Balconi tace su Vallanzasca per "non sfidare il destino" di Francesco Fornari
Balconi tace su Vallanzasca per "non sfidare il destino" L'architetto ha rievocato la sua prigionia Balconi tace su Vallanzasca per "non sfidare il destino" (Dal nostro inviato speciale) Milano, 22 marzo. Stamane quarta udienza del processo contro Renato Vallanzasca per i sequestri della bella miliardaria Emanuela Trapani (per il quale è reo confesso) e dell'architetto Rino Balconi (ma in questo caso Renato respinge tutte le accuse). Ci si attendeva uno scontro abbastanza vivace fra la vittima ed il presunto rapitore. Invece non è successo niente, lo scontro non c'è stato, l'architetto Balconi non ha detto assolutamente nulla che potesse in qualche modo infastidire l'ex «pericolo pubblico numero 1». Il presiden- te Baldi ha letto le dichiarazioni rilasciate dal professionista poco dopo la sua liberazione. Balconi si è limitato ad assentire col capo. Il giovane architetto, che è arrivato in tribunale accompagnato dalla graziosa moglie, non ha ancora superato il trauma conseguente la sua brutta avventura. Il ricordo dei lunghi e terribili giorni della prigionia (costretto a stare sdraiato su un materasso, legato, gli occhi coperti da cerotti, con tappi di cera infilati nelle orecchie) continua a perseguitarlo e non ha certo l'animo adatto per affrontare nuovi rischi. L'ultima minaccia dei ban¬ diti, sussurratagli quando l'hanno liberato (.«ricordati che la banda Vallanzasca colpirà ancora»), risuona come un tragico avvertimento nelle sue orecchie e Balconi, come ha più volte ripetuto, non vuole «sfidare il destino» con dichiarazioni avventate. La sua deposizione, d'altra parte, è stata completa. Frugando nella memoria alla ricerca del più piccolo brandello dei ricordi, l'architetto ha descritto esaurientemente i particolari del rapimento, le figure dei banditi che l'avevano aggredito, la lunga, estenuante prigionia in una cella che non poteva vedere (poiché aveva sempre gli occhi bendati) ma di cui aveva cercato di costruire una «identità» tastando con le mani incatenate le pareti ed il pavimento. Lo ha rapito Vallanzasca? Pretendere la risposta da quest'uomo sarebbe assurdo: Balconi non può saperlo, i suoi carcerieri gli hanno detto che il loro capo era il bandito della Comasina, ma lui non l'ha mai visto, per l'esattezza non ha mai visto nessuno dei suoi rapitori. Ha raccontato le cose che sapeva, ma non ha aggiunto niente di nuovo a quanto aveva detto in passato. E' entrato ed uscito senza guardare dalla parte di Vallanzasca, che invece lo osservava con interesse, sottolineando con smorfie curiose alcuni passi della sua deposizione in cui si descrivevano le inumane condizioni nelle quali era stato tenuto l'ostaggio. Anche il numero dei banditi che hanno preso parte al rapimento (nove o dieci, secondo Balconi) ha sollevato il divertito stupore di Vallanzasca che ha commentato, rivolto al suo difensore: «Ma allora era una squadra di calcio». Meno chiari ed incisivi dell'arcliitetto Balconi gli altri testimoni del sequestro: cinque dipendenti del suo ufficio che si sono contraddetti l'un l'altro nel descrivere i banditi, le loro armi, gli abiti che indossavano, il loro numero. Appena più interessante la deposizione del capitano Sibona dei carabinieri il quale ha detto che, subito dopo il rapimento, «fonte confidenziale ci disse che a fare il sequestro furono Vallanzasca e membri del suo clan, tra cui un certo Roberto». Il capitano ha precisato che queste confidenze «trovarono una conferma quando nell'alloggio di via Alessi (uno dei covi della banda, ndr) avvenne il ritrovamento di documenti del Balconi». Ma a questo proposito Vallanzasca ha già pronta una spiegazione: se li era fatti dare, ha detto ieri, per poter avviare le trattative del riscatto con i familiari così come gli era stato richiesto dai rapitori. Domani Renato dovrebbe trovarsi faccia a faccia con un'altra vittima, Emanuela Trapani, da lui rapita la mattina del 13 dicembre e rilasciata dopo 40 giorni per un riscatto che, secondo alcuni, si aggirerebbe sui 4 miliardi. Francesco Fornari Renato Vallanzasca
Luoghi citati: Milano
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