla proporzionale, visto che il metodo maggioritario ha giocato in favore della sinistra. I social-liberali di Stirn si sono già pronunciati per la riforma elettorale. Pare che Faure abbia discusso con Giscard lo stesso tema. Ma naturalmente tutti questi problemi cominciano con l'anello più importante della ca- tena: il modo di governare di Barre, il suo piano, la sua strategia. Fatti i bilanci elettorali, calcolate le perdite, analizzate le cause della sconfitta, la maggioranza si pone infatti il problema di come digerire il tracollo, come impostare il contrattacco, e come giudicare il piano Barre, ritenuto fino a ieri il perno della strategia presidenziale. Numerose analisi (cominciando dal giornale padronale Les Echos) hanno cominciato a chiedersi se la politica economico-sociale del primo ministro non sia da rivedere visto che sfocia nella sconfitta politica invece che nel contenimento. Anche Le Figaro dedica una pagina intera al problema, scrivendo che «basta un niente per passare dalla constatazione che la politica d'austerità non giova alla battaglia politica all'apertura di un processo sui provvedimenti economici di Barre». I sindacati sono del resto già scesi in campo, contro il governo indebolito, chiedendo oggi la riapertura dei negoziati. Anche prevedendo che Barre non rinunci all'essenziale del piano, pare che sia inevitabile ima «ridiscussione». Anzitutto, per non irrigidire di più i rapporti del governo col sindacati. In secondo luogo, perché Barre non venga sconfessato dal padronato che intende difendere un governo che sappia vincere le legislative. Infine, perché Barre sappia trovare un consenso gollista che — come le elezioni hanno dimostrato — ha completamente perduto. Naturalmente giscardiani e gollisti attendono le decisioni di Barre per avviare quei contatti che possano ricostruire la maggioranza dilaniata dalle elezioni. Per ora sembrano solo accomunati da una diagnosi basata sui dati resi pubblici dal ministro dell'Interno Poniatowski. I comunisti hanno realizzato un balzo in avanti imprevisto, quasi uguale a quello socialista, entrando in 147 amministrazioni comunali medio-grandi, mentre prima erano presenti in 67. Davanti a questo i giscardiani cominciano a sposare le tesi di Chirac sullo «spettro del collettivismo». Ma salvo questa concordanza, ì rapporti all'interno della maggioranza restano tesi. Alberto Cavallari

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