Gli autori di Marziano Bernardi

Gli autori LE MOSTRE di Marziano Bernardi 900 piemontese Centotrentadue opere di 47 pittori Visitando la bella esposizione che i Fogliato hanno allestito nella loro galleria di via Mazzini 9 intitolandola -900 piemontese», 132 opere di 47 pittori, l'impressione più viva è di procedere su un terreno sicuro, di aggirarsi tra gente nota, la medesima che ogni giorno si scorge di primo mattino appena girato l'angolo, di trovarsi tra cose familiari, d'uso conosciuto, quelle tra le quali da bambini ad adulti slamo cresciuti. L'altro giorno Luigi Firpo, disceso dalla severa cattedra universitaria nel polverume dello sgangherato cantiere degli «operatori estetici» contemporanei per presentare una mostra nella galleria -Dona- (via Andrea Doria 21), ha scritto: 'Renata Glusana dipinge ancora — Dio la benedlcal — le cose... le cose contengono ed esprimono tutti i sogni...'. Le co- se: che qui dai Fogliato possono essere i nudi giorgioneschi (un Giorglone in vacanza ad Anticoli) di Felice Carena, un'egloga primaverile a Pecetto di Camillo Rho, un vigneto di Manzone, un sofisticato notturno di Bosia (un pittore da riprendere In esame anche per l'influenza ch'ebbe su molti giovani artisti), una natura morta di Buratti o di Peluzzi, uno sfumato ritratto di Serralunga, un controluce di Grande, una ferma figura di Revigllone o di Ferro. Comunque cose certe, concrete, controllabili sulla realtà comune che tutti conoscono: non idee e discussioni sulle «cose». La poetica che aveva nutrito l'arte di Renoir. Gli autori Bisogna tener conto che molti di questi autori — per esemplo l'Aiciati, Bezzo, Boccalatte, Boetto, Bosla, Buratti, Carena, Gigi Chessa, Da Milano, Deabate, Depetris, Durante, Ferro, Galante, Grande, Maggi, Manzo, Manzone, Menzio, Metello Merlo, Morando, Peluzzi, Petrella, Plzlo, Quaglino, Reviglione, Rho, Rovero, Sobrero, Sobrile, Terzolo, Valinottl, Vellan — nacquero negli ultimi due decenni dell'Ottocento, e che perciò la loro maturità artistica si compi entro II primo trentennio del nostro secolo, sul margine delle avanguardie storiche, da cui però rimasero estranei, qualcuno da esse appena sfiorato. La loro radice, anche per via dei loro maestri, affondava in un mondo estetico che vorremmo dire ancora «sicuro», non turbato dai grandi, e talora catastrofici, accadimenti del nostro tempo. Non vorremmo far ridere nessuno dicendo che quello in cui costoro erano nati restava II mondo che s'era riconosciuto nel «Ballo Excelsior» (assai più serio di quanto non si creda): il mondo della sicurezza, della fiducia. C'erano, naturalmente, anche allora le eccezioni. E se qualcuno del pittori riproposti dai Fogliato si trovò di fronte, suo coetaneo o quasi, a Torino dopo II '18, a Felice Casorati, probabilmente lo ammirò ma ne prese rispettosamente le distanze, quando non gli si oppose, come Valinottl, deciso avversarlo. Di qui un rapporto (il loro, di questi pittori) tra l'artista e la realtà naturale, ch'è pateticamente rimasta un'ultima testimonianza di fede, che personalmente condividiamo: quasi una dichiarazione (e non Importa se Illusoria) di ferma moralità artistica: inutile argine all'immensa frattura dalla quale è ora simbolicamente emerso il ■ mostro» parigino, il nuovo centro nazionale d'arte e di cultura Pompidou. Il bosco Per Renato Angelo Vercelli, figlio di un pittore insigne, fratello di una pittrice notissima dalle cadenze preraffaellite-simbolistiche, la «cosa» di cui sopra dicevamo è il bosco, la misteriosa maestà della foresta. Poiché la sua educazione pittorica, anche per lunghe dimore a Parigi, è d'origine francese, il Vercelli se fosse vissuto nell'Ottocento sarebbe stato dei pittori di Barbizon. Da anni invece (ed anche quando era gallerista a Torino) ricerca di preferenza i suoi motivi nella bellissima regione del Giura, e In questa folta mostra che ora presenta al «Circolo degli artisti» (via Boginc 9) la via vegetale nei suoi aspetti più solenni ha la prevalenza, pur lasciando posto a qualche spiritoso quadro di figura. Questa predilezione per un tema tradizionalmente naturalistico potrebbe far credere che il Vercelli sia il tipico pittore del plen air, un epigono dell'Impressionismo. Al contrario, la sua pittura, oltre che lungamente meditata nello studio è tutta «costruita» a piccoli tocchi di pennello o di spatola che frammentano la superficie del colore tessendo su di essa un ricamo luminoso che In un certo senso la smaterializza, con un Intento di Idealizzazione del vero. Notammo altra volta che con questo metodo il Vercelli filtra la visione in un atto contemplativo che corrisponde a uno stato di intimità, a un desiderio di silenzio e solitudine. Ci sembra che l'osservazione valga anche oggi, per questa mostra assai notevole. Una forte spiritualità, carica di senso religioso, permea tutta l'opera, tutta l'azione pittorica di Margherita Pavesi Mazzoni (sua prima mostra torinese di dipinti e disegni alla «Dantesca», libreria Fògola, piazza Carlo Felice 19), guida II segno, la forma, il colore di immagini cercate, trovate nelle interiorità più intime del pensiero e del sentimento, eppur sempre umanissime, sempre soffuse d'una malinconia che non è stato d'animo succubo di situazioni esterne, ma atto morale giudicante la verità del mondo. Su questa donna, la cui continua introspezione di se stessa non si può scindere dal carattere della sua complicata e raffinata pittura (squisito il colore come la linea del disegno), si potrebbe fare un discorso alla Maritain, echeggiato da Renzo Guasco nella sua presentazione. Egli cita un pensiero di Teilhard de Chardin: «La derive generale de la mattare vers l'esprit: Lo si può riferire alle intenzioni di questa artista. mar. ber.

Luoghi citati: Anticoli, Parigi, Rho, Serralunga, Torino